Rete dei beni Comuni_17 settembre 2021

Reciprocità e responsabilità dei legami di cura come bene comune
        Rete dei beni Comuni, 17 settembre 2021

di Francesca Lazzari ( * )


La dimensione delle differenze si propone, nella complessità della realtà contemporanea, quale area
semantica in cui singoli e singole si percepiscono e si rapportano “disegnando” i percorsi delle
proprie soggettività.
L’identità non è statica, ma performativa: richiede negoziazione, riconoscimento, impegno. Si tratta
di recuperare l’attenzione ai modi di designarla discorsivamente, utilizzando strumenti che non
separino le forme del discorso dalle forme dell’azione per costruire la possibilità di conquistare la
dimensione valoriale della pluralità e della differenza.
Le differenza di genere, etnia, generazione, censo, culturale richiedono reciprocità piuttosto che
ambigue forme di tolleranza, che più o meno consapevolmente tendono all'assimilazione (tollerare
dal latino: portare, supportare, stare sotto e sostenere il peso, l'avversità... la persità di qualcosa ).
La tolleranza viaggia solo in una direzione: e' relazione asimmetrica, è categoria utilizzata per
interpretare il rapporto con l'altro/a come perso/a senza la pretesa di renderlo/a simile,
lasciandolo/a essere ciò che vuole e riconoscendo la legittimità della sua differenza.
La tolleranza e' anche forma passiva, inerte nel rapporto con gli altri/e, permette di "coabitare", non
di comunicare, se l'altro/a è tollerato/a, molto di ciò che rappresenta viene dimenticato, perduto.
Quindi contiene in sè un profondo limite: solo chi è può tollerare, solo chi ha una norma in sè, può
tollerare l'anormalità, la differenza. Solo una soggettività forte in una relazione non simmetrica è
capace di tollerare.
L'altro/a e' solo il lato passivo del valore, mai soggetto, ma solo oggetto di tolleranza.
Pensare nella forma della tolleranza il rapporto con l'altro/a significa rimuovere la sua differenza,
farne un problema suo, che si risolve nel lasciarlo/a, essere perso/a.
Le differenze   nella forma della tolleranza    escludono la reciprocità   in quanto "pensano la
differenza nella forma dell'indifferenza".
Solo la reciprocità del riconoscimento dà significato ai sentimenti, alle intenzioni e alle azioni del
Sé e permette di verificare l'efficacia del proprio agire e della propria creatività. Si richiede la
presenza e la relazione con un altro/a, riconosciuto/a      come pienamente significante. Nella
tolleranza la relazione è unilaterale, univoca: da A verso B che è nel bisogno. Nella reciprocità la
relazione è bidirezionale: dal soggetto A, che è nel bisogno, al soggetto B, che è nel bisogno, ma il
rapporto è tale per cui anche la relazione risponde a bisogni differenti. La reciprocità, tende ad
unire.

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Alla base dei rapporti tra persone differenti coabitano concetti come tempo e reciprocità. Dare e
ricevere, scambiare, non solo mediante il sistema economico del mercato, ma animati dallo spirito
della reciprocità e della relazione. Relazioni reciproche introducono il problema della concezione
che si ha del tempo reale, quello vissuto con gli altri, quello che si concentra nel presente in quanto
punto di partenza della memoria. Nella reciprocità, il pensiero cerca di ri-memorizzare il fatto
vissuto con l'altro/a: l'immagine, l'immaginazione, il simbolico emergono nella relazione che vive il
tempo come legame e non come misura, come tempo soggettivo, emotivo, come ritmo personale e
comunitario, come tempo di scelta e conpisione, come costruzione sociale, subordinata ieri ai
ritmi della fabbrica fordista, oggi ai lavori postfordisti, disseminati, frammntati con strutture orarie
flessibili. Se non viene considerata la presenza nella comunità con la lente della specificità di
ciascuno, che tanto condiziona la percezione e l’uso del tempo, la valorizzazione della differenza
rimane formale, enunciata, appiattita sulla retorica.
Le relazioni di cura sono relazionali, empatiche, costitutivamente aperte all’alterità, ma spesso
vengono identificate con la sfera intima e privata e bandite dalla sfera sociale e pubblica che è
l’ambito dell’interesse e delle passioni acquisitive, della competizione e anche della rivalità.
Da un lato, si configurano dunque le passioni egoistiche che sfociano, in età postmoderna, nella
crisi del legame sociale e nella perdita di comunità; dall’altro, i sentimenti altruistici che tendono
alla relazione e alla connessione, alla communitas, ma a costo del sacrificio di sé.
Il problema consiste allora nel chiedersi se sia possibile superare questa opposizione
egoismo/altruismo, che si raddoppia in quella maschile/ femminile, pubblico/privato, ricco/povero,
incluso/escluso...
A questo proposito appare interessante riappropriarsi dell’ “etica della cura” intesa come tendenza
alla connessione e alla relazione integrata però attraverso il momento dell’autonomia e dei diritti
inpiduali: si passa dalla categoria della cura, quale dimensione e modalità puramente privata, alla
categoria della responsabilità    dellacura sociale che piene nuova modalità di relazione e
paradigma universale esteso alla sfera pubblica e sociale.
Il concetto di responsabilità della cura sociale consente, infatti, di tenere uniti, in modo ambivalente,
i due aspetti irrinunciabili: della inpidualità e dell’apertura all’alterità.
La responsabilità rimanda da un lato alla unicità, alla insostituibilità dell’inpiduo (nessuno può
sostituirmi nel mio agire responsabile; io sono chiamato alla responsabilità e nessuno può essere
responsabile al mio posto e, dall’altro, alla sua capacità di rapportarsi all’altro inteso non più solo
come mezzo, ma come fine, come soggetto di una tensione relazionale.
Solo il carattere di reciprocità sottrae la responsabilità sociale ad una visione meramente altruistica
senza ridisegnarla con la lente della simmetria, dell’ equivalenza e dello scambio paritetico.


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In questo senso si può pensare alla responsabilità come bene comune che ci consente di elaborare
una forma persa – né egoista, né altruista – di legame sociale, di relazione, per coniugare
entrambi gli aspetti, apparentemente opposti e contrastanti, di gratuità e di libertà del sè, di
reciprocità e autonomia, di generosità e interesse.
Si agisce responsabilmente non per puro altruismo né per ricevere qualcosa in cambio, ma per
ristabilire un legame e si riconosce nell’altro/a una parte costitutiva della propria identità sociale.
Si dona dunque non per un atto di pura generosità verso l’altro debole e svantaggiato, ma perché si
riconosce la propria stessa vulnerabiltà, dipendenza, mancanza. Così facendo si crea e si ricrea
costantemente un circuito di reciprocità in un ciclo interminabile e sempre aperto. Reciprocità
come espressione di una scelta autonoma che scaturisce da un autentico desiderio (o passione); vale
a dire da una fedeltà a se stessi che si manifesta nel riconoscimento della propria dipendenza
ineludibile dall’altro/a, nel bisogno di appartenenza e di legame.
In questa chiave, la cura presenta inedite potenzialità per la costruzione o rifondazione del legame
sociale. La relazione di cura viene reinterpretata come strumento attivo di ridefinizione di sé in
quanto soggetto con competenza relazionale e ospitale in ogni ambito, privato e pubblico. Il privato
e il pubblico si intrecciano nella loro capacità di multipresenza nella relazione e nel sociale. La
reciprocità letta attraverso la dimensione sociale della cura assume il significato di «responsabilità
dei legami».  Si evidenziano l’etica del fare, la contestualità dell’agire per la costruzione della
convivenza sociale. Sempre più la complessità ci suggerisce che si dovranno formalizzare e
connettere differenze, esperienze, linguaggi, tradizioni, approcci, punti di vista al fine di includere
le proprie molteplici identità con quelle, perse, che si incontreranno.


(*) Dopo una lunga esperienza professionale, maturata nel campo della docenza, della formazione
socio-economica, pedagogica, di genere, è formatrice e consulente. Ha un PhD in Scienze della
Cognizione e della Formazione e un Master in Ricerca, Dida ca e Counseling forma vo e
numerose pubblicazioni scien fiche in Italia e all’estero.
Tra le esperienze sociali e civiche ricordiamo: l’impegno amministra vo come Assessore nel
Comune di Vicenza, la partecipazione a perse Is tuzioni culturali e all’ associazionismo del
privato sociale. Fa parte del Consiglio di amministrazione della Fondazione Studi Universitari di
Vicenza. E’ Consigliera di Parità per la Provincia di Vicenza.




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