Intervento_Stem Passion 2022

Francesca Lazzari – 20.04.22 -Stem Passion

E’ noto come il crescente protagonismo delle donne nei persi ambiti economici, politici,
sociali e culturali della nostra società derivi in gran parte dal generale innalzamento del loro
livello d’istruzione. L’istruzione elevata e la formazione universitaria costituiscono, infatti,
le variabili che hanno inciso maggiormente nella propensione femminile al lavoro, rendendo
possibili processi di trasformazione sociale legati soprattutto all’affacciarsi, sempre più
consistente, di personale femminile altamente qualificato sul mercato del lavoro e in ambiti
professionali tradizionalmente maschili. La formazione è cruciale nel progetto di vita delle
giovani donne, fornisce una possibilità in più di avere accesso al lavoro qualificato.
Per le donne si ha una caduta del tasso di occupazione dopo l’età matrimoniale o dopo la
nascita del primo figlio, tanto più pronunciata quanto più basso è il titolo di studio
conseguito. Con il progredire dell’età le possibilità di avanzare nella carriera sono minori.
Nella stessa classe di età le donne dirigenti sono in complesso meno dei maschi. La
continuità professionale e il livello di studio delle donne sembrano essere dati correlati, per
cui si può dedurre che lo sviluppo della scolarità femminile funzioni da meccanismo
equilibratore tra i generi in termini di opportunità e di carriera. L’elevata scolarità favorisce
dunque una maggior propensione e continuità lavorativa alle donne e una minor esposizione
ai condizionamenti del ciclo familiare, ma lo squilibrio di opportunità in base al genere
continua a penalizzare la componente femminile anche a parità di capitale di istruzione. La
difficoltà a trovare un lavoro, specie di grado e qualità adeguati al livello di istruzione e
competenze raggiunte, in mancanza degli strumenti interpretativi adatti, si trasforma spesso
per le giovani donne in sconfitta personale e ripiego verso un lavoro insoddisfacente. Le
giovani donne del nostro paese si trovano, per così dire, catapultate in una realtà
profondamente diseguale, quella del lavoro e delle organizzazioni, che né la scuola né
l’università hanno fatto loro conoscere, in nome di una parità apparente.
L’uguaglianza di genere è un obiettivo cardine sia dell’Agenda 2030 sullo sviluppo
sostenibile sia del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Osservando il mondo del lavoro,
l’Italia è lontana dal raggiungere questo traguardo. Il tasso di partecipazione femminile è
14,3 punti inferiore rispetto alla media europea (53,1 contro 67,4 per cento). Per quanto
riguarda i tassi di occupazione la differenza è del 18,5 per cento (48,9 contro 67,4 per cento)
nella fascia 15-64 anni. Eppure, il livello di istruzione femminile è sensibilmente più elevato
di quello maschile.

I dati del 2021 dell’ Osservatorio dell’ Università cattolica sulle Differenze di genere negli
studi e all’entrata nel mondo del lavoro evidenziano ancora una presenza femminile a
livelli costantemente superiori di quella maschile che supera di circa10 punti percentuali
quella maschile.
Altra considerazione riguarda la misura del successo finale degli studi, espressa dal voto
medio di laurea. Le donne conseguono una votazione finale costantemente superiore a
quella degli uomini di circa tre punti. Le performance universitarie delle ragazze sono
migliori rispetto a quelle degli studenti maschi sia quantitativamente sia qualitativamente
(fonte Almalaurea ). L’incidenza delle laureate è del 23,7 per cento per l’intera popolazione,
mentre scende al 17,2 per cento per gli uomini. Infatti, ogni anno, il numero di laureate è
superiore rispetto a quello dei laureati (170.695 contro 129.077 nel 2020), i quali hanno
maggiore probabilità di terminare gli studi fuori corso (45 per cento dei casi contro il 40 per
cento delle ragazze). Le studentesse si laureano con voti più alti (105 su 110 contro 102 su
110 per i maschi) e aderiscono in maggior proporzione a tirocini curriculari o lavori
riconosciuti dal corso di laurea.
Le performance e la composizione degli studenti variano a seconda dell’ambito disciplinare
scelto. Le giovani donne sono prevalentemente concentrate in alcune discipline, le scelte
formative restano differenti : le laureate ai corsi triennali tendono a concentrarsi nei corsi
disciplinari di educazione e formazione, letterario-umanistico, linguistico e psicologico,
politico-sociale, giuridico. I laureati invece prediligono ambiti quali informatica e
tecnologie ITC, ingegneria e scienze motorie e sportive, in generale le materie STEM.
Simili proporzioni si osservano per i laureati magistrali. Il campo medico-scientifico
(medico, chimico-farmaceutico, geo-biologico) ha visto un progressivo interesse da parte
delle studentesse. Facoltà come agraria, ingegneria, statistica, economia, pur con un
incremento di iscrizioni femminili significativo, restano ancora di ambito prevalentemente
maschile.
Le differenze di genere nella partecipazione agli studi universitari sono più marcate nelle
discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics): tra le iscritte
all’università solamente il 18 per cento frequenta un corso di laurea in queste aree, contro il
61 per cento degli uomini.
La quota degli uomini laureati in STEM sfiora il 37 per cento, contro il 17 per cento per le
donne. L’incidenza di lauree STEM tra le donne italiane tra i 25 e il 34 anni è inferiore
rispetto a quella degli altri grandi paesi dell’Unione Europea.
Le differenti performance rispetto alle materie STEM emergono anche dai test INVALSI.
Nelle materie letterarie, le ragazze ottengono in media punteggi migliori dei ragazzi. Questa
forbice è più ampia nella scuola primaria e in quella secondaria di primo grado e tende a
ridursi durante la scuola secondaria di secondo grado. In matematica i ragazzi hanno
performance migliori con un pario che tende ad ampliarsi mano a mano che gli studenti
proseguono negli studi.

In sintesi: le ricerche ci dicono che all’università le ragazze sono di più dei loro compagni
maschi; che nelle facoltà scientifiche, sebbene numericamente inferiori, si laureano prima e
con voti migliori…L’analisi di indicatori più puntuali mette in luce una maggiore tendenza
delle giovani a frequentare e spesso a concludere con maggior successo il ciclo superiore,
hanno voti migliori durante tutto il percorso scolastico e all’università. Tuttavia, questo
vantaggio non si concretizza dopo l’ingresso nel mondo del lavoro: permangono differenze
di genere nel rapporto fra percorsi formativi ed occupazione, maggior investimento
formativo non si traduce in parità nelle opportunità di lavoro qualificato, in facilità di
accesso ai lavori qualificati e dirigenziali. Restano più a lungo in ambito di contratti di
ricerca, o a tempo determinato. Le donne hanno tassi di occupazione e salari minori rispetto
a quelli dei loro colleghi uomini. Si riscontra una persa spendibilità del titolo di studio
che significa anche persa responsabilità assegnata, persa tipologia di lavoro, di accesso,
più discontinuità lavorativa, retribuzioni più basse, contribuzioni più basse, pensioni pi
povere, ecc.
Le donne compiono le scelte formative tenendo conto dei possibili sbocchi nel mercato
lavorativo. Infatti, mentre la quota di laureate occupate è pari all’89,9% del totale delle
donne con laurea, la corrispondente quota maschile è pari al 95,9%.
Questi effetti sono in parte spiegati dalle esperienze universitarie, poiché le studentesse
tendono a concentrarsi nelle aree disciplinari che danno accesso a professioni con
remunerazioni più basse e affiancate da scelte lavorative differenti (lavori flessibili o
contratti part-time per far fronte ad esigenze conciliative in mancanza di un welfare
efficiente e diffuso nei servizi di cura familiare e in mancanza di una cultura della
conpisione tra generi ), ma non è possibile escludere effetti dovuti a condizionamenti
culturali. Il maggior pario tra numero di laureati e laureate emerge nell’area STEM e
sembra essere dovuto a convenzioni e stereotipi culturali ancora resistenti nel nostro Paese.
La letteratura in materia ha ricercato le cause di questo fenomeno. La conclusione
fondamentale è che le differenze di genere rispetto alle materie STEM tendono a pentare
più pronunciate durante la scuola secondaria e risentono degli effetti di molti luoghi comuni.
Ad esempio, in un esperimento controllato condotto nelle scuole medie italiane, gli studenti
scelgono maggiormente matematica e le studentesse italiano quando sono indotti a pensare
alla scelta consigliata da parte del genitore dello stesso sesso. Inoltre, sebbene i voti nelle
materie STEM nella scuola secondaria siano correlati con le scelte del percorso futuro,
queste tendono a spiegare solamente in piccola parte la decisione dell’ambito di studio. La
scelta di intraprendere un percorso nelle STEM, dunque, è influenzata da vari fattori che si
presentano durante tutto il percorso scolastico, piuttosto che nel momento della decisione.
Perciò è necessario intervenire in tutti i gradi scolastici per arginare gli stereotipi di genere e
per promuovere metodi di insegnamento innovativi e inclusivi, in grado di valorizzare le
abilità degli studenti indipendentemente dal loro genere e contrastare la segregazione
educativa nella formazione.
Tutto questo si dovrebbe tradurre in un potenziamento dell' empowerment delle ragazze,
inteso come capacità di potenziare le proprie possibilità, riconoscere i propri desideri,
liberandosi da stereotipi e aspettative di altri e inpiduando il proprio progetto di vita e di
realizzazione culturale e professionale in base alle proprie vocazioni e talenti. In alcune
realtà si sono proposti, alle giovani donne che intendono seguire una carriera universitaria
scientifica, appositi programmi di mentoring per approfondire le conoscenze, avere
riferimenti, strategie e informazioni utili per orientare il percorso formativo ed educativo .
Parimenti si dovrebbe promuovere la formazione universitaria d’eccellenza delle donne in
tutti gli ambiti disciplinari, sostenere economicamente le studentesse meritevoli e meno
abbienti , permettere il conseguimento del titolo universitario in tempi brevi e con i migliori
risultati e favorire l’inserimento delle donne tra la classe dirigente del paese per
promuovere una visione sempre più globale della società e della cultura.
L’opportunità di una formazione STEM si realizza grazie alla proposta di occasioni di
crescita intellettuale e personale, oltre che di promozione sociale, e si pone l’obiettivo di
valorizzare il talento e le capacità inpiduali mettendoli in relazione con una comunità
stimolante e interdisciplinare, per arricchire e qualificare il percorso accademico delle
giovani donne, nel segno dell’eccellenza.
La scelta della facoltà oscilla tra ragione e sentimento. Perché questo pario? Società,
cultura, stereotipi di genere e carenza di modelli femminili da emulare, motivazioni
personali: al momento dell’iscrizione all’università, i ragazzi sono più pragmatici e scelgono
di studiare quello che assicurerà loro un lavoro migliore e più redditizio, le ragazze, invece,
si fanno guidare dalla passione e dalle aspettative sul loro futuro ruolo familiare.

In un’ottica di territorio inteso, come polo di crescita e catalizzatore di sviluppo, il ruolo
dell’Università deve tendere a tenere insieme competitività economica, coesione sociale,
innovazione e produzione di benessere con l’equità nell’offerta di opportunità.
L’Università come polo formativo fondamentale deve favorire e creare le condizioni per una
forte convergenza di azioni positive, non solo di intenti. In questo quadro la formazione in
generale e la formazione universitaria in particolare possono e debbono svolgere un ruolo
ancor più incisivo, strategicamente determinante, nella convinzione che lo sviluppo del
sistema dei talenti è strategico e fondamentale, nell'anticipare gli scenari, nel proporre
percorsi e soluzioni, nell'inpiduare il tipo di formazione necessario e nel cambiarlo, nel
formare e supportare i gruppi dirigenti, nell'essere riferimento alle politiche di genere e
dello sviluppo, alle politiche della città e dei paesi più piccoli.

Grazie di cuore a Fondazione Zoè per l’intelligente stimolo alla riflessione offerto da questa
bella esposizione che aiuta le giovani donne a decostruire per ricostruire l’immaginario
intorno alla scienza, riconoscendone anche l’impronta di genere, e contemporaneamente
cercare di inpiduare metafore adeguate a narrare realtà femminili, dare loro valore,
alimentare nuovi immaginari che autorizzino le donne ad esprimere un proprio sapere
critico e razionale del mondo per avere una scienza e un mondo realmente conpisi di
entrambi i generi.