Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere

LINEE GUIDA
     PER L’USO
DI UN LINGUAGGIO
    RISPETTOSO
DELLE DIFFERENZE
     DI GENERE




     2020
       “Le lingue sono sempre il termometro de’ costumi,
           delle opinioni ec. delle nazioni e de’ tempi”
                       (Giacomo Leopardi)


“I limiti del mio linguaggio costituiscono i limiti del mio mondo”
                   (Ludwig Josef Wittgenstein)


     “Una delle fonti principali della nostra incomprensione
è il fatto che non vediamo chiaramente l’uso delle nostre parole”
                   (Ludwig Josef Wittgenstein)
                INDICE




PRESENTAZIONE
del Direttore dell’Agenzia delle Entrate
e della Presidente del Comitato Unico di Garanzia        7

PRESENTAZIONE
Il linguaggio di genere protagonista del cambiamento
di Francesca Bagni Cipriani, Consigliera Nazionale di Parità  9

PREFAZIONE
Intervenire sulla lingua con garbo e cautela
di Claudio Marazzini, Presidente dell’Accademia della Crusca  11


INTRODUZIONE                          15

STRATEGIE DI GESTIONE                     21

ESEMPI DI RISCRITTURA DI TESTI DELL’AGENZIA          35

BREVE VOCABOLARIO DI GENERE                  45


BIBLIOGRAFIA                          49




                                  5
                   PRESENTAZIONE




  Il linguaggio può influenzare il nostro modo di vivere e di percepire la realtà in cui siamo im-
mersi. Anzi, come ci rammenta Hanif Kureishi, “le parole sono azioni e fanno accadere le cose”.
  Attraverso il linguaggio, infatti, non ci limitiamo a descrivere l’esistente, ma contribuiamo
alla costruzione e al rafforzamento di precisi modelli culturali o al loro radicale cambiamento.
  La lingua racchiude e propone una data visione del mondo. Ci concede la possibilità di
raccontarlo. Ogni passo verso il cambiamento, infatti, si fonda sulla capacità di raccontare
la realtà che desideriamo attraverso quelle esatte parole che riescono a farci immaginare,
quasi a toccare, un perso modello di società e di vita. Quelle che riescono a indicarci la stra-
da da percorrere verso il futuro.
  È in questa prospettiva che ogni parola del nostro linguaggio contribuisce a pentare il
“binario su cui viaggia il pensiero” *, condizionando il nostro modo di pensare.
  Nel linguaggio della vita pubblica, l’uso generalizzato del maschile e, quindi, l’abitudine
di utilizzare il genere maschile anche per parlare di donne, non consente di rappresentare
fedelmente la realtà in cui viviamo.
   Ci siamo abituati a pensare alle donne come componenti di un più vasto insieme di genere
maschile (i cittadini, i lavoratori) o neutro, come nel caso dei titoli professionali e dei ruoli
istituzionali (deputato, ministro, magistrato, medico, funzionario amministrativo, direttore).
  Un’abitudine mentale, un approccio che ha contribuito a rendere meno visibili – quando
non addirittura “invisibili”– le donne che lavorano, anche nella PA. Si tratta infatti di “abitu-
dini legate al periodo in cui la donna godeva di diritti sociali, civili e politici persi da quelli
dell’uomo e veniva, di fatto, ‘marginalizzata’ anche attraverso l’uso della lingua” **.
  La lingua italiana in realtà non conosce il genere neutro e l’oscuramento del femminile
nel maschile non è ineludibile, ma piuttosto una prassi che può essere superata, perché an-
corata a vecchi stereotipi di genere e a una lunga storia di subordinazione femminile, in cui



   * Francesco Sabatini, in Il sessismo nella Lingua italiana, a cura di Alma Sabatini, Presidenza del Con-
siglio dei Ministri, 1987.
   ** Cecilia Robustelli, Pari trattamento linguistico di uomo e donna, coerenza terminologica e linguag-
gio giuridico, in La buona scrittura delle leggi, Camera dei Deputati, Roma, 2012.



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        Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




le donne sono rimaste escluse da professioni, cariche e incarichi, interdetti loro persino per
legge. Sono passati molti anni dalla sentenza n. 33 del 1960 della Corte costituzionale, grazie
alla quale venne infranto il soffitto di cristallo che impepa la piena realizzazione delle donne
nel mondo del lavoro. I passi da fare, però, rimangono ancora molti e l’uso della lingua che
oscura la presenza delle donne costituisce una forma di discriminazione, sebbene non facil-
mente riconoscibile come tale.
   Allo scopo di utilizzare un linguaggio rispettoso delle differenze di genere, l’Agenzia delle
Entrate e il Comitato Unico di Garanzia hanno promosso un dibattito e favorito una mag-
giore consapevolezza sull’uso del linguaggio utilizzato all’interno della nostra organizzazione,
al fine di contribuire all’acquisizione di nuove consuetudini linguistiche che tengano in mag-
gior conto la presenza femminile, con ciò allineandosi ad analoghe iniziative avviate in altre
amministrazioni pubbliche.
  Anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha negli anni più volte richiamato le am-
ministrazioni alla necessità di utilizzare in tutti i documenti di lavoro (relazioni, circolari, de-
creti, regolamenti, ecc.) un linguaggio non discriminatorio (come, ad esempio, usare il più
possibile sostantivi o nomi collettivi che includano persone dei due generi) e ad avviare per-
corsi formativi sulla cultura di genere come presupposto per attuare una politica di promo-
zione delle pari opportunità.
  Queste Linee Guida, che costituiscono attuazione di una delle iniziative del Piano triennale
di azioni positive adottato dall’Agenzia, nascono dalla consultazione di studi e manuali sul
tema, richiamati nella bibliografia, con attenzione anche ai dettami dell’Accademia della
Crusca, che continua a essere il maggior punto di riferimento della linguistica e filologia ita-
liana, la quale invita a rappresentare negli atti e documenti, amministrativi e non solo, donne
e uomini con nomi declinati coerentemente al femminile e al maschile.
  La scelta delle possibili strategie da seguire tra quelle qui suggerite va accuratamente va-
gliata di volta in volta. In ogni caso, l’importante è acquisire la consapevolezza del fatto che il
linguaggio ha un ruolo fondamentale nella percezione e nella costruzione della realtà, e quella
a cui dobbiamo aspirare è una società inclusiva, che sappia valorizzare le differenze esistenti.
  L’auspicio è che questo progetto possa contribuire a realizzare una realtà lavorativa più
equa e partecipata.


        La Presidente                       Il Direttore
    del Comitato Unico di Garanzia               dell’Agenzia delle Entrate
       Gabriella Alemanno                   Ernesto Maria Ruffini




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                 PRESENTAZIONE

 Il linguaggio di genere protagonista del cambiamento
        di Francesca Bagni Cipriani, Consigliera Nazionale di Parità




   Ecco dunque, ancora una volta il linguaggio di genere è protagonista di una interessante
e utile riflessione sul tema, iniziativa che però in questo caso ha anche l'ambizione di produrre
uno straordinario e validissimo strumento di lavoro sull'argomento; una sorta di manuale
su come sia utile comportarsi di fronte alla giungla delle desinenze, correzioni, aggiustamenti,
polemiche più o meno strumentali tra differenti posizioni.
  Il cammino affrontato tanto tempo fa da Alma Sabatini è stato lungo e tormentato; sta-
va cambiando la società, le sue regole, le sue rappresentazioni, nella bufera della battaglia
politica.
   Il problema del linguaggio, paradossalmente, non passava in seconda fila, e pentava a
sua volta strumento, non solamente della semplice presa d'atto di una nuova realtà, ma anche
di conoscenza e approfondimento degli eventi che stavano succedendo nel nostro paese.
  Dal famoso libretto di Alma Sabatini (che io conservo gelosamente in una delle prime
edizioni) il cammino è stato lungo e, in genere, impervio. Non è stato un caso che questo
percorso si sia intrecciato con quello della crescita femminile nella conquista di nuovi ruoli,
quelli in genere sempre ricoperti da soggetti maschili e, sempre in genere, in alcuni casi in-
terdetti, dalla normativa vigente, alle donne. Basta pensare all'accesso delle donne alla ma-
gistratura o alla possibilità di pentare pilota di aerei di linea (dimenticando così quelle
straordinarie ed eroiche esperienze di pilote nella seconda guerra mondiale).
  Sono fermamente convinta infatti che l'impulso al cambiamento del linguaggio derivi
soprattutto dall'esigenza di dare cittadinanza, attraverso di esso, alle istanze di cambiamento
sostenute dalle donne.
   È utile ricordare che la nostra pubblica amministrazione ha assunto la decisione di uti-
lizzare obbligatoriamente il linguaggio di genere nelle proprie comunicazioni e nei propri do-
cumenti ufficiali, ma ogni giorno constatiamo che persiste radicalmente un atteggiamento
negativo e censorio, e in alcuni casi denigratorio, nei riguardi di questo provvedimento. Non
ho esitazione a dire che ci troviamo di fronte a un atteggiamento discriminatorio.


                                                9
        Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




   La funzione che svolgo mi porta naturalmente a leggere, e quindi a rilevare, le difficoltà
dell'evoluzione del linguaggio di genere e tutti gli ostacoli che si sono incontrati e che si in-
contrano ancora oggi, identificando questo percorso come uno di quelli più significativi e
non ancora del tutto risolto dei comportamenti discriminatori ai quali sono sottoposte le
donne soprattutto nei posti di lavoro. Noi promuoviamo quei principi di uguaglianza, di op-
portunità e di non discriminazione, che sono stati decisi dal nostro paese con l'obiettivo di
un'armonica crescita, ma abbiamo anche un potere sanzionatorio nei confronti degli ina-
dempienti.
   È quindi molto importante la decisione della PA di dare indicazioni in merito e quindi di
essere un po' capofila ed esempio affinché, anche negli altri ambiti del mondo del lavoro, si
scelga di perseguire quei principi e quei valori, e, più complessivamente, di avere a cuore
l'inpiduo nella sua complessità, mettendolo al centro nelle decisioni che si prendono nel-
l'organizzazione del lavoro.
  Credo infine che anche l'ultima Convenzione dell'OIL* ci aiuti a riflettere oggi – e domani
a operare – secondo le indicazioni che lì sono espresse. Infatti la Convenzione invita ad al-
largare gli orizzonti: non più posto di lavoro, ma mondo del lavoro, ponendo al centro l'indi-
viduo e la realizzazione di una società più equa e solidale, con la fine delle diseguaglianze e
delle violenze, anche quelle che passano attraverso il linguaggio. Straordinaria riflessione,
che allarga gli orizzonti del benessere organizzativo e disegna una società civile.
   Io credo che i due obiettivi, il linguaggio di genere e una società equa con al centro il be-
nessere dell'inpiduo, non siano distinti, ma fortemente intrecciati e che lo sviluppo dell'uno
serva al raggiungimento dell'altro. I due percorsi, quindi, lo state dimostrando oggi con que-
sta interessante iniziativa di riflessione, sono persi, ma mirano a un obiettivo comune.
  Come voi sapete le Consigliere di parità svolgono una funzione di promozione e di vigi-
lanza dell'attuazione dei principi di uguaglianza, di opportunità e di non discriminazione tra
donne e uomini nel lavoro, con impegno a promuovere e diffondere le politiche di pari op-
portunità nella società.
  Inoltre, nell'esercizio delle funzioni, siamo pubblici ufficiali, con l'obbligo della segnala-
zione all'autorità giudiziaria delle condotte illecite di cui veniamo a conoscenza.
   Se noi, come Consigliere, possiamo e dobbiamo perseguire come comportamento cen-
surabile secondo il Codice delle Pari Opportunità anche frasi allusive, denigratorie dei ruoli
e atteggiamenti lesivi della dignità della persona, facendo riferimento alla norma vigente, è
anche perché il linguaggio di genere ci permette di affermare che non esistono ruoli maschili
di direzione e governo e ruoli femminili di contorno.


  * Convenzione n. 190 (C190) sull’eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro,
adottata dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro dell’ONU il 21 giugno 2019.



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                   PREFAZIONE

      Intervenire sulla lingua con garbo e cautela
       di Claudio Marazzini, Presidente dell’Accademia della Crusca




   Le Linee Guida allestite dall’Agenzia delle Entrate assieme al Comitato Unico di Garanzia
sono un testo di orientamento equilibrato, conpisibile, utile alla pubblica amministrazione
e, inoltre, (cosa che certo non guasta) scritto con encomiabile chiarezza: la chiarezza è uno
degli obiettivi fondamentali della comunicazione sociale. La comunicazione pubblica richiede
un linguaggio adeguato, e anche l’impostazione grafica aiuta il lettore: il libretto da questo
punto di vista mi pare ben riuscito. L’Agenzia delle Entrate ha operato a regola d’arte. Del
resto avrà pur avuto un peso l’esperienza maturata dialogando con i cittadini, direttamente
e anche nel sito dell’Agenzia, un portale che permette di raggiungere le dichiarazioni dei red-
diti precompilate, di verificare le istruzioni per il 730 o per Redditi, di aprire il prezioso Cas-
setto fiscale. Tutto ciò ha insegnato molto a questo ramo dell’amministrazione, che ha saputo
migliorare il rapporto con il pubblico anche più e meglio di altri settori. Del resto la materia
lo richiedeva, perché la contribuzione fiscale è tema delicato, non sempre gratificante. Oc-
corre dunque garbo e tatto comunicativo per ottenere la fiducia del pubblico.
  Ecco dunque l’Agenzia delle Entrate ora alle prese con il linguaggio di genere. Non è un
tema peregrino. Se ne occupano tutte le amministrazioni del mondo. In quasi tutti gli Stati
sono stati elaborati manuali-guida per superare ogni discriminazione di genere nel linguag-
gio. Il tema, all’origine, fu importato in Italia dall’estero, dal mondo anglosassone. Fu intro-
dotto da noi attraverso gli ormai celebri e storici manualetti di Alma Sabatini, pubblicati al
tempo del governo di Bettino Craxi, negli anni ’80. Cronologicamente, una certa distanza ci
separa da quei manualetti, anche se basta rileggerli per vedere che non molta materia e
non molta riflessione concettuale si è aggiunta da allora. Qualche novità c’è, e ne parleremo
tra poco, ma in sostanza la prima proposta è rimasta attuale; molti dei consigli di Alma Sa-
batini si trovano identici in tutti gli altri manuali, e ora anche in questo dell’Agenzia delle
Entrate. Non dico che i suggerimenti di Alma Sabatini siano da considerare come una Bibbia,
eterni e indiscutibili. Come accade per tutte le cose del mondo, anche Alma Sabatini prese
qualche cantonata: la più nota è la tesi rigidamente espressa secondo la quale la suffissa-
zione in -essa sarebbe di per sé discriminante, avrebbe una sua intrinseca “connotazione ri-
duttiva”, per cui studentessa dovrebbe lasciare il posto a un sostituto come la studente. Alma


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        Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




Sabatini in questo caso confondeva il significato storicamente condizionato in senso sessista
di termini come vigilessa, avvocatessa e sindachessa con il significato di un innocuo suffisso,
tanto è vero che studentessa, professoressa e poetessa sono rimasi intatti al loro posto (an-
che se c’è chi giura che si deve dire per parità “la poeta”). Coloro che ancora si turbano di
fronte al suffisso, accusato di essere lesivo della dignità, avranno molto da fare prima di vin-
cere la partita. Del resto molte confusioni si sono fatte tra strutture formali della lingua e si-
gnificato. Basta rileggere l’intervento di Georges Dumézil et Claude Lévi-Strauss (non a caso,
due colossi della cultura del Novecento europeo), adottato all’unanimità dall’Académie fran-
çaise il 14 giugno 1984, per ricavarne illuminanti considerazioni sul rapporto tra strutture
della lingua e sesso, un rapporto che esiste, ma è ben più complesso di quello che credono
alcuni, e non certo univoco.
  Del resto non è semplice condurre la lingua verso obiettivi prestabiliti. A volte ci si riesce,
a volte no. La lingua spesso si reindirizza da sola, anche se gli atti di scelta politica possono
condizionarne lo sviluppo, a seconda della loro forza e della durata dell’intervento. Il successo
non è garantito. Si pensi ai regimi che hanno cercato di intervenire introducendo forme nuove
negli appellativi delle persone, come camerata al tempo del fascismo o compagno nel co-
munismo. Nel caso del fascismo, addirittura si intervenne per modificare gli allocutivi, cer-
cando di abolire il lei a vantaggio del tu e del voi. Quale sia stato il successo, tutti lo possono
giudicare. E vi sono anche interventi più antichi: si pensi all’uso di cittadino al tempo della ri-
voluzione, dal 1789 al 1804, quanto il termine penne di uso corrente in sostituzione dei
titoli nobiliari o di riguardo, per affermare l’eguaglianza di tutti i francesi di fronte alle leggi.
Qui l’esito è stato senz’altro più duraturo.
   L’intervento sul linguaggio di genere è ancora più complesso. La forza dell’azione si po-
tenzia per la spinta internazionale, in primis di marca anglosassone, a cui si è più sensibili
nei paesi di democrazia avanzata. Lo documenta assai bene il libro «Quasi una rivoluzione».
I femminili di professioni e cariche in Italia e all’estero, con un saggio di Giuseppe Zarra e in-
terventi di Claudio Marazzini, a cura di Yorick Gomez Gane, pubblicato nel 2017 dall’Acca-
demia della Crusca. La lingua è comunque un meccanismo delicato. Gli studiosi discutono
ancora sul suo peso in rapporto alle percezioni e ai pensieri, cioè se essa rappresenti o no
una sorta di filtro attraverso il quale noi vediamo la realtà. Un recente libro del noto studioso
Andrea Moro (La razza e la lingua. Sei lezioni sul razzismo, La nave di Teseo, 2019) sottopone
a radicale critica l’ipotesi di Sapir-Whorf, cioè demolisce le tesi che vedono nella lingua uno
strumento che determina la percezione della realtà. Ad esempio, si credeva un tempo che
gli eschimesi avessero più parole di tutti per descrivere la neve, perché la percepivano se-
condo raffinate differenze fissate appunto da apposite classificazioni della loro lingua, irri-
conoscibili agli altri popoli. La tesi di Andrea Moro, specialista dei rapporti tra lingua e
cervello, è ben persa: le sensazioni e la percezione della realtà sono identiche in tutti gli
uomini, assolutamente indipendenti dalle etichette linguistiche eventualmente perse. La
riflessione di Andrea Moro produce conseguenze che investono le lingue nazionali, italiano
compreso, perché portano direttamente al tema delle “bonifiche linguistiche” oggi di moda,


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        Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




tra le quali anche quella relativa al linguaggio di genere, ma non solo. Ad esempio c’è chi ha
proposto di eliminare la parola razza per eliminare il razzismo. Andrea Moro è assai scettico,
e distingue nettamente tra interventi di natura linguistica e interventi di natura squisitamente
politica.
  Possiamo dunque accettare il fatto che l’intervento sul linguaggio di genere sia un atto
politico; per questo, appunto, risulta adatto alla pubblica amministrazione. Non di rado viene
proposto come una forma di educazione collettiva. Il problema sta nel limite che si deve por-
re, e se si debba porre un limite. Ci è facile dichiarare la piena legittimità dei nomi di profes-
sione femminili, ed è altrettanto facile ribadire un concetto evidente: che i giudizi di bellezza
o bruttezza per le professioni al femminile (termini come ministra e sindaca, ma anche chi-
rurga o ingegnera) non hanno alcun senso, perché si basano solo sull’abitudine: pare bello
quello a cui siamo abituati, pare brutto quello che è nuovo e perso. L’adozione dei femminili
per le professioni non presenta alcuna difficoltà, ma già l’adozione obbligatoria e sistematica
di termini come cittadino e cittadina distinti per genere qualche problema lo pone, non fos-
s’altro perché una lunga tradizione di testi giuridici, a cominciare dalla Costituzione, ha uti-
lizzato il maschile non marcato. Una codifica rigida che dichiarasse inesistente e abolito il
maschile non marcato renderebbe necessario riscrivere tutti questi testi, per decine di mi-
gliaia di pagine, o ci farebbe correre il rischio di capire in maniera troppo restrittiva il dettato
della Costituzione negli articoli in cui per esempio si legge “La Repubblica riconosce e garan-
tisce i diritti inviolabili dell’uomo” (art. 2), o “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale” (art.
3). Sarà bene ricordare dunque che il maschile non marcato della Costituzione è sacro, e si
eviterà così che qualcuno, abituato fin dai primi anni di scuola a una lingua epurata dal ses-
sismo, possa capire male il dettato della legge fondante della nostra Repubblica.
  Occorrerà anche mettersi d’accordo su altri limiti, soprattutto in considerazione di inter-
venti per la “bonifica” della lingua estesi e radicali, che volessero investire non solo il lessico
delle professioni al femminile, ma anche il sistema dei pronomi, gli accordi grammaticali, la
grafia. Il problema si è posto all’estero prima che in Italia, nella ricerca di modi alternativi
per rivolgersi a una moltitudine mista che comprendesse persone non-binarie, che non si
identificano né con il maschile né con il femminile. C’è già chi esordisce nei messaggi epi-
stolari con “Car* tutt*”. L’Ufficio Relazioni Pubbliche del Miur nel 2018 ha pubblicato un li-
bretto con grafie come “le/gli student@”, e frasi come “la/il bull@ colpisce la vittima… la/il
bull@ prende in giro la vittima”. Poiché queste grafie sono imbarazzanti per la pronuncia,
ora qualcuno propone di introdurre lo schwa, un carattere dell’alfabeto fonetico che ha come
risultato una pronuncia indistinta: “Carə tuttə”; che sarebbe tanto come scrivere “Car tutt”,
perché automaticamente un italiano introduce un’indistinta per pronunciare quella sequenza
di grafemi.
  Le nuove frontiere di rivendicazione di un linguaggio ritenuto totalmente inclusivo sono
ovviamente ben lontane dalle indicazioni ormai consolidate e largamente conpise che si
troveranno in questo manuale dell’Agenzia delle Entrate, in cui si leggono suggerimenti sicuri


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        Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




e non soggetti alle polemiche più recenti sul superamento del linguaggio di genere marcato
in senso binario. Ma le novità radicali premono, sono alle porte, e dunque richiederanno pre-
sto una scelta di campo, tanto più da parte di coloro che hanno sollecitato fin qui i processi
di cambiamento interpretandoli come inevitabile portato della civiltà. L’ex-collaboratrice della
Crusca Vera Gheno, in una recente intervista, parlava della saggista femminista brasiliana
Marcia Tiburi. Costei in un suo libro avrebbe usato la “forma terza” todes (invece di todos e
todas), e gli editori italiani avrebbero deciso di tradurre questa forma appunto con lo schwa:
tuttə. Ancora Vera Gheno, che si sta documentando a fondo su questi argomenti, ricorda
che nei paesi anglofoni si discute sull’adozione del pronome they al singolare, alternativo a
he/she. In Svezia c’è chi usa il pronome hen, di nuovo con lo stesso intento. Per questo, come
dicevo, occorre porsi chiaramente il problema dei limiti dell’intervento artificiale sulla lingua,
e non solo il problema dell’adattamento della lingua alle nuove esigenze. Si tratta di vedere
se la lingua può essere modificata per adattarsi sempre e senza remore alle esigenze di mi-
noranze sempre più vivaci, irrequiete, insaziabili, sempre più insoddisfatte del loro passato,
analoghe in campo linguistico ai movimenti di revisione storica dediti all’autocolpevolizza-
zione in quanto appartenenti alla civiltà occidentale, e dunque intenti alla condanna del pro-
prio passato, con relativa ripulitura delle sue eventuali tracce. Ne sono un ottimo esempio,
negli Usa, i distruttori dei monumenti a Cristoforo Colombo. La lingua, tuttavia, piaccia o no,
porta con sé un bel po’ del proprio passato, e non è così facile cancellarlo, perché senza di
esso la lingua stessa penta incomprensibile. Quindi accettiamo ora con convinzione i sug-
gerimenti equilibrati di questo manuale, che si rifanno alla tradizione che va da Alma Sabatini
a Cecilia Robustelli, ma al tempo stesso proviamo a riflettere se si possa andare molto oltre,
in un terreno in cui, fra l’altro, le innovazioni forzate probabilmente non avrebbero successo,
perché, come sanno i linguisti veri, la lingua non si lascia guidare tanto facilmente.




14
                   INTRODUZIONE




  Attraverso il linguaggio impariamo a conoscere, categorizzare, interpretare e giudicare
ciò che ci circonda, a esprimere ciò che pensiamo e viviamo. Il linguaggio, sia parlato sia
scritto, non riflette però la realtà in sé, ma il modo in cui essa viene interpretata; esprime
dunque il modo di vedere il mondo e di rappresentarsi la realtà di chi lo utilizza.
   Al tempo stesso il linguaggio influenza la nostra percezione della realtà, perché noi ve-
diamo il mondo attraverso le categorie formalizzate nella lingua 1. Le parole hanno una carica
semantica che induce a formulare associazioni di idee, inferenze, giudizi; veicolano, sugge-
riscono, evocano messaggi impliciti 2. Non sorprende quindi che il linguaggio costituisca tal-
volta un forte mezzo di affermazione e reiterazione di determinati valori e codici culturali.
Alcuni studi dimostrano ad esempio uno stretto legame tra l’uso del linguaggio e la disparità
sociale e il modo in cui esso contribuisce alla dominazione di alcune persone su altre. Non
ci facciamo magari caso, ma attraverso il linguaggio, e la percezione del mondo che ne deriva,
contribuiamo indirettamente a consolidare la realtà così come è o, al contrario, a modificarla.
Ecco dunque che agire sulla lingua significa cambiare la nostra visione del mondo e, al tempo
stesso, il nostro modo di giudicare e di vivere.
  Da persi anni si sta dibattendo sull’uso del linguaggio come mezzo con cui possiamo
sia confermare gli stereotipi basati sul sesso sia metterli in discussione. Vari studi hanno af-
fermato che “la lingua che si usa quotidianamente è il mezzo più pervasivo e meno inpi-
duato di trasmissione di una visione del mondo nella quale trova largo spazio il principio
dell’inferiorità e della marginalità sociale della donna” 3.
  La questione di genere si è posta con urgenza nel momento in cui le donne hanno co-
minciato a ricoprire ruoli di prestigio in sempre maggior numero. Se da un lato le donne
stanno acquisendo maggiore partecipazione alla vita civile, raggiungendo posizioni e incarichi


  1
   In linguistica, il “linguaggio” (verbale, iconico-visivo, mimico, sonoro, ecc.) è la capacità d’uso di un
qualunque sistema di simboli adatti a comunicare; “lingua” è invece il mezzo di natura verbale con cui si
manifesta il linguaggio ovvero “un sistema di segni vocali comuni ai membri di una medesima comunità”
(https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/differenza-fra-i-termini-idioma-e-lingua/97). In queste li-
nee guida i termini sono spesso usati quali sinonimi.
  2
   Manuela Manera, Linguaggio e genere. Per un uso corretto della lingua italiana, Laboratorio Studi
di Genere 2018/2019 (Cirsde/Università di Torino), Torino, 7 marzo 2019.
  3
   Elena Marinucci, in Il sessismo nella Lingua italiana, a cura di Alma Sabatini, Presidenza del Consiglio
dei Ministri, 1987.



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           Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




un tempo inimmaginabili, dall’altro c’è ancora una certa resistenza a riconoscere tali posizioni
e chiamarle con il loro nome. Si finisce così per usare ancora cariche istituzionali e titoli pro-
fessionali riferiti a donne declinandoli al maschile, attribuendo a tale maschile una falsa neu-
tralità. Ma la grammatica italiana, che di norma richiede il genere grammaticale femminile
per tutto ciò che ha un referente umano femminile, non impone affatto l’uso del maschile
“non marcato” per incarichi o funzioni. Questa abitudine “nasconde” la presenza delle don-
ne, le priva di visibilità, poiché ciò che non si dice o non ha un nome, alla fin fine, non esiste 4.
Anche altre dissimmetrie grammaticali (come il maschile inclusivo, o la concordanza al ma-
schile, di cui si dirà) costituiscono ulteriori usi consolidati che contribuiscono a denotare in
senso sessista la nostra lingua, oscurando la presenza femminile.
  In particolare, l’abitudine di declinare i ruoli al maschile (il funzionario, il capo) è per lo
più ancor oggi accettata socialmente, perché si ritiene che il titolo indichi l’incarico e quindi
che “esuli dal genere”. In realtà, si tratta solo di una convenzione ancorata a vecchi stereotipi
e a una lunga storia di subordinazione femminile, che ha visto per molto tempo le donne
escluse da professioni, cariche e incarichi. A fronte di uomini ingegneri, fisici, chimici, ma
anche giudici, sindaci, prefetti e ministri, in passato alla donna sono state al più quasi sempre
riservate occupazioni legate alla cura e all’assistenza, attività queste ancora oggi appannaggio
femminile. Non sorprende dunque che le professioni di maestro e infermiere siano tranquil-
lamente declinate al femminile, perché relative a lavori dai quali le donne non sono rimaste
escluse, ma ciò non sembra altrettanto semplice con mestieri ritenuti di maggior prestigio,
dove assistiamo troppo spesso all’assorbimento del femminile nel maschile.
  Se oggi la realtà è cambiata e le donne sono riuscite a far valere le proprie capacità e ad
accedere a professioni prima riservate agli uomini, quelle socialmente più rilevanti, perman-
gono forti resistenze all’uso del genere femminile per molti titoli professionali o ruoli istitu-
zionali ricoperti da donne. Resistenze che sembrano poggiare su ragioni di tipo linguistico,
ma che in realtà sono velatamente di tipo culturale. Spesso sono proprio le donne a non ac-
cettare la declinazione al femminile del titolo professionale posseduto o dell’incarico rive-
stito, invocando modelli linguistici maschili nella convinzione che adottarli equivalga a
raggiungere uno status dotato di maggior considerazione sociale. Questo atteggiamento ri-
vela invero soltanto una concezione ormai obsoleta della parità, quella che richiedeva alla
donna di omologarsi all’esempio e ai dettami maschili. Ma “parità” non vuol dire “adegua-
mento alla norma uomo, bensì reale possibilità di pieno sviluppo e realizzazione per tutti gli
esseri umani nelle loro persità” 5.



   4
     Cecilia Robustelli, da noidonne.it del 5 febbraio 2008.
   5
     Alma Sabatini (a cura di), Il sessismo nella lingua italiana, Presidenza del Consiglio dei Ministri, 1987.



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         Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




  È quindi ora di usare termini come funzionaria, avvocata, ministra o chirurga, ricordando
che le parole risultano “brutte” e cacofoniche solo perché non siamo abituati a sentirle.
L’uso del genere femminile risponde infatti a un preciso bisogno di riconoscimento della
qualificata presenza femminile nella società, e la parità di diritti, ovvero l’uguaglianza delle
possibilità per ciascun inpiduo di entrambi i sessi di realizzarsi appieno in ogni campo,
passa anche attraverso tale riconoscimento. Dal momento che “la lingua può anche contri-
buire a modificare il nostro modo di vedere le cose, l’uso dei femminili può davvero servire
per rendere più normale la presenza delle donne in certi ruoli” 6.
  In Italia il primo studio organico sul sessismo linguistico si deve ad Alma Sabatini, che
curò le linee guida rivolte alle scuole e all’editoria scolastica, contenute nelle ormai famose
“Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana”, poi riportate anche ne “Il
sessismo nella lingua italiana” del 1987, pubblicato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri
e dalla Commissione nazionale per la parità e le pari opportunità tra uomo e donna al fine
dichiarato di “rimuovere tutti i residui pregiudizi nel confronti delle donne stimolando e fa-
vorendo un cambiamento nel modo di pensare, di agire e di esprimersi”.
  Tali Raccomandazioni ancora oggi costituiscono un ottimo strumento di riflessione sulla
lingua italiana, sul suo androcentrismo e sulla sua capacità di far emergere i ruoli che le don-
ne hanno e hanno avuto nella società, nella storia e nella cultura. Esse rappresentano il
punto di partenza per una riflessione partecipata sugli usi linguistici per la costruzione di
una cultura di genere conpisa.
  Le proposte ivi descritte hanno trovato in parte risonanza nel “Codice di stile delle co-
municazioni scritte a uso delle amministrazioni pubbliche”, pubblicato dal Dipartimento per
la Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri nel 1993 7, e successivamente
nel “Manuale di stile. Strumenti per semplificare il linguaggio delle amministrazioni pubbli-
che. Proposta e materiali di studio”, a cura di Alfredo Fioritto, del 1997.
  Per lungo tempo non c’è stata alcuna ulteriore indicazione specifica da parte delle istitu-
zioni. Bisogna attendere 10 anni per la Direttiva 23 maggio 2007 (contenente “Misure per at-
tuare parità e pari opportunità tra uomini e donne nelle amministrazioni pubbliche”), attuativa




  6
   Vera Gheno, Femminili singolari - Il femminismo è nelle parole, Effequ Editore, 2019.
  7
   Il Codice di stile, promosso dall’allora Ministro Sabino Cassese, dedicava il paragrafo 4 (pp. 49-50)
proprio all’uso non discriminatorio e non sessista della lingua italiana e autorevolmente denunciava: “Il
fatto che in italiano il genere grammaticale maschile sia considerato il genere base non marcato, cioè [...]
valido per entrambi i sessi, può comportare sul piano sociale un forte effetto di esclusione e di rafforza-
mento di stereotipi. [...] l’amministrazione pubblica, attraverso i suoi atti, appare un mondo di uomini in
cui è uomo non solo chi autorizza, certifica, giudica, ma lo è anche chi denuncia, possiede immobili, di-
chiara, ecc.” (p. 49).



                                                    17
         Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




della Direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo 8, la quale ha esortato le amministrazioni
pubbliche a utilizzare in tutti i documenti di lavoro un linguaggio non discriminatorio 9.
  In mancanza di ulteriori indicazioni o linee guida emanate a livello centrale, molte am-
ministrazioni hanno comunque aderito a questo invito e hanno iniziato a rivedere la docu-
mentazione in uso nei loro uffici. La stessa Accademia della Crusca ha collaborato con il
Comune di Firenze al progetto “Genere&Linguaggio”, finanziato dalla Regione Toscana, e
alla pubblicazione di “Linee guida per l’uso del genere nel linguaggio amministrativo” (a cura
di Cecilia Robustelli), del 2012. In queste ultime Linee guida si ricorda come il processo di
revisione operato negli anni da alcune amministrazioni abbia avuto in genere due fonda-
menti: la sostituzione dei nomi di professioni e di ruoli ricoperti da donne declinati al ma-
schile con i corrispondenti femminili; l’abolizione del maschile inclusivo e la sua sostituzione
con le due forme, maschile e femminile, anche variamente abbreviate. Se la prima opera-
zione ha portato a introdurre nel linguaggio amministrativo nuove forme femminili (come
sindaca, direttrice generale) e l’articolo “la” davanti a dirigente, giudice o capo ufficio, la se-
conda si è rivelata invece più faticosa e ha avuto in molti casi risultati insoddisfacenti, appe-
santendo spesso i testi con ripetizioni o rendendo difficile governare l’accordo con participi,
aggettivi, pronomi 10. A ogni modo, è oramai un’evidenza che le istituzioni, a tutti i livelli,
promuovono sempre più la c.d. femminilizzazione della lingua, anche attraverso l’uso di cor-
rispondenze femminili di termini maschili o l’uso di entrambi i termini.




   8
    Il Parlamento europeo è stato una delle prime organizzazioni internazionali ad adottare, nel 2008, li-
nee guida multilingue per un linguaggio neutrale rispetto al genere. Le linee guida, aggiornate poi nel 2018
in occasione del loro decimo anniversario, contengono orientamenti pratici per l’uso di un linguaggio non
sessista, inclusivo e rispettoso del genere, al fine di evitare formulazioni che possano essere interpretate
come di parte, discriminatorie o degradanti, perché basate sul presupposto implicito che maschi e femmine
siano destinati a ruoli sociali persi, quale contributo per combattere gli stereotipi di genere, promuovere
il cambiamento sociale e concorrere al raggiungimento dell’uguaglianza tra donne e uomini. Le linee guida
contengono peraltro suggerimenti specifici per l’italiano. L’invito generalizzato del Parlamento europeo a
utilizzare un linguaggio “neutro” sotto il profilo del genere nelle comunicazioni scritte va però letto con
attenzione, specie per quelle realtà dove alle donne, in ragione di un androcentrismo linguistico legato ad
anni di discriminazione femminile, non è stata data alcuna visibilità. Ecco perché si propende oggi in Italia
per un approccio alla questione di genere che non miri solo a ”far sparire ogni riferimento al sesso”, ma
consenta, attraverso un perso uso del linguaggio, di dare maggior rilievo alla presenza delle donne nel
lavoro e nella società civile.
   9
    Interessante al riguardo è anche l’Atto di sindacato ispettivo n° 1-00107 del Senato della Repubblica
(2007), che a essa fa seguito, in cui si legge che: “Il Senato […] impegna il Governo ad introdurre negli atti
e nei protocolli adottati dalle pubbliche amministrazioni una modificazione degli usi linguistici tale da
rendere visibile la presenza di donne nelle istituzioni, riconoscendone la piena dignità di status ed evi-
tando che il loro ruolo venga oscurato da un uso non consapevole della lingua”.
   10
    Cecilia Robustelli, Linee guida per l’uso del genere nel linguaggio amministrativo, Comune di Firenze,
2012.



18
         Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




  Leggendo i testi prodotti, anche all’interno della nostra amministrazione, notiamo però
che c’è ancora strada da fare per dare piena visibilità alle donne che lavorano 11.
  Da qui la realizzazione di queste Linee Guida, che non mirano a imporre regole o dogmi,
ma piuttosto a promuovere una riflessione partecipata sull’uso del linguaggio all’interno
della nostra organizzazione e all’acquisizione di nuove sensibilità. Al contempo esse possono
anche essere viste come un vademecum di semplice consultazione per quanti ritengono che
una maggiore consapevolezza degli usi linguistici possa contribuire a rafforzare l’uguaglianza
di genere, contrastare gli stereotipi sessisti e favorire il rispetto delle differenze.
   Come avverte Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca, a fronte delle
polemiche che il linguaggio c.d. di genere suscita ancora oggi, al momento “i nomi femminili
ministra, sindaca (quest’ultimo favorito nel suo innegabile successo dalle recenti elezioni di
Roma e Torino) non dipendono dalla grammatica, che accetta sia il maschile tradizionale sia
il femminile innovativo, ma da una battaglia ideologica trasportata nella lingua dalle donne
(o da alcune di esse) quando conquistano nuovi spazi in politica e nel mondo del lavoro. La
furia di chi ora avvia sgarbatamente la battaglia contro queste donne fa pensare che in fondo
esse abbiano più ragione di quanto potesse sembrare” 12.
  Del resto, secondo la convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla
violenza contro le donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul, ratificata nel
2013), il cambiamento culturale basato sul superamento di pregiudizi e stereotipi, che passa
anche attraverso un perso uso della lingua, è il primo e fondamentale passo anche per pre-
venire la violenza di genere.
  Se le innovazioni linguistiche possono sia emergere dal basso, sotto la spinta dell’uso po-
polare, sia essere “sollecitate dalla sensibilità di gruppi dirigenti e di forze politiche sensibili
al progresso e desiderose di accelerarlo e guidarlo […]. Fino a che punto ci si può spingere
nel sollecitare il cambiamento, al fine di vincere stereotipi e pregiudizi nella rappresentazione
femminile?” 13.



  11
    Osserva Maria Serena Sapegno, ordinaria di Letteratura italiana e Studi delle donne e di genere alla
Università Sapienza di Roma: “[…] se consideriamo […] l’esperienza italiana degli ultimi decenni, si po-
trebbe sostenere che forse perché in Italia si è prestata scarsa o nessuna attenzione all’importanza del
livello linguistico/formale della comunicazione, ufficiale e non, si è giunti a una mancata assimilazione
nel simbolico dei cambiamenti di costume; e di conseguenza si spiega come sia stata possibile una facile
regressione a livelli nei quali in verità non ci si vergogna affatto né di risultare sessisti né razzisti” (Sapegno
M. S., Che genere di lingua? Sessismo e potere discriminatorio delle parole, Carocci Editore, 2010).
   12
    Claudio Marazzini, Il sindaco, la sindaca e la capra di Vittorio Sgarbi, intervento pubblicato su Fa-
miglia Cristiana il 05 gennaio 2017, in https://www.famigliacristiana.it/articolo/polemiche-sgarbate-sul-
linguaggio-di-genere.aspx.
   13
    Accademia della Crusca, L’evoluzione della lingua e il sistema di valori. Che genere di linguaggio?,
comunicato stampa del 25 marzo 2019, in https://accademiadellacrusca.it/it/contenuti/levoluzione-della-
lingua-e-il-sistema-di-valori-che-genere-di-linguaggio/6212.



                                                        19
           Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




  Come diceva Alma Sabatini più di 30 anni fa, “pur rendendoci conto che la lingua non
può essere cambiata con un puro atto di volontà […] riteniamo nostro dovere intervenire
[…] perché i cambiamenti linguistici possibili registrino correttamente i mutamenti sociali e
si orientino di fatto a favore della donna” 14.
 I suggerimenti proposti in questo lavoro sono vari e muovono da differenti principi:
• garantire alle donne la medesima visibilità riservata agli uomini;
• oscurare, ove possibile, entrambi i generi utilizzando nomi collettivi o che si riferiscono
 al servizio (es. personale, magistratura, dirigenza);
• in via residuale, laddove non sia possibile adottare una delle precedenti opzioni, mante-
 nere l’assorbimento della forma femminile nel maschile inclusivo, con la specificazione
 che i termini maschili utilizzati si riferiscono a persone di entrambi i sessi.

   Gli espedienti grammaticali e sintattici suggeriti sono molteplici, ma una cosa è chiara:
è impossibile imporre soluzioni univoche da applicare meccanicamente. “Qualsiasi interven-
to sui testi amministrativi deve salvaguardare anzitutto il loro livello di leggibilità e di efficacia
comunicativa. Per intervenire sul linguaggio “discriminante” […] non è sufficiente inserire
automaticamente forme femminili accanto alle corrispondenti maschili, né sapersi districare
nei meccanismi di assegnazione e di accordo di genere, ma è anche e soprattutto necessario
conoscere quando, come e dove intervenire […] Decidere, quindi, se sostituire o meno il
maschile inclusivo nei testi che si rivolgono o si riferiscono a più referenti maschili e femmi-
nili, se usare forme maschili e femminili intere o in forma abbreviata, non può basarsi su re-
gole standard, ma solo su un’attenta valutazione del testo sul quale si interviene. E talvolta,
poi, non sono sufficienti singoli ritocchi formali, ma è necessaria addirittura una riformula-
zione integrale del testo” 15.
  La scelta dei possibili accorgimenti va dunque operata di volta in volta, ma è sempre con-
sigliabile ragionarvi fin da subito, al momento della pianificazione del testo, sul presupposto
che un approccio corretto a un uso non discriminatorio del linguaggio richiede l’acquisizione
di una nuova coscienza linguistica e culturale piuttosto che l’applicazione di rigide regole.




   14
     Alma Sabatini (a cura di), Il sessismo nella lingua italiana, Presidenza del Consiglio dei Ministri,
1987.
   15
     Cecilia Robustelli, Linee guida per l’uso del genere nel linguaggio amministrativo, Comune di Firenze,
2012.



20
               STRATEGIE DI GESTIONE




  Nelle pagine che seguono illustriamo alcune strategie comunicative per l’uso di un lin-
guaggio che si prefigge di valorizzare le differenze di genere, abbandonando alcune consue-
tudini che potrebbero connotare in senso sessista l’uso della lingua.
  Le strategie che si possono adottare, come vedremo, sono di vario tipo: grammaticale,
lessicale e sintattico.
  La scelta tra i vari strumenti a disposizione dipende dal tipo di testo e dalla sua struttura.
  Infatti, prima di procedere a qualsiasi intervento sui testi, è indispensabile valutare at-
tentamente l’impatto di questi interventi sulla struttura, la capacità comunicativa e la leggi-
bilità dei testi stessi. In altre parole, l’operazione di revisione testuale non può essere
adottata meccanicamente, ma solo dopo un’attenta valutazione. Spesso non è quindi suffi-
ciente sostituire una formulazione, ma è necessario riformulare integralmente parti di testo
o addirittura tutto il testo. In ogni caso è importante mantenere la massima coerenza nella
scelta della strategia 16.
  I documenti delle amministrazioni pubbliche, e quindi anche dell’Agenzia delle Entrate,
includono una grande varietà di forme testuali: dal modulo al provvedimento, dalla circolare
alla lettera istituzionale, senza dimenticare i contenuti delle pagine intranet e internet. Si
tratta di testi che hanno una funzione comunicativa persa, che spazia da quella più vinco-
lante 17 con riguardo alle possibilità interpretative da parte del destinatario, come avviene
per esempio per un atto dispositivo, a quella meno vincolante, come nel caso di un avviso
al pubblico affisso allo sportello.
   La funzione comunicativa influenza la struttura del testo: i testi molto vincolanti devono
avere una struttura rigida in modo da evitare quanto più possibile eventuali ambiguità nel-
l’interpretazione, mentre quelli meno vincolanti si caratterizzano per una struttura più libera
e flessibile.




  16
    MIUR, Linee guida per l’uso del genere nel linguaggio amministrativo del Miur, 2018.
  17
    Francesco Sabatini, La comunicazione e gli usi della lingua, Loesher Editore, 1990.



                                                21
         Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




  Chi deve scrivere o riscrivere un testo deve essere consapevole delle sue caratteristiche
specifiche e scegliere, anche per quanto riguarda l’uso del genere, una strategia appropriata
che non contrasti con l’esigenza di chiarezza, leggibilità e trasparenza richieste dalla comu-
nicazione di tipo amministrativo.
   Per tutte le tipologie di testo, è importante tenere presenti due principi base:
1. dare visibilità al genere femminile;
2. garantire semplicità e chiarezza al contenuto dei documenti.




   FORMAZIONE DEL FEMMINILE

  Innanzi tutto, è corretto e preferibile usare la forma femminile ogniqualvolta ci si rife-
risce a una donna.
  L’incongruenza tra il genere della persona di cui si parla (il “referente”) e il genere gram-
maticale usato rischia infatti di indebolire la struttura del testo e può creare fraintendimenti
o difficoltà nella sua comprensione.
   In italiano la formazione del femminile dei nomi può avvenire in persi modi.
   Il modo più comune è quello di sostituire la desinenza del maschile con un’altra desinenza.


   Sostituire la desinenza o il suffisso

   I termini in:
• -o, -aio/-ario mutano in -a, -aia/-aria
 esempio: sindaca, chirurga, commissaria, critica, deputata, architetta, avvocata, impie-
       gata, ministra, prefetta, notaia, primaria, segretaria (generale), funzionaria
• -iere mutano in -iera
 esempio: ragioniera, consigliera, ingegnera, portiera, infermiera, pioniera, cancelliera
• -sore mutano in -sora
 esempio: assessora, difensora, oppressora, revisora
• -tore mutano in -trice
 esempio: ambasciatrice, amministratrice, ricercatrice, direttrice, ispettrice, redattrice,
      senatrice, programmatrice, sostituta procuratrice


22
         Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




  La lingua italiana comprende una gamma lessicale ormai consolidata di forme femminili
e una serie di neoformazioni tra cui nuovi termini femminili per professioni o ruoli istitu-
zionali. Tutte queste forme sono grammaticalmente corrette e il loro uso è pienamente le-
gittimo, oltre che auspicabile 18.

      _______________________________________________________________________________________

     Come abbiamo visto nell’introduzione, si ha talvolta l’impressione che usare il genere
     femminile di nomi che indicano incarichi di prestigio “suoni male”. Questo deriva dal fatto
     che dire sindaca, notaia, avvocata contrasta con abitudini linguistiche consolidate e con
     stereotipi culturali inconsci e difficili da inpiduare e rimuovere. Se però non riusciamo
     a declinare i ruoli tradizionalmente maschili al femminile in qualche modo continuiamo
     a tramandare inconsapevolmente il messaggio che quelli sono ruoli “da uomini”.
     Dire sindaco, ingegnere, consigliere, ecc. fa peraltro pensare immediatamente che quel-
     l’incarico o quel ruolo sia coperto da un uomo, il che può far sorgere problemi di “con-
     cordanze” ed equivoci: ad es. “il sindaco è in maternità”, “ho macchiato d’inchiostro la
     gonna del notaio” 19.
     Far emergere la presenza delle donne attraverso nomi declinati regolarmente al fem-
     minile è il primo passo verso il riconoscimento della loro legittima presenza in tutti gli
     ambiti sociali e culturali e la creazione di modelli paritari per le giovani generazioni 20.
     Si tratta di aggiornare le nostre abitudini linguistiche tenendo presente che la società
     si è evoluta e le donne sono sempre più presenti in istituzioni e professioni solo tradi-
     zionalmente legate agli uomini. La lingua non solo deve rispecchiare questa evoluzione
     ma, conferendole visibilità, può contribuire a imprimerle un’accelerazione 21.
____________________________________________________________________________________________________




  18
    Uno dei più diffusi dizionari della lingua italiana, lo Zingarelli, già nel 1994 introduceva la desinenza
femminile a circa ottocento mestieri e professioni fino ad allora declinati esclusivamente al maschile,
compiendo un’opera che il quotidiano “la Repubblica” definì dettata da un’aspirazione alla parità di diritti,
anche lessicali, tra uomo e donna (la Repubblica: “Ecco la ‘vocabolaria’ Zingarelli promuove l’ingegnera
e l’avvocata”, 14 luglio 1994, in https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1994/07/14/
ecco-la-vocabolaria-zingarelli-promuove.html).
   19
    Cecilia Robustelli, Pari trattamento linguistico di uomo e donna, coerenza terminologica e linguaggio
giuridico, in La buona scrittura delle leggi, Camera dei Deputati, Roma, 2012.
   20
    Giuliana Giusti (cura di), Nominare per esistere: nomi e cognomi. Atti del primo convegno Lingua e
Identità di Genere, Venezia, Auditorium S. Margherita 19 settembre, 2011.
   21
    Nicoletta Maraschio, Prefazione a Cecilia Robustelli, Donne, grammatica e media. Suggerimenti
per l’uso dell’italiano, Gi.U.Li.A. Giornaliste, INPGI, 2014.



                                                       23
        Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




         L INVECE DI...                   ☺ È PREFERIBILE
 Chiara Appendino, sindaco di Torino         Chiara Appendino, sindaca di Torino

 Maria Rossi, funzionario pubblico          Maria Rossi, funzionaria pubblica
 Luciana Lamorgese, attuale ministro dell’Interno,  Luciana Lamorgese, attuale ministra dell’Interno,
 è stata prefetto di Milano              è stata prefetta di Milano
 Maria Bianchi, consigliere regionale         Maria Bianchi, consigliera regionale

 Anna Rossi, revisore contabile            Anna Rossi, revisora contabile

 Teresa Cataldo, ambasciatore d’Italia in Francia   Teresa Cataldo, ambasciatrice d’Italia in Francia



   Non mancano, ovviamente, delle eccezioni.
  Per alcuni sostantivi femminili appare preferibile conservare la desinenza in -essa che è
attestata da lunga tradizione e ancora in uso (es. dottoressa, professoressa, poetessa, stu-
dentessa), in coerenza con quanto suggerito dall’Accademia della Crusca.


     _______________________________________________________________________________________

    Il suffisso -essa era in origine utilizzato per ricavare un femminile da un nome maschile,
    soprattutto in termini indicanti titoli nobiliari (per esempio baronessa da barone, con-
    tessa da conte) e relazioni familiari. Veniva infatti impiegato per designare “la moglie
    di”, ossia la moglie di chi esercita la funzione e non, invece, colei che la esercita diret-
    tamente.
    A partire dall’Ottocento, le forme in -essa acquistano una connotazione dispregiativa:
    nell’accezione comune, e perfino in letteratura e sulla stampa, iniziano a essere ado-
    perate con una sfumatura ironica e spesso con intento denigratorio (es. ministressa,
    medichessa, sindachessa). Il “Vocabolario italiano della lingua parlata” pubblicato nel
    1875 (Rigutini - Fanfani), ad esempio, alla voce “professoressa” riportava la seguente
    definizione: “Femm. di professore; ma si userebbe più spesso per ischerzo: Vuol far la
    professora, ma non sa nulla”.
    Con il tempo, nei nomi di professioni con una forte presenza femminile, l’accezione de-
    nigratoria è andata via via attenuandosi e oggi è generalmente accettata la forma in -
    essa di molti termini di uso comune.
___________________________________________________________________________________________________




24
         Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




   Per il femminile di avvocato ritroviamo spesso sia la forma in -a sia quella in -essa. Dal
punto di vista grammaticale la soluzione non è univoca: alcuni considerano errata la forma
avvocatessa e valida solo quella di avvocata; l’Accademia della Crusca invece riporta en-
trambe le forme alternativamente, senza che se ne possa ritenere una prevalente rispetto
all’altra. Riteniamo tuttavia consigliabile in questa sede l’uso del termine avvocata, in quanto
più aderente a un uso non discriminatorio della lingua italiana 22.
  È invece del tutto improprio l’uso del termine vigilessa: meglio usare “la vigile”, come
vedremo dopo.


     _______________________________________________________________________________________

    N.B. Quando in un testo si fa riferimento a una funzione o una carica ricoperta da una
    donna, è necessario concordare al femminile i riferimenti che la riguardano e usare la
    forma femminile della denominazione della carica ricoperta.
    NO: Il funzionario incaricato dottoressa Maria Rossi si è impegnato affinché…
    SÌ: La funzionaria incaricata dottoressa Maria Rossi si è impegnata affinché…
___________________________________________________________________________________________________



  Persistono ancora oggi resistenze all’uso del termine direttrice, quale femminile di diret-
tore, in quanto il termine sembra circoscritto al mondo della scuola. Peraltro, come la parola
segretaria fa pensare istintivamente a un lavoro meno blasonato di segretario, o la maestra
a un lavoro meno di pregio rispetto a maestro come direttore d’orchestra, anche direttrice
sembra riferito a un quid minus rispetto a direttore. Ciononostante, queste connotazioni
sminuenti, dovute a un pregiudizio linguistico fondamentalmente collegato a un’abitudine,
e non insite nelle parole, possono essere cambiate dall’uso 23.




   22
    Nell’articolo “Qual è il femminile di avvocato?”, sul sito Treccani leggiamo: “Il sostantivo maschile
avvocato dispone di due forme femminili: avvocata e avvocatessa. La seconda forma appartiene all’uso
tradizionale. La prima, pur non essendo ancora di uso generalizzato, è perfettamente legittima (maschile
-o, regolare femminile in -a) e viene adoperata, in particolare, da chiunque sia sensibile a un uso non ses-
sista – e, più in generale – non discriminatorio della lingua italiana”, in http://www.treccani.it/magazine/
lingua_italiana/domande_e_risposte/ grammatica/grammatica_001.html.
   23
    Vera Gheno, Femminili singolari – Il femminismo è nelle parole, Effequ Editore, 2019. Spiega l’autrice:
“Il giudizio che diamo istintivamente su queste parole è quasi come un riflesso pavloviano, non del tutto
cosciente: un automatismo linguistico dovuto a un pre-giudizio che quasi non passa dal giudizio razioci-
nante. Daniel Kahneman lo collegherebbe a quello che lui chiama Sistema 1, che “opera in fretta e auto-
maticamente, con poco o nessuno sforzo e nessun senso di controllo volontario”.



                                                      25
          Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




  Negli anni Novanta è stata proposta la forma femminile direttora con lo scopo di disporre
di un termine per indicare la donna che ricopre un ruolo dirigenziale perso da quello di di-
rettrice scolastica. L’Accademia della Crusca, partendo da uno sguardo alla storia del termine
direttrice (originariamente un aggettivo del linguaggio geometrico, v. la linea direttrice, da
cui il sostantivo direttrice), fa però notare che esso veniva usato tra Otto e Novecento per
indicare funzioni dirigenziali non esclusivamente scolastiche, e quindi oggi è da preferire:
direttora si rivela dunque un neologismo non necessario24.


      _______________________________________________________________________________________

     Sebbene l’utilizzo del termine femminile direttrice (come quello di sindaca, ministra,
     chirurga, ingegnera, ecc.), è ritenuto qui del tutto consigliabile quando il referente è
     una donna – per le ragioni più volte evidenziate in queste Linee Guida –, Claudio Ma-
     razzini invita alla tolleranza nei confronti delle oscillazioni nell’uso della lingua, la quale
     “è una democrazia, in cui la maggioranza governa, i grammatici prendono atto delle
     innovazioni e cercano di farle andare d’accordo con la tradizione, e le minoranze, anche
     ribelli, hanno pur diritto di esistere, senza dover temere la gogna mediatica”. Se dunque
     anche il “passatista”, ovvero colui che “non ha fatto neppure il primo passo, che non è
     nemmeno arrivato ad accettare la sindaca” – termine oramai entrato nell’uso comune –
     ha certamente il diritto di scrivere e di parlare, sarà bene cercare di convincerlo ad
     adattare le proprie scelte al mutamento della società attraverso una lezione di razio-
     nalità, ma senza anatemi 25.
___________________________________________________________________________________________________




   Anteporre l’uso dell’articolo ai nomi invariabili o “epiceni”

  In alcuni casi la forma del termine non cambia (tecnicamente si definisce “epicena”) e
la concordanza con il genere femminile si ottiene con l’uso opportuno dell’articolo:
• termini in -e
 esempio: la giudice, la preside, la parlamentare, la vigile, la custode, la portavoce, la ti-
       tolare, la responsabile, un’ufficiale, un’interprete




   24
    Cecilia Robustelli, Donne al lavoro (medico, direttore, poeta): ancora sul femminile dei nomi di
professione, 2017, in https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/donne-al-lavoro-medico-direttore-
poeta-ancora-sul-femminile-dei-nomi-di-professione/1237.
  25
    Claudio Marazzini, Postfazione a Sindaco e sindaca: il linguaggio di genere, di Cecilia Robustelli, 2016.



26
         Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




• forme italianizzate di participi presenti latini
  esempio: la dirigente, la presidente, la contribuente, la rappresentante, l’agente, la do-
      cente, la comandante, la studente, la contribuente
• termini in -a
  esempio: l’analista, la professionista, la giornalista, la pilota, la collega




         L INVECE DI...                    ☺ È PREFERIBILE
 Paola De Micheli è il titolare del Dicastero delle  Paola De Micheli è la titolare del Dicastero delle
 Infrastrutture e dei trasporti            Infrastrutture e dei trasporti

 Il nuovo comandante della polizia locale di Fa-    La nuova comandante della polizia locale di Fa-
 no è Anna Rita Montagna                no è Anna Rita Montagna

 Marta Cartabia è il presidente della Corte Co-    Marta Cartabia è la presidente della Corte Co-
 stituzionale                     stituzionale



  Il termine studente è un participio presente e non dovrebbe avere un femminile marcato
sul nome, tuttavia il femminile in -essa (studentessa) è, come visto sopra, usato corrente-
mente per cui possiamo considerare corrette entrambe le forme.



     _______________________________________________________________________________________

   N.B. In relazione ai nomi epiceni, raccomandiamo di evitare l’uso della parola composta
   con donna e di usare invece il termine semplice con l’articolo femminile, come visto
   sopra.
   Esempi:
   SÌ: una vigile      NO: una donna vigile
   SÌ: una pilota      NO: una donna pilota
   SÌ: una manager      NO: una donna manager
___________________________________________________________________________________________________




                                                    27
         Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




   Anteporre l’uso dell’articolo ai nomi composti

  I nomi composti con capo- si pidono in due gruppi in base al rapporto che lega il prefisso
con la seconda parte del composto:

1. se indicano “capo di qualcosa” il prefisso e la seconda parte del composto sono unità se-
  parate (ciò viene evidenziato anche dalla forma grafica): capo- muta in capi- al plurale
  maschile, ma rimane invariato al singolare e plurale femminile
   esempio: il capo ufficio, la capo ufficio/i capi ufficio, le capo ufficio

2. se indicano “capo di qualcuno” il prefisso e la seconda parte del composto formano
  un’unica parola: capo- rimane sempre invariato mentre il secondo elemento del com-
  posto varia per genere e numero
   esempio: il capocuoco, la capocuoca/i capocuochi, le capocuoche



   USO DELLA CONCORDANZA AL FEMMINILE

  Nei documenti che si riferiscono a soggetti definiti (comunicazioni, lettere, contratti,
ecc.), i termini vanno declinati in base al genere della persona di cui si tratta. È questo l’uso
della cosiddetta “simmetria”, ossia della forma maschile per gli uomini e di quella femminile
per le donne, che vale non solo nel corpo del testo, ma anche nell’intestazione, nella formula
d’esordio, nell’oggetto e nella firma26:
• intestazione: Al signor/dottor XY oppure Alla signora/dottoressa XY
• formula d’esordio: Gentile avvocato XY oppure Gentile avvocata XY
• oggetto: Nomina del signor XY alla carica di assessore regionale oppure Nomina della
 signora XY alla carica di assessora regionale
• firma: Il Responsabile del procedimento/Il Capo ufficio oppure La Responsabile del pro-
 cedimento/La Capo ufficio




   26
    Istituto di teoria e tecniche dell’informazione giuridica del CNR - Accademia della Crusca, Guida
alla redazione degli atti amministrativi - Regole e suggerimenti, Firenze, 2011.



28
         Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




  COMUNICAZIONI/DOCUMENTI
  CHE SI RIFERISCONO A ENTRAMBI I GENERI

  Se la comunicazione è rivolta o si riferisce a più persone di genere maschile e femminile,
come nel caso di avvisi, bandi, circolari, moduli, delibere, ecc., è possibile adottare due di-
verse strategie:

1. la strategia di visibilità del genere femminile;
2. la strategia di oscuramento di entrambi i generi.


  LA STRATEGIA DI VISIBILITÀ DEL GENERE FEMMINILE

  La strategia di visibilità del genere femminile si può attuare attraverso:


  Lo sdoppiamento esteso

   Quando i sostantivi prevedono sia la forma femminile sia quella maschile (i dipendenti,
i lavoratori, i funzionari, i colleghi, ecc.), ma al plurale viene normalmente utilizzata la forma
maschile, possiamo utilizzare la strategia dello sdoppiamento, che consiste nella ripetizione
del termine declinato alla forma femminile e maschile.
  Lo sdoppiamento esteso può essere utilizzato nella maggior parte dei testi e prevede l’uso
della congiunzione “e” quando nella comunicazione sono presenti entrambi i generi, o della con-
giunzione “o” quando nella comunicazione ci si riferisce a una persona in alternativa all’altra.


         L INVECE DI...                    ☺ È PREFERIBILE
                            La lavoratrice e il lavoratore
 I lavoratori
                            (le lavoratrici e i lavoratori)
 Uno dei due direttori                 Il direttore o la direttrice


     _______________________________________________________________________________________

   NB: La congiunzione “o” si usa solo al singolare, perché al plurale può creare frainten-
   dimenti. Quindi:
   NO: Le colleghe o i colleghi che vorranno iscriversi al corso…
   SÌ: Le colleghe e i colleghi che vorranno iscriversi al corso…
____________________________________________________________________________________________________



                                                29
        Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




        L INVECE DI...                    ☺ È PREFERIBILE
                            L’assessore Carlo Verdi e l’assessora Anna
 Gli assessori Carlo Verdi e Anna Gialli
                            Gialli

                            Tutte le funzionarie e tutti i funzionari possono
 Tutti i funzionari possono partecipare alla
                            partecipare alla procedura (sdoppiamento
 procedura
                            esteso)

 Tutti i funzionari possono partecipare alla     Tutti/e i/le funzionari/e possono partecipare
 procedura                      alla procedura (sdoppiamento contratto)




     _______________________________________________________________________________________

   NB: È necessario prestare attenzione alla concordanza di aggettivi e participi con i so-
   stantivi nelle forme sdoppiate.
   Quando si usano le forme sdoppiate, è necessario concordare con il sostantivo anche
   gli eventuali aggettivi e participi, il che potrebbe rendere il testo lungo e contorto. Lo
   sdoppiamento, infatti, deve essere esteso a tutto il testo e quindi è opportuno, ai fini
   della leggibilità, valutare caso per caso se utilizzarlo.
   Ad esempio, nei bandi di concorso è possibile optare per il maschile inclusivo, aggiun-
   gendo una nota (es. “I termini maschili usati in questo bando si riferiscono a persone
   di entrambi i sessi”).
   Quando possibile suggeriamo di indicare, ai fini dell’economia del testo, prima la forma
   femminile e poi quella maschile e di concordare quindi al maschile plurale aggettivi e
   participi.
   Ad esempio, invece di “Le candidate ammesse e i candidati ammessi sono invitate e
   invitati” è preferibile “Le candidate e i candidati ammessi sono invitati”.
   In presenza di aggettivi anteposti al sostantivo può talvolta essere più comodo, per ra-
   gioni di concisione, riportare prima il termine maschile e poi quello femminile, perché
   in tal modo si può concordare l’aggettivo solo al maschile, senza doverlo ripetere per
   la forma femminile.
   Ad esempio, invece di “Le nuove funzionarie e i nuovi funzionari saranno assegnati” è
   preferibile “I nuovi funzionari e funzionarie saranno assegnati”.
___________________________________________________________________________________________________




30
         Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




  Lo sdoppiamento contratto

  Lo sdoppiamento contratto consiste nell’indicare il femminile/maschile (o viceversa), se-
parato dalla barra. Questa forma si usa normalmente in testi quali la modulistica, gli elenchi,
ecc.; nelle altre tipologie testuali è preferibile usare la forma sdoppiata estesa o il plurale,
oltre agli altri accorgimenti descritti nelle presenti Linee Guida.
• esempio: modulo
  Il/la sottoscritto/a, nato/a a…
• esempio: profili professionali
  programmatore analista/programmatrice analista

  Consigli: se si opta per la forma concisa, è preferibile non troncare le parole ma scriverle
per esteso.
  È importante ricordare, inoltre, che l’uso di forme abbreviate con l’asterisco al posto della
desinenza27, specie nei documenti fruibili da un pubblico ampio e indistinto, è sconsigliabile
perché può ostacolare la comprensione del testo o appesantirne la lettura.


         L INVECE DI...                     ☺ È PREFERIBILE
 Car* collegh*, siete invitati…              Care colleghe e cari colleghi, siete invitati…



  STRATEGIA DI OSCURAMENTO DI ENTRAMBI I GENERI

  Poiché lo sdoppiamento comporta un allungamento e un appesantimento del testo, in
alternativa è spesso preferibile l’utilizzo dei sostantivi non marcati o di nomi collettivi che
includano il riferimento a persone di entrambi i sessi, soprattutto nella redazione di testi de-
stinati alla collettività (come bandi, istruzioni, circolari, avvisi, capitolati d’appalto).


  27
    Accanto all’uso dell’’asterisco (*), vengono oggi sperimentate anche altre soluzioni (come ad esempio
la u) nel tentativo di rendere la lingua inclusiva. E non solo nei confronti delle donne, ma anche nei riguardi
delle persone che non si riconoscono nel binarismo di genere. La sociolinguista Vera Gheno sta dando visibilità
alla discussione intorno all’uso di un simbolo dell’alfabeto fonetico internazionale, lo schwa (ə), al posto della
desinenza delle parole, per superare la dicotomia di genere femminile/maschile (senza ricorrere al maschile
inclusivo o sovraesteso). Si tratta di soluzioni interessanti in quanto tentativi, esperimenti, usi, il cui valore è
al momento più identitario/sociale che non linguistico, ma comunque indice dell’esigenza, da non sottova-
lutare, di talune minoranze di vedersi rappresentate nel linguaggio e di abitarlo con pari dignità.



                                                        31
        Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




   La strategia di oscuramento di entrambi i generi si può attuare in persi modi:
• utilizzando formulazioni neutre, cioè espressioni prive di referenza di genere (persona,
 soggetto, inpiduo)
   esempio: “Possono partecipare all’iniziativa i cittadini e le cittadine”
       oppure
        “Possono partecipare all’iniziativa le persone interessate”

• riformulando la frase con nomi collettivi o che si riferiscono al servizio o alla carica (per-
 sonale, dirigenza, magistratura, utenza, cittadinanza, direzione, segreteria, presidenza)
   esempio: cittadini e cittadine oppure la cittadinanza/la popolazione
       le utenti e gli utenti oppure l’utenza
       i collaboratori e le collaboratrici oppure il personale
       i docenti e le docenti oppure il corpo docente/il personale docente
       il presidente o la presidente oppure la presidenza

     _______________________________________________________________________________________

    NB: La soluzione di riformulare la frase con nomi collettivi o che si riferiscono al ser-
    vizio può essere adottata solo se è chiaro che “direzione” o “presidenza” si riferiscono
    alla singola persona che svolge la funzione di dirigente o presidente e non all’intera
    unità organizzativa della direzione o della presidenza (ufficio di direzione, ufficio di
    presidenza, o anche il vicedirettore o la vicedirettrice, il vicepresidente o la vicepre-
    sidente).
___________________________________________________________________________________________________



• riformulando la frase con pronomi relativi e indefiniti (chi, chiunque, coloro)
   esempio: “È ammesso o ammessa alla frequenza del corso anche il candidato o la can-
       didata che non abbiano superato l’esame”
        oppure
        “È ammesso alla frequenza del corso anche chi non abbia superato l’esame”
   Un’altra soluzione, valida per il plurale, è l’uso del pronome relativo “coloro che” (ma
   non “coloro i quali”, che è al maschile plurale)

   esempio: “Ciò vale per coloro che lavorano all’interno dell’amministrazione”




32
          Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




          L INVECE DI...                    ☺ È PREFERIBILE
 I dipendenti che partecipano all’assemblea sin-     Il personale che/Chi partecipa all’assemblea
 dacale                         sindacale
 I dirigenti e le dirigenti               La dirigenza

 Gli incaricati                     Coloro che hanno l’incarico di…

 Il direttore o la direttrice              La direzione


  Altra tecnica di oscuramento del genere è la riformulazione della frase a livello sintattico,
evitando di usare forme personali, se ritenute inadatte al contesto.
  Ad esempio:
• utilizzo di forme impersonali
  esempio: “Per l’ammissione alla prova orale è necessario riportare un punteggio positivo
       in entrambe le prove scritte”
       invece di
          “Il candidato o la candidata è ammesso o ammessa alla prova orale qualora
          abbia riportato un punteggio positivo in entrambe le prove scritte”
• utilizzo del passivo
  Anche se, ai fini della semplificazione del linguaggio amministrativo italiano, si dovrebbe pre-
  ferire la costruzione attiva a quella passiva, in alcuni casi si può volgere la frase al passivo
  esempio: “Alla domanda va allegata la seguente documentazione”
       invece di
          “Il richiedente o la richiedente deve allegare alla domanda la seguente docu-
          mentazione”

     _______________________________________________________________________________________

    NB: Le formulazioni passive e quelle impersonali, sebbene utili a evitare l’appesanti-
    mento del testo con sdoppiamenti e ripetizioni, possono talvolta modificare il senso
    del discorso o indurre in errore. È consigliabile usare tali accorgimenti solo se non con-
    trastano con l’esigenza, sempre molto attuale, di semplificare il linguaggio ammini-
    strativo e di redigere testi quanto più possibile chiari e leggibili, come raccomandato
    anche nel Manuale di Scrittura amministrativa nato nel 2003 dalla collaborazione tra
    l’Agenzia delle Entrate e il Dipartimento di Studi italianistici dell’Università di Pisa.
___________________________________________________________________________________________________



                                                  33
         Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




   ESPRESSIONI DA EVITARE

  Per concludere, riportiamo una serie di espressioni da evitare, perché limitano la visibilità
delle donne fino a nasconderle o costituiscono usi linguistici discriminanti.



         L INVECE DI...                    ☺ È PREFERIBILE
 Uomo                         Persona/essere umano

 I diritti dell’uomo                  I diritti umani/i diritti della persona

 La dignità dell’uomo                 La dignità umana o della persona

 L’ingegno dell’uomo                  L’ingegno umano o degli esseri umani

 L’uomo della strada                  La gente comune

 Uomini di legge                    Giuristi, giuriste

 Uomini d’affari                    Imprenditori, imprenditrici

 Patto tra gentiluomini                Accordo sulla fiducia



 Evitiamo anche di anteporre l’articolo davanti a cognomi di donne (es. “la Boschi”, “la
Meloni”), come si fa abitualmente per i cognomi maschili (infatti non siamo soliti dire “il Di
Maio” o “il Salvini”, ma più semplicemente diciamo “Di Maio” o “Salvini”).
  L’abitudine di mettere l’articolo prima del cognome di una donna appare legata esclusi-
vamente all’esigenza di rimarcare la sua appartenenza di genere. Anche questa differenza è
legata allo stereotipo del femminile come eccezione da segnalare.


     _______________________________________________________________________________________

   NB: Non è possibile modificare i nomi di organi costituzionali, di convezioni, di trattati
   o di leggi, come ad esempio: il Consiglio dei Ministri, la Camera dei Deputati, lo Statuto
   dei lavoratori, ecc.
___________________________________________________________________________________________________




34
  ESEMPI DI RISCRITTURA DI TESTI DELL’AGENZIA




  Riportiamo di seguito alcuni estratti di documenti e testi dell’Agenzia, reperiti nei siti in-
tranet nazionale e regionali, e possibili ipotesi di riscrittura degli stessi, sulla base delle stra-
tegie di gestione che abbiamo analizzato nel capitolo precedente.
  Avvertiamo ancora una volta che le soluzioni da adottare per un uso del linguaggio ri-
spettoso delle differenze di genere non sono univoche; quelle qui proposte sono solo sug-
gerimenti che servono a:
• essere consapevoli degli stereotipi in cui siamo immersi/e e della necessità di rappre-
 sentare le persone in modo persificato e realistico, nella molteplicità dei loro ruoli sociali
 e professionali;
• stimolare uno spirito critico;
• riflettere su come usare in modo inclusivo e rispettoso il linguaggio, senza esclusione
 di alcuna categoria o gruppo di persone, ma attribuendo a ciascuno riconoscimento e
 visibilità.
  Risulta subito evidente come per abitudine, se non come vera e propria scelta consape-
vole, si faccia sovente anche nella nostra organizzazione un uso della lingua non attento al
genere. Usare un linguaggio non corretto trasmette però informazioni inesatte o parziali,
può portare a difficoltà di comprensione o ad ambiguità interpretative e infine rafforza mo-
delli e immaginari discriminatori 28.
  Dipende da noi fare scelte linguistiche appropriate, consapevoli, come diceva Federico
Fellini, che “un linguaggio perso è una persa visione della vita”.




  28
   Manuela Manera, Linguaggio e genere. Per un uso corretto della lingua italiana, Laboratorio Studi
di Genere 2018/2019 (Cirsde/Università di Torino), Torino, 7 marzo 2019.



                                                 35
         Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




                       ATTO DISPOSITIVO


          L INVECE DI...                    ☺ È PREFERIBILE
È prorogato il distacco fino al xx/xx/xx presso l’uffi-  È prorogato il distacco fino al xx/xx/xx presso l’uffi-
cio xxx (…) dei seguenti funzionari           cio xxx (…) di
• Mario Rossi – ufficio yyy                • Mario Rossi, funzionario dell’ufficio yyy
• Maria Bianchi – ufficio zzz               • Maria Bianchi, funzionaria dell’ufficio zzz
(…)                           (…)
Cessano di far parte del gruppo di lavoro un funzio-   Cessa di far parte del gruppo di lavoro una funzio-
nario* già in distacco dall’ufficio yyy e un funziona-   naria già in distacco dall’ufficio yyy e un funzionario
rio** già in servizio presso l’ufficio xxx (…)       già in servizio presso l’ufficio xxx (…)
* si tratta di una donna
** si tratta di un uomo

   Riformuliamo e utilizziamo lo sdoppiamento della forma (in questo caso esteso) al posto del maschile
   inclusivo.
   Utilizziamo il genere femminile per riferirci a una donna.


          L INVECE DI...                    ☺ È PREFERIBILE
        IL DIRETTORE REGIONALE                 IL DIRETTORE REGIONALE
            DISPONE                        DISPONE
        La proroga fino al xx/xx/xx              La proroga fino al xx/xx/xx
         del seguente incarico:                 del seguente incarico:
   NOME       UFFICIO     INCARICO      NOME       UFFICIO      INCARICO
   Maria       xxx       Esperto       Maria       xxx        Esperta
   Bianchi              in enti non     Bianchi               in enti non
                   commerciali (…)                     commerciali (…)
Il presente atto viene portato a conoscenza, tramite   Il presente atto viene portato a conoscenza, tramite
posta elettronica, dell’interessata (…)         posta elettronica, dell’interessata (…)

    Utilizziamo il genere femminile quando il titolare di un incarico è una donna.
    Manteniamo l’uso del genere femminile per l’intero documento.


          L INVECE DI...                    ☺ È PREFERIBILE
       IL DIRETTORE REGIONALE                 LA DIRETTRICE REGIONALE
           DISPONE                         DISPONE
1. Istituzione gruppo di lavoro             1. Istituzione gruppo di lavoro
(…)                           (…)
               f.to Maria Bianchi                    f.to Maria Bianchi

   Utilizziamo il genere femminile quando il direttore regionale/provinciale/dell’ufficio o il titolare di un
   incarico è una donna.


36
          Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




          L INVECE DI...                    ☺ È PREFERIBILE
       IL DIRETTORE REGIONALE                  IL DIRETTORE REGIONALE
           DISPONE                          DISPONE
L’avvio della procedura per l’inpiduazione dei di-   L’avvio della procedura per inpiduare il personale
pendenti della Dr beneficiari dei permessi straordi-   della Dr ammesso a beneficiare dei permessi stra-
nari retribuiti per il diritto allo studio (…)      ordinari retribuiti per il diritto allo studio (…)
Gli interessati dovranno produrre apposita istanza    I colleghi e le colleghe che intendono partecipare
(…)                            dovranno produrre apposita istanza (…)

   Quando il testo fa riferimento a uomini e donne, al posto del maschile inclusivo usiamo:
   • il termine collettivo
   • lo sdoppiamento della forma (in questo caso esteso) con una relativa al posto del participio passato
    al maschile plurale


          L INVECE DI...                    ☺ È PREFERIBILE
(…) i funzionari                     • Maria Bianchi, funzionaria Area III - F2;
• Maria Bianchi, Area III - F2;              • Mario Rossi, funzionario Area II - F6.
• Mario Rossi, Area II - F6.

   In questo caso possiamo riformulare la frase per accordare correttamente il genere.


          L INVECE DI...                    ☺ È PREFERIBILE
La dottoressa Maria Bianchi (…) è nominata compo-     La dottoressa Maria Bianchi (…) è nominata compo-
nente effettivo (…)                    nente effettiva (…)
La dottoressa Maria Bianchi subentra alla dottores-    La dottoressa Maria Bianchi subentra alla dottores-
sa Silvia Verdi quale presidente (…)           sa Silvia Verdi quale presidente (…)
Il presente atto dispone l’integrazione della compo-   Il presente atto dispone l’integrazione della compo-
sizione (…) e la nomina del nuovo Presidente a se-    sizione (…) e la nomina della nuova Presidente a se-
guito del collocamento a riposo della Presidente     guito del collocamento a riposo della Presidente
uscente (…)                        uscente (…)

   Il sostantivo “componente” resta invariato nella forma femminile (epiceno). Tuttavia occorre accor-
   dare l’aggettivo al femminile.
   Il sostantivo “presidente” resta invariato nella forma femminile (epiceno).
   Quando il testo fa riferimento a una donna usiamo il genere femminile (in tutte le occasioni).



                                                      37
        Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




         L INVECE DI...                     ☺ È PREFERIBILE
       IL DIRETTORE REGIONALE                  IL DIRETTORE REGIONALE
           DISPONE                          DISPONE
La proroga (…) dei seguenti incarichi di responsabi-   La proroga (…) dei seguenti incarichi di responsabi-
lità (…)                         lità (…)
Maria Bianchi - Capo ufficio legale e riscossione del-  Maria Bianchi - Capo ufficio legale e riscossione del-
la Direzione Regionale                  la Direzione Regionale
Silvia Verdi - Capo reparto Risorse umane – Ufficio    Silvia Verdi - Capo reparto Risorse umane - Ufficio
Gestione risorse – Direzione Regionale          Gestione risorse – Direzione Regionale
Anna Gialli - Esperto in relazioni sindacali e sviluppo  Anna Gialli - Esperta in relazioni sindacali e sviluppo
risorse umane - Area di Staff al Direttore Regionale   risorse umane - Area di Staff al Direttore Regionale

   Utilizziamo il genere femminile quando l’incarico è svolto da una donna.
   Nel caso di sostantivi composti con “capo” (nel senso di “capo di qualcosa”) il femminile rimane in-
   variato, sia al singolare sia al plurale; cambia però l’articolo (es. la capo ufficio; le capo ufficio).


         L INVECE DI...                      ☺ È PREFERIBILE
La commissione è composta dai seguenti rappre-      La commissione è composta dalle seguenti rappre-
sentanti: (…)                       sentanti: (…)
• Maria Bianchi                      • Maria Bianchi
• Silvia Verdi                      • Silvia Verdi
• Anna Gialli                       • Anna Gialli
(…)                            (…)
Il presente provvedimento viene portato a conoscen-    Il presente provvedimento viene portato a conoscen-
za, tramite posta elettronica, degli interessati (…)   za, tramite posta elettronica, delle interessate (…)

   Il sostantivo “rappresentante” resta invariato nella forma femminile (epiceno). Possiamo esplicita-
   re il genere con la preposizione articolata “dalle”.


         L INVECE DI...                      ☺ È PREFERIBILE
Il geometra Maria Bianchi (…) è nominata Coordi-     La geometra Maria Bianchi (…) è nominata Coordi-
natore dell’accertamento (…)               natrice dell’accertamento (…)

   Nel testo originale solo il participio passato è accordato al femminile. Accordiamo al genere anche le
   cariche e i ruoli (geometra, coordinatore).




38
         Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




                       NOTA AGLI UFFICI


          L INVECE DI...                       ☺ È PREFERIBILE
In nessun caso il dipendente può allontanarsi dal-      In nessun caso il personale può allontanarsi dall’uf-
l’ufficio senza aver acquisito il consenso del proprio    ficio senza aver acquisito il consenso del/della re-
responsabile (…)                       sponsabile (...)
I direttori degli uffici territoriali vigileranno affinché  I direttori e le direttrici degli uffici territoriali vigile-
la presente disposizione venga osservata (…)         ranno affinché la presente disposizione venga os-
                               servata (…)

   Quando il testo fa riferimento a uomini e donne, al posto del maschile inclusivo possiamo usare:
   • il termine collettivo
   • lo sdoppiamento della forma (contratto o esteso)


         L INVECE DI...                        ☺ È PREFERIBILE
OGGETTO: Corso di aggiornamento per i Responsa-       OGGETTO: Corso di aggiornamento per “Responsa-
bili dei lavoratori per la sicurezza             bili dei lavoratori per la sicurezza”
Gentilissimi,                        Gentilissimi/e,
è in fase di avvio il corso (…) destinato ai colleghi    è in fase di avvio il corso (…) destinato ai colleghi e
della Direzione regionale e delle Direzioni provin-     alle colleghe della Direzione regionale e delle Dire-
ciali che svolgono il ruolo di Responsabili dei lavo-    zioni provinciali che svolgono il ruolo di “Responsa-
ratori per la sicurezza (…)                 bili dei lavoratori per la sicurezza” (…)
La docenza sarà affidata ai formatori Mario Rossi      La docenza sarà affidata al formatore Mario Rossi del-
(Dr xxx) e Maria Bianchi (Dp xxx).              la Dr xxx e alla formatrice Maria Bianchi della Dp xxx.

   Quando un testo riguarda uomini e donne, eliminare l’articolo e fare riferimento alla funzione è
   una soluzione per usare un linguaggio neutro.
   Nelle formule di esordio possiamo usare lo sdoppiamento contratto o esteso.
   Mettiamo tra virgolette l’espressione che non può essere modificata (in questo caso la denominazione
   del ruolo).
   Usiamo lo sdoppiamento della forma (in questo caso esteso).


         L INVECE DI...                        ☺ È PREFERIBILE
Direttori provinciali                    Direttrici/Direttori provinciali
E, per conoscenza,                      E, per conoscenza,
Direttori Uffici Provinciali Territorio           Direttrici/Direttori Uffici Provinciali Territorio
Ufficio Risorse Umane                    Ufficio Risorse Umane

   Quando il testo fa riferimento a uomini e donne, al posto del maschile inclusivo usiamo lo sdoppia-
   mento della forma (in questo caso esteso).




                                                            39
        Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




         L INVECE DI...                    ☺ È PREFERIBILE
Ulteriori informazioni potranno essere richieste ai  Ulteriori informazioni potranno essere richieste alle
referenti dell’ufficio per questa iniziativa: Maria  referenti dell’ufficio per questa iniziativa: Maria
Bianchi e Silvia Verdi.                Bianchi e Silvia Verdi.

   Il sostantivo “referente” resta invariato nella forma femminile (epiceno).
   Tuttavia possiamo rendere esplicito il genere con la preposizione articolata “alle”.




40
         Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




                         INTERPELLO


         L INVECE DI...                      ☺ È PREFERIBILE
       IL DIRETTORE REGIONALE                   IL DIRETTORE REGIONALE
           DISPONE                          DISPONE
L’avvio di una procedura d’interpello per inpiduare   L’avvio di una procedura d’interpello per inpiduare
tre dipendenti da assegnare ai seguenti uffici della    tre risorse da assegnare ai seguenti uffici della Dr
Dr (…)                           (…)

   Quando il testo fa riferimento a uomini e donne, al posto del maschile inclusivo possiamo usare un
   sostantivo impersonale.


         L INVECE DI...                      ☺ È PREFERIBILE
       IL DIRETTORE REGIONALE                   IL DIRETTORE REGIONALE
Rende noto che sono disponibili gli incarichi di re-    Rende noto che sono disponibili gli incarichi di re-
sponsabilità sotto riportati:               sponsabilità sotto riportati:
          Capo team xxx                       Capo team xxx
         Capo reparto xxx                      Capo reparto xxx
         Coordinatore xxx                    Coordinatore/trice xxx

   Mentre “capo team” e “capo reparto” sono termini che restano invariati al maschile e al femmi-
   nile, con riguardo al termine “coordinatore” possiamo ricorrere allo sdoppiamento (in questo
   caso contratto).


         L INVECE DI...                      ☺ È PREFERIBILE
(…) l’accesso alla selezione è rivolto a tutti i dipen-  (…) l’accesso alla selezione è rivolto a tutto il perso-
denti appartenenti all’ufficio per il quale ci si candi-  nale appartenente all’ufficio per il quale ci si candi-
da, con esclusione dei Capi area e capi team.       da, con esclusione di coloro che hanno un incarico
Il candidato deve possedere le seguenti conoscen-     di Capo area e capo team.
ze, competenze e attitudini (…)              Il candidato/la candidata deve possedere le seguen-
                              ti conoscenze, competenze e attitudini (…)

   Utilizziamo un termine collettivo nel primo caso; nel secondo caso il pronome relativo “coloro che”;
   nel terzo lo sdoppiamento.




                                                        41
         Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




         L INVECE DI...                     ☺ È PREFERIBILE
Gli interessati non devono avere situazioni di incom-   Le dipendenti e i dipendenti interessati (…)
patibilità (…)
Gli interessati manifestano la propria disponibilità (…)  Le persone interessate (…)
I dipendenti con contratto a tempo parziale (…)      Il personale con contratto a tempo parziale (…)
I dipendenti assenti dal servizio (…)           Coloro che sono assenti dal servizio (…)

   Quando il testo fa riferimento a uomini e donne, al posto del maschile inclusivo possiamo usare di-
   verse soluzioni:
   • sdoppiamento della forma
   • nomi collettivi o termini neutri
   • pronomi relativi


         L INVECE DI...                     ☺ È PREFERIBILE
Selezione dei candidati                  Selezione delle candidature

(…) il Direttore regionale provvede a inpiduare il    (…) il Direttore regionale provvede inpiduare il
funzionario idoneo a svolgere l’attività (…)        profilo idoneo (…)

Il dipendente selezionato è distaccato presso (…)     La persona selezionata è distaccata presso (…)


   La soluzione può essere di riformulare la frase utilizzando:
   • termini derivati (candidature)
   • astratti (profilo)
   • neutri (persona)




42
         Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




                         INTRANET


                           NEWS


         L INVECE DI...                      ☺ È PREFERIBILE
Si è tenuta una riunione (…) che ha coinvolto i co-    Si è tenuta una riunione (…) che ha coinvolto il per-
ordinatori delle (…) Aree di staff.            sonale che svolge un ruolo di coordinamento delle
Il confronto tra i partecipanti è stato molto proficuo.  (…) Aree di staff.
                              Il confronto è stato molto proficuo.
                              Si è tenuta una riunione (…) che ha coinvolto i co-
                              ordinatori e le coordinatrici delle (…) Aree di staff.
                              Il confronto è stato molto proficuo.

   Quando il testo fa riferimento a uomini e donne, al posto del maschile inclusivo possiamo usare il
   termine collettivo insieme alla funzione. In alternativa possiamo ricorrere allo sdoppiamento (in que-
   sto caso esteso).


         L INVECE DI...                      ☺ È PREFERIBILE
Chiarimenti sull’impegno dei dipendenti dell’Agen-     Chiarimenti sull’impegno del personale dell’Agenzia
zia presso i seggi elettorali e l’assenza per espleta-   presso i seggi elettorali e l’assenza per espletamen-
mento del voto (…)                     to del voto (…)
Il legislatore ha emanato a proposito la legge 69/92,   Il legislatore ha emanato a proposito la legge 69/92,
con cui viene sancito che “i lavoratori hanno diritto   con cui viene sancito che “i lavoratori hanno diritto
… a riposi compensativi (…)”                … a riposi compensativi (…)”
Per i dipendenti pubblici sono inoltre previsti per-    Sono inoltre previsti permessi retribuiti per le di-
messi retribuiti nel caso in cui il lavoratore (…) abbia  pendenti e i dipendenti pubblici che (…) hanno co-
costituito il rapporto di lavoro all’approssimarsi del-  stituito il rapporto di lavoro all’approssimarsi delle
le elezioni.                        elezioni.


   Quando il testo fa riferimento a uomini e donne, al posto del maschile inclusivo possiamo usare il
   termine collettivo.
   In questo caso il termine “lavoratori” non può essere sostituito poiché la norma va riportata senza
   modifiche.
   In questo caso possiamo usare la forma sdoppiata con la congiunzione “e”, e riformulare la frase con
   una relativa.




                                                        43
        Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




        L INVECE DI...                     ☺ È PREFERIBILE
Ne parliamo con Maria Bianchi, capo ufficio Assi-    Ne parliamo con la capo ufficio Assistenza, Maria
stenza (…)                       Bianchi (…)
                            oppure
                            Ne parliamo con Maria Bianchi, che è la responsa-
                            bile dell’ufficio Assistenza (…)


   Nel caso di sostantivi composti con “capo” (nel senso di “capo di qualcosa”) il femminile rimane in-
   variato.
   Per esplicitare il genere, nel caso di un testo riferito a una donna, può essere utile aggiungere l’arti-
   colo, eventualmente riformulando la frase.



                         TESTO


        L INVECE DI...                     ☺ È PREFERIBILE
      Il comitato di redazione                 Il comitato di redazione
      Maria Bianchi (redattore)                Maria Bianchi (redattrice)
       Silvia Verdi (redattore)                 Silvia Verdi (redattrice)

   Utilizziamo il genere femminile quando un determinato ruolo è svolto da una donna.




44
         BREVE VOCABOLARIO DI GENERE



  Riportiamo nella tabella seguente, a mero titolo esemplificativo, una serie di termini
spesso utilizzati nei nostri uffici, con la loro declinazione femminile.
   Nella terza colonna della tabella è indicata l’eventuale presenza di nomi collettivi o che
si riferiscono al servizio o alla carica, i quali consentono l’oscuramento, e quindi l’inclusione,
di entrambi generi. Si tratta di modalità espressive che, per indicare una pluralità di persone,
rappresentano un’alternativa all’uso del maschile inclusivo o sovraesteso.




     il capo ufficio          la capo ufficio
     i capi ufficio          le capo ufficio
     il capo area           la capo area
      i capi area           le capo area
     il capo reparto         la capo reparto
     i capi reparto         le capo reparto
     il capo team          la capo team
     i capi team           le capo team
   il capo dipartimento      la capo dipartimento
   i capi dipartimento       le capo dipartimento
    il collaboratore         la collaboratrice
     i collaboratori         le collaboratrici
     il dipendente          la dipendente
     i dipendenti          le dipendenti        il personale; le risorse
      il direttore          la direttrice
      i direttori           le direttrici          la direzione
      il dirigente          la dirigente
      i dirigenti           le dirigenti           la dirigenza


                                                 45
        Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




    il coordinatore           la coordinatrice
     i coordinatori           le coordinatrici          il coordinamento
     il funzionario           la funzionaria
     i funzionari            le funzionarie
   il funzionario delegato      la funzionaria delegata
   i funzionari delegati       le funzionarie delegate
      l’addetto              l’addetta
      gli addetti             le addette
      l’esperto              l’esperta
      gli esperti             le esperte
     il cartografo            la cartografa
     i cartografi            le cartografe
    il contribuente           la contribuente
     i contribuenti           le contribuenti             l’utenza
      il cittadino            la cittadina
      i cittadini             le cittadine            la cittadinanza
     il segretario            la segretaria
      i segretari            le segretarie            la segreteria
      il sostituto            la sostituta
      i sostituti             le sostitute
    il rappresentante          la rappresentante
    i rappresentanti          le rappresentanti          la rappresentanza
     il redattore            la redattrice
      i redattori             le redattrici            la redazione
     il referente            la referente
      i referenti             le referenti
     il responsabile           la responsabile
     i responsabili           le responsabili


46
     Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




          NOMI DI PROFESSIONI, CARICHE O TITOLI

 l’ambasciatore           l’ambasciatrice
   l’avvocato             l’avvocata
  l’architetto            l’architetta
  l’assessore             l’assessora
  il campione           la campionessa
   il chirurgo            la chirurga
il commercialista         la commercialista
 il commissario           la commissaria
  il consulente            la consulente
  il deputato             la deputata
  il difensore            la difensora
   il giudice             la giudice
  l’ingegnere             l’ingegnera
   l’ispettore            l’ispettrice
   il medico              la medica
   il ministro            la ministra
   il notaio             la notaia
 il parlamentare          la parlamentare
   il prefetto            la prefetta
  il presidente            la presidente            la presidenza
  il professore           la professoressa
  lo psicologo            la psicologa
il revisore contabile       la revisora contabile
  il ricercatore           la ricercatrice
  il senatore             la senatrice
   il sindaco             la sindaca
   il tecnico             la tecnica


                                              47
                   BIBLIOGRAFIA




Agenzia delle Entrate (in collaborazione con il Dipartimento di Studi italianistici dell’Univer-
  sità di Pisa), Manuale di scrittura amministrativa, 2003
Città di Torino, Linee Guida per un utilizzo non discriminatorio del linguaggio in base al genere
  nell’attività amministrativa, 2017
Consiglio regionale del Piemonte, Linee guida del Consiglio regionale del Piemonte per l’uso
  del linguaggio di genere, 2016
Fioritto A., Manuale di stile. Strumenti per semplificare il linguaggio delle amministrazioni
  pubbliche, Il Mulino, Bologna, 1997
Gheno V., Femminili singolari - Il femminismo è nelle parole, Effequ Editore, 2019
Giusti G. a cura di, Nominare per esistere: nomi e cognomi. Atti del primo convegno Lingua
  e Identità di Genere, Venezia, Auditorium S. Margherita 19 settembre, 2011
Giusti G., Linguaggio, identità di genere e lingua italiana, corso MOOC Università Ca’ Foscari, 2019
Istituto di teoria e tecniche dell’informazione giuridica del CNR - Accademia della Crusca,
   Guida alla redazione degli atti amministrativi - Regole e suggerimenti, Firenze, 2011
La Repubblica, Ecco la ‘vocabolaria’ Zingarelli promuove l’ingegnera e l’avvocata, in
  https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1994/07/14/ecco-la-
  vocabolaria-zingarelli-promuove.html
Manera M., Linguaggio e genere. Per un uso corretto della lingua italiana, Laboratorio Studi
 di Genere 2018/2019 (Cirsde/Università di Torino), Torino, 7 marzo 2019, in
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Marazzini C., Il sindaco, la sindaca e la capra di Vittorio Sgarbi, in https://www.famigliacristiana.it/
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                                                  49
        Linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere




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  lenza dell’italiano istituzionale (REI), 29 novembre 2010, Commissione europea - Rap-
  presentanza in Italia, Roma, 2012
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  pro tempore del Comitato per la legislazione della Camera dei deputati, Camera dei De-
  putati, Roma, 2012
Robustelli C., Infermiera sì, ingegnera no?, in https://accademiadellacrusca.it, 2013
Robustelli C., Donne, grammatica e media. Suggerimenti per l’uso dell’italiano, Gi.U.Li.A.
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Robustelli C., Sindaco e sindaca. Il linguaggio di genere, Gruppo editoriale L’Espresso-Acca-
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  domande_e_risposte/grammatica/grammatica_001.html, 2020
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Sabatini F., La comunicazione e gli usi della lingua, Loesher Editore, 1990
Sapegno M. S., Che genere di lingua? Sessismo e potere discriminatorio delle parole, Carocci
  Editore, 2010
Università degli studi di Torino, AA.VV., Un approccio di genere al linguaggio amministrativo,
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Università degli studi di Padova, Generi e linguaggi. Linee guida per un linguaggio ammini-
  strativo e istituzionale attento alle differenze di genere, 2017




50
Roma, dicembre 2020




(Aggiornamento maggio 2022)