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Processo pfas: condanne e risarcimenti. Nardin: “Una sentenza storica che ci supporta nell’iter di bonifica”

pubblicato il 26/06/2025, ultima modifica 26/06/2025

Vicenza, 26 giugno 2025 - Il processo per il maxi inquinamento da pfas chiude il primo grado di giudizio con una sentenza storica: 11 condanne e 4 assoluzioni per i vertici aziendali che si sono susseguiti alla guida della ex Miteni, con pene che vanno da 2 anni e 8 mesi a 17 anni e mezzo, per un totale di 141 anni di carcere.

La sentenza della Corte d’Assise di Vicenza è stata accolta con giusta soddisfazione dagli enti pubblici e dalle tante associazioni presenti in aula, prime fra tutte le “Mamme no pfas”.

Alla Provincia di Vicenza, presente in aula con il presidente della Provincia Andrea Nardin e l’avvocato dell’ente Paolo Balzani, è stato riconosciuto un risarcimento per danni patrimoniali e non di circa 151.000 euro, oltre alle spese di 11.500 euro. Soprattutto, però, è stata riconosciuta la responsabilità in solido dei vertici aziendali che si sono succeduti alla guida della ex Miteni,chiamati al ripristino dei luoghi. Tradotto: avanti veloci con la bonifica.

“Oggi è una grande giornata per il vicentino -le parole del presidente Nardin- per la comunità che trova giusta soddisfazione e per la Provincia di Vicenza. Abbiamo agito con tutte le nostre forze, facendo fronte comune con gli enti pubblici, i gestori dell’acqua, le tante associazioni che oggi a ragione gioiscono. La Provincia di Vicenza ha messo in campo tecnici e professionisti sia in ambito giuridico, individuando i responsabili della contaminazione, sia sul sito inquinato, per impedire il protrarsi dell’inquinamento e mettere in sicurezza il luogo. Abbiamo faticato per richiamare i responsabili ai loro doveri, oggi questa sentenza ci dà la forza di procedere con decisione per la bonifica del sito.”

E’ recente la conclusione dei lavori di realizzazione del palancolato, ossia la barriera che impedisce la dispersione delle sostanze inquinanti separando il sito inquinato dal torrente Poscola. Nel concreto, si tratta di un muro interrato lungo 600 metri, con 540 lastre di metallo conficcate fino a 20 metri di profondità. Un intervento che si aggiunge alla barriera di pozzi a sud

“Il progetto di messa in sicurezza è uno step importante -commenta Nardin- ma è solo il primo di una serie che ora prevede l'analisi dei rischi, in fase di attuazione, la conferenza dei servizi che approva l'analisi dei rischi e il vero e proprio progetto di bonifica.”

“Il nostro territorio ha subito uno dei più grandi inquinamento d’Europa -conclude Nardin- che ha colpito il bene più prezioso che abbiamo, l’acqua, e con l’acqua la nostra salute. Nessuna sentenza ci ripagherà da questo danno, ma oggi i responsabili hanno un nome, un volto e un conto salato da pagare.

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