30 agosto 2021_Parco delle Fornaci_intervento Lazzari

“Come stanno insieme politica, questioni di genere, affettività e cura? Non
benissimo.” 30 agosto 2021 – Fornaci rosse H.20.30 - (Francesca Lazzari)
1. Livia Turco in un intervento alla Fondazione Feltrinelli nel 2018 spiega come secondo lei uno dei
contributi delle donne in politica fosse stato quello di aver tenuto vicina la vita quotidiana e la politica
stessa, è un po' il discorso della base che si faceva qualche anno fa. Secondo voi la distanza del
mondo politico/istituzionale o comunque della rappresentanza dalla vita e dalle esigenze delle
persone nella vita "vera" è ancora un punto centrale di cambiamento e come può essere affrontato?

Credo che la distanza tra rappresentanza e vita concreta blocchi qualsiasi evoluzione
del quadro politico. La politica soprattutto in questi anni ha mirato a confezionare
scenari di potere di periferia, bloccando le richieste di rinnovamento profondo e
mantenendo alta l’esclusione di nuove forze, ad esempio di quella giovanile e
femminile.

Si dovrebbero disinnescare quei meccanismi ben noti che troppo spesso sono volti
1. essenzialmente a riprodurre il ceto politico e la classe dirigente esistente
2. a ricondurre ogni tentativo profondo di cambiamento in schemi collaudati e
rassicuranti all’interno di un contesto politico e amministrativo solo apparentemente
perso, ma di fatto largamente immutato, soprattutto nel metodo.
Un metodo che, tra l’altro, rischia di essere controproducente perché privilegia il
dialogo con chi è abituato a frequentare le istituzioni per far progredire solo i propri
interessi o progetti personali, ma non trasmette, né rispetto né autorevolezza.
Soprattutto, non permette di innescare quel circolo virtuoso tra pubblico e realtà
sociale che genera vera conpisione, efficienza e affidabilità nelle istituzioni e nelle
finalità collettive.
Le logiche di sempre, penalizzano donne e giovani. Purtroppo gli opportunismi di
molti rendono il quadro politico ambiguo e inerte. I meccanismi ormai standardizzati
di “collocazione” prevalgono e il nuovo che avanza spesso nasce già vecchio.
Bisogna favorire il ricambio, generazionale e di genere. La politica non si cambia solo
con il duro lavoro quotidiano, ma con un diffuso, coraggioso impegno civile contro i
radicati schemi di autoriproduzione degli interessi. C’è necessità di persone che
impegnino tempo, esperienza, passione, competenza e credibilità per contribuire a far
decollare una nuova stagione politica.
Eppure sono proprio le istituzioni e le dinamiche globali (politiche, finanziarie,
economiche) che determinano sempre più la vita e lo sviluppo dei territori.
Credo perciò che compito primario della politica sia far crescere un nuovo senso di
appartenenza fondato su identità e riferimenti plurali. Cogliere questa sfida, tra
l'altro, consentirebbe di rilanciare il ruolo della politica stessa, restituendole quella
credibilità che i cittadini per primi, nella loro disaffezione, le chiedono.
2. I movimenti delle questioni di genere, LGBTQ+ e il mondo del lavoro sono due contesti di
grande movimento ma che rischiano di viaggiare paralleli senza intrecciarsi. A partire dal PNRR
per come è stato presentato quali criticità avete inpiduato e come pensate si possano
integrare e avvicinare queste due battaglie reciprocamente?

Non posso dirmi complessivamente soddisfatta delle misure e degli investimenti
contenuti nel Piano. Valuto positivamente l’introduzione della Valutazione di Impatto
di Genere, la previsione dei principi di gender procurement negli appalti e le clausole
per condizionare l’ammontare complessivo degli investimenti del Piano all’occupazione
femminile e giovanile, alcune riforme e investimenti in imprese e sanità ma non posso
estendere la medesima valutazione positiva per i fondi previsti per gli asili nido – che al
massimo riusciranno a garantire 1 posto su 3 - e le strutture per l’infanzia, così come per gli
investimenti a favore dell’imprenditoria femminile.
Ma Soprattutto non c’è una lettura unificante che evidenzi un cambio di passo.
Emerge, persino nel linguaggio, un conservatorismo culturale, una continuità con il
senso comune degli ultimi trenta anni… ( si confondono le politiche per la famiglia con
le politiche di genere). E’ poco coraggioso con il rischio di non cogliere un’opportunità
unica di cambiamento e di ribaltamento culturale che consentirebbe con maggior
forza di aggredire alla radice i fattori determinanti delle disuguaglianze che già prima
della crisi impepa al Paese di crescere e alimentava povertà diffuse:
- NON affronta gli ostacoli di accesso ai saperi uno dei limiti fondamentali del ns Paese
(per l’infanzia, l’adolescenza, i giovani di seconda generazione, le donne, le energie micro-
imprenditoriali e creative, etc.); sulla ricerca si potrebbero prevedere Azioni + specifiche
per combattere gli stereotipi sulle materie stem e non solo, superando la segregazione
formativa di genere, di etnia e di classe sociale
- non imposta un sistematico riequilibrio a favore del lavoro, per le categorie fragili,
più esposte al precariato e alla disoccupazione: giovani, donne , seconde generazioni
(esistono cenni, ma non risultano tali da garantire il passaggio dalle intenzioni ai fatti):
manca una decisa attenzione alla qualità del lavoro e dei posti che si creeranno con le
nuove misure ( c’è solo un breve accenno in premessa alla missione sulla coesione
sociale...) In un Paese dove il lavoro delle donne e dei giovani è maggiormente precario,
aleatorio, con contratti intermittenti, di somministrazione e dove il sommerso è molto più
alto per le donne e i giovani e nei lavori di cura domiciliare, dove i numeri di infortuni e
morti di lavoro sono significativi, a mio avviso, si rinuncia e ridurre lo squilibrio. Si dà per
scontato che il lavoro di cura, assistenza, pulizia, ristorazione, turismo e cultura debba
rimanere fortemente femminilizzato, poco si fa per mutare le condizioni di segregazione
occupazionale di genere, di etnia, di classe sociale nel MdL.
- non mette al centro la costruzione di un Welfare sociale alimentato da una prospettiva
di genere che favorisca una democratizzazione dei modelli di governance delle imprese
e delle relazioni industriali, garantendo la partecipazione strategica dei lavoratori e delle
lavoratrici , una rete di servizi efficace e più estesa ( vedi missioni 5 e 6, voci legate a
sanità, sociale e assistenza) potrebbe ridurre il carico del lavoro di cura delle donne, ma non
influisce sulle politiche di CONDIVISIONE ( sottolineo il termine), non si affronta il tema
della conciliazione che in Italia è autoconciliazione ( basta vedere i dati sui congedi
parentali, i part-time involontari, l’abbandono del lavoro alla nascita del secondo figlio, i
congedi durante la dad...ecc.) e non distribuzione equa dei carichi di lavoro di cura tra
partner familiari… Manca una chiara prospettiva, un cambio di passo sociale e
culturale: le politiche devono essere genitoriali, universali, assunte come responsabilità
sociale
- Non adatta l’azione a misura delle perse configurazioni della marginalizzazione
territoriale che indirizzi il green deal e la lotta al cambiamento climatico come terreno
privilegiato per costruire una nuova giustizia sociale.

Credo che per avvicinare le battaglie tra movimenti sul Genere e sulla qualità del lavoro,
oggi più che mai, è necessario rendere dinamico e interattivo il rapporto tra
dimensione locale e dimensione globale: nell'attuale società civile la rete di relazioni
all'interno delle città, tra cittadini, associazioni, istituzioni è rete di senso e significato,
è condizione di qualità della vita, dove dovrebbe predominare non il consumo, ma la
valorizzazione delle risorse umane, sociali e culturali, artistiche, architettoniche ed
ambientali, non la disgregazione bensì l’incontro e il confronto che fondano identità.
3. Se i consultori sono stati una battaglia centrale a partire dalla conquista della legge 194 e questa
battaglia ha avuto una funzione di richiamo per i movimenti femministi, credete che oggi possano
ancora avere un ruolo chiave nel cambiamento anche della presa sociale che questi luoghi avevano
e che invece il tempo ha svuotato in senso anche letterale nelle città

Credo che debbano avere un ruolo: i bisogni che abbiamo di fronte richiedono scelte
chiare e coraggiose nel breve e medio periodo e richiedano un apporto più forte alle
Comunità locali. Salute e sistema sanitario non sono la stessa cosa. La cura è anchen
uno stato mentale, un processo, credo sia non più rinviabile progettare e investire
risorse sulle relazioni di cura, è dal prendersi cura che inizia la nostra umanità.
SI torni ad investire, dopo anni di poca attenzione, su Prevenzione e sulla Cura di
comunità. Su chi controlla acqua, aria, alimenti, lavoro e la sua sicurezza (oggi, in
media, solo il 4% del Fondo Sanitario va a questo). Su chi si prende in carico le
persone. E’ URGENTE INVESTIRE SUL CAPITALE umano. Le 1228 Case di
Comunità previste dal PNRR per la medicina territoriale devono essere una opportunità per
ridisegnare il welfare locale… speriamo
Bisogna rinforzare I cross over culturali, ovvero le relazioni sistematiche e sistemiche
tra mondi fino ad oggi debolmente interconnessi come Cultura e Salute, Generi e
salute. I Consultori potrebbero facilitare questi processi e essere considerati spazi
prioritari per politiche sanitarie, sociali, civili, ambientali e welfare pubblico di
comunità. C’è bisogno di consultori dove le relazioni di cura siano empatiche,
costitutivamente aperte all’alterità, che contrastino la crisi del legame sociale e la perdita di
comunità.
A questo proposito credo ci si debba riappropriare e rieducare all’ “etica della cura” intesa
come relazione integrata, non solo come dimensione e modalità puramente privata, ma
come responsabilità sociale per tenere uniti due aspetti irrinunciabili: l’ inpidualità e
l’apertura all’alterità alla persità.
In questo senso si può pensare alla responsabilità come bene comune, legame sociale di
relazione, per coniugare gli aspetti, apparentemente opposti e contrastanti, di gratuità e di
libertà del sè, di reciprocità e autonomia, di generosità e interesse. Sempre più la
complessità ci suggerisce che si dovranno connettere differenze, esperienze, linguaggi,
tradizioni, approcci, punti di vista al fine di includere le proprie molteplici identità con
quelle, perse, che si incontreranno.
La carenza di relazioni e di legami sociali contribuisce all’esclusione sociale, alimenta le
povertà intese non solo come ristrettezza dei beni materiali, ma come situazione generale
di debolezza, di dipendenza. Significa vivere in uno stato di umiliazione, di emarginazione
da ogni partecipazione attiva alla vita pubblica e alla considerazione sociale.
La sfida è coniugare politiche più efficaci, altamente capacitanti, creando processi
generativi virtuosi tali per cui il welfare non rappresenti più solo un costo per il territorio,
l’economia e la società nel suo insieme, ma l’opportunità per ridisegnare il futuro.
Ecco mi piacerebbe che i Consultori territoriali offrissero l’opportunità per la costruzione
o rifondazione del legame sociale.
4. Molti gruppi di giovani ragazze e ragazzi che si interessano di questioni di genere oggi ai
scontrano con una forte crisi identitaria e soprattutto con una quasi totale assenza di riferimenti
politici. Questo è dovuto principalmente al fatto che, per esempio, la partecipazione femminile
all’interno del mondo politico è spesso svalutata, umiliata e ridotta alla sua sessualizzazione. Per
quanto progressisti si sia, una battuta la si fa. Per noi quindi poter dialogare oggi con voi è una
grande occasione. Che cosa vi ha permesso di essere donne credibili all’interno di
un’organizzazione prevalentemente maschile? E come vi siete sentite?

I molti nodi della mancata partecipazione delle giovani generazioni si intrecciano: crisi
generale della politica, il mancato radicamento delle idee espresse dal neo-
femminismo, scarsa resistenza ad una organizzazione della politica segnatamente
maschile, scarsa presenza di movimenti attivi nei territori... Secondo studi recenti, la
mancata partecipazione a reti informali costituisce per le donne e i giovani un freno
oggettivo all’accesso a posti di responsabilità, dato che reti e cooptazione sono le più
importanti modalità di reclutamento anche in politica.
La rappresentazione sociale che associa i posti di responsabilità al modello maschile e
gli stereotipi sulla mancanza di autorevolezza delle donne nella direzione politica,
costituiscono un limite.
-Ma è un problema anche l’ambiguità dell’opinione pubblica. Si sente spesso decantare il
valore aggiunto che le donne apporterebbero alla politica, con la motivazione che sono più
brave, si prendono più cura delle relazioni, sono meno conflittuali, meno corrotte, più
orizzontali nell’esercizio del potere. Al momento di votare, però, questa enfasi non si
traduce in voti. Le donne vengono infatti screditate e attaccate sia se mettono in evidenza la
famiglia, i figli e se sono femminili nel modo di vestire, sia se rispecchiano un modello più
dirigist, maschile. I media e i social parlano delle donne politiche enfatizzando soprattutto
la loro vita privata, cosa che accade raramente per gli uomini si dovrebbe, invece, dare più
spazio al contributo delle donne nel merito delle competenze e delle concrete proposte
politiche.
-Ancora, un fattore di esclusione riguarda l’ inerzia normativa e comportamentale nel
senso che, pure quando ci sono norme introdotte per rinforzate e per garantire la
parità, i comportamenti tendono a ricreare lo status quo: le norme vengono ostacolate o
aggirate deliberatamente ( quote, costruzionen delle liste con presenza alternata di genere,
ricandidature, ecc).
-Da un altro punto di vista, parte del movimento delle donne non considerava la politica
istituzionale un’arena adeguata per esprimere la soggettività politica delle donne e questo ha
tenuto lontano dalle istituzioni una generazione di donne molto attiva e temi esssenziali per
una visione di genere in politica.
-Ancora, un fattore di esclusione importante è quello rappresentato da nodi biografici e
dalle persità curriculari che caratterizzano l’esperienza delle donne. Le donne si
confrontano con un set di dilemmi esistenziali più profondi, seguono percorsi insieme più
ricchi e più difficili, meno diretti. Questo in politica le danneggia molto, perché
l’interruzione o il rallenamento per maternità o assistenza di figli o persone disabili...
rende spesso più difficile il raggiungimento di obiettivi importanti. Questo problema è
legato a quello delle risorse: più si hanno risorse economiche per gestire le proprie esigenze
di vita, senza interrompere l’attività politica, meno questo fattore pesa. E questo discriina
in base alla classe sociale oltre che al genere, le donne con impegni di cura.
-Un altro elemento che pesa sulle biografie e sulle carriere politiche riguarda anche il
versante interiore del problema, legato al senso di colpa, al senso di responsabilità e
del dovere nei confronti delle relazioni di cura.
Si entra in politica con delle idee e poi ci si scontra con una realtà fatta di meccanismi
burocratici, fedeltà di partito, conflitti che impediscono la realizzazione del programma. Le
lobby femminili trasversali sono deboli, tendono a prevalere le logiche di partito e di
schieramento.
La donna politica è descritta come ambiziosa, autoritaria, aggressiva, amante del potere,
coraggiosa e ambiziosa, competente, tenace, pragmatica… gli studi hanno dimostrato che
questi caratteri sono percepiti come negativi se attribuiti a una donna, come positivi se
attribuite a un uomo. E’ la teoria del backlash (shok di ritorno), di cui numerosi lavori
hanno mostrato la pertinenza quando si deve scegliere un leader tra differenti caratteri le
ambiziose sono rifiutate, mentre gli ambiziosi sono scelti in maniera plebiscitaria. Siamo di
fronte a una “trappola di vetro”, una costruzione sottile, fatta di pregiudizi e rinforzata dalle
difese che le donne stesse adottano per proteggersi... sono le prime a livello scolastico e
culturale, ma restano ancora le ultime dove si esercita il potere.
- L’età…. gli uomini politici, pengono più autorevoli, più credibili, più affascinanti con
l'ingrigirsi dei capelli, veri capi branco, Un uomo politico anziano viene considerato
decisivo, autorevole, serio, saggio ed esperto. Non mollano mai…. Il cambio generazionale
è una necessità per innovare i metodi.
Di fronte a tanta stupidità ipersessista, pur se per la cultura popolare è ossessionata
dall'apparenza, contano più gli stereotipi delle idee, del carattere e dei programmi (si
sprecano modalità di definizioni “maschili” che molte donne autorevoli - Segolene,
Hillary, Merkel, Tatcher, Bindi - solo per citarne qualcuna, subiscono es. ha le palle, è
brava come un uomo, è dirigista, ecc, ecc, è una lady di ferro…, è una donna di
potere… ) questi pregiudizi offendono dolorosamente.

Come ho vissuto la politica negli anni incui ho amministrato la città? Mi sono difesa
cercando TEMPO e SPAZIO per la mia piena possibilità di espressione con tutto ciò
che essa comportava, intelligenza, affettività, desideri, potenzialità di autonomia e
creatività… per me è stato essenziale mantenere l'equilibrio della mia identità
soggettiva. Nelle esperienze amministrative, ho sempre cercato, non senza fatica, di
mantenere attivo il pensiero CREATIVO, di connettere il mio mondo interno e il
mondo esterno, consentendo la continua espansione, crescita di me stessa come donna
e come persona. Ho fatto fronte alle difficoltà cercando sempre di riflettere con
approfondimento e onestà intellettuale su dove ero nella mia storia personale, ho
saputo riconsiderare il lavoro, il tempo libero, le relazioni, l’apprendimendo e le
competenze, gli aspetti economico-finanziari, l’esperienza politica se lo ritenevo
necessario. La mia bussola è stata la disponibilità ad una revisione dei miei obiettivi,
a prendere coscienza delle mie capacità, a valorizzare l’esperienza, a bilanciare il
rapporto risorse/tempo, a rinforzare l’autostima per costruire un modo pieno e
coerente di vivere l’esperienza civica, politica e personale.
La mia esperienza non è stata segnata dalla partecipazione organica a partiti o ad
altre organizzazioni, sono stata amministratice per 9 anni, e ho sempre avuto un ruolo
“tecnico”, certo vicino ad un’area culturale e politica ben precisa, riconoscibile, ma
non ero strutturata … questo è stato un punto di forza perché mi ha concesso una
certa libertà di azione e di posizioni, ma anche di debolezza perché nelle dinamiche
politiche locali alla fine si è lasciati soli, al massimo con una pacca sulla spalla E UN
BRAVA….
Questo atteggiamento non mi ha fatto fare carriera politica… ma ho imparato così a
essere consapevole di tutto ciò che è importante per valutare la qualità e le
responsabilità della mia vita.