Report_occupazione maschile-femminile Veneto 2021
Ministero del Lavoro
e delle Politiche Sociali
Consigliera Nazionale
di Parità
CONSIGLIERA REGIONALE DI PARITÀ DEL VENETO
L’OCCUPAZIONE
2021
MASCHILE E
FEMMINILE
Rapporto sulla situazione del personale
nelle aziende con oltre cento dipenden�
Da� rela�vi al biennio 2018-2019
L’OCCUPAZIONE
2021
MASCHILE E
FEMMINILE
Rapporto sulla situazione del personale
nelle aziende con oltre cento dipenden�
Da� rela�vi al biennio 2018-2019
La Regione del Veneto si impegna costantemen-
te a monitorare il mondo del lavoro con parti-
colare attenzione all’occupazione femminile, alla
tutela della genitorialità e dell’infanzia. È fonda-
mentale per consentire una crescita sociale, non
soltanto economica, favorire un processo di evo-
luzione nella parità di genere e superare quegli
ostacoli che non permettono alle donne di rag-
giungere posizioni lavorative apicali così come
una parità salariale.
Azioni che vanno sostenute con i giusti strumen-
ti legislativi, che negli anni non sono mancati. Il
lavoro sinora fatto in termini di pari opportunità e parità di genere ha dati,
quindi, rilevanti anche in Veneto, con un aumento dell’occupazione femmi-
nile nelle posizioni apicali e nei contratti a tempo indeterminato, anche se
permane ancora un pario retributivo di genere importante e la consueta
difficoltà di conciliare il tempo lavorativo con quello familiare. Problematica
emersa anche durante la pandemia, quando lo smart working è pentato
per le lavoratrici un “over working”, dovendo esse conciliare accudimento
dei figli e degli anziani fragili con l’impegno lavorativo.
I dati contenuti in questo report, pur facendo riferimento al biennio 2018-
2019, quindi in fase pre-Covid19, mettono in luce positivi risultati rispetto al
passato, come un tasso di occupazione delle donne che si aggira sul 58,8%
contro il 50,1% della media nazionale.
Ho sempre pensato che la parità di genere sia un concetto inequivocabile
e inscalfibile, sancito nella nostra Costituzione nell’articolo 1 che riconosce
il diritto al lavoro a tutti i cittadini e promuove le condizioni più favorevoli
per l’esercizio di tale diritto. O, ancora, fissato nella Convenzione sull’elimi-
nazione di ogni forma di discriminazione della donna (CEDAW) del 1979 o,
anche, nel nostro statuto regionale (L.R. n.1/2012, art. 6, comma1, lettera c),
in cui la Regione riconosce e valorizza le differenze di genere e rimuove ogni
ostacolo che impedisce la piena parità tra uomo e donna.
A riguardo, le nostre politiche regionali muovono dalla convinzione che sia
necessario intervenire su più aspetti per favorire l’ingresso e la permanen-
za delle donne nel mondo del lavoro. Si tratta di incentivare interventi di
orientamento, accompagnamento al lavoro, riqualificazione e formazione
delle donne, superare i gap nelle discipline scientifico-tecnologiche, offrire
sistemi di welfare adeguati e politiche di conciliazione, supportare l’autoim-
prenditorialità femminile.
Tutte le iniziative della Regione del Veneto nell’ambito del Programma
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Operativo Regionale del Fondo Sociale Europeo 2014-2020 per promuove-
re la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, la valorizzazione dei
percorsi professionali e il migliore equilibrio tra lavoro e vita privata, sono
raccolte e consultabili in un nuovo portale “La Regione del Veneto per le
donne” (https://fse1420.regione.veneto.it/8marzo).
L’obiettivo dell’Amministrazione regionale è, dunque, quello di porre tutte
le condizioni per superare il pario non soltanto occupazionale ma anche
reddituale fra donne e uomini, un traguardo culturale e di civiltà che è ne-
cessario raggiungere per parlare di effettiva parità di genere e di meritocra-
zia reale. Una sfida che mi auguro possa essere vinta nel prossimo futuro,
anche se dovremo fare i conti con le conseguenze della pandemia sull’occu-
pazione femminile. Questo potrà essere studiato e analizzato nel prossimo
documento che la Consigliera di Parità, che ringrazio, metterà in cantiere.
Nel frattempo su questa questione anche il PNRR, riconoscendo la persi-
stenza di disuguaglianze di genere e l’assenza di pari opportunità come
ostacoli significativi allo sviluppo sociale ed economico del nostro Paese,
fissa nelle proprie missioni alcune priorità per sostenere il genere femminile
dal punto di vista occupazionale, dei servizi, della salute e del supporto
attraverso la tecnologia.
“Le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente. Hanno sempre do-
vuto portare due pesi, quello privato e quello sociale. Le donne sono la
colonna vertebrale delle società” diceva Rita Levi Montalcini. Citazione che
conpido, una verità incontrovertibile che, a tutti i livelli della società, va
riconosciuta per evitare ogni forma di discriminazione e violenza di genere
e procedere a rimuoverle, facendo squadra ed elaborando strategie, azioni
e obiettivi conpisi.
Luca Zaia
Presidente della Regione del Veneto
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Il report biennale sull’occupazione maschile e
femminile in Veneto rappresenta un prezioso
strumento di monitoraggio, che permette, elabo-
rando i dati forniti dalle aziende con più di cento
dipendenti, di analizzare le oscillazioni del merca-
to del lavoro veneto.
Il report è particolarmente illuminante sulla situa-
zione delle lavoratrici, offrendo un bilancio det-
tagliato sull’occupazione di genere e sul quadro
complessivo delle donne nel mercato del lavoro.
La parità di genere, infatti, nonostante la sua im-
portanza come valore chiave dell’Unione Europea
sia largamente riconosciuta, resta ancora lontana dall’effettiva realizzazione.
Tuttavia, la situazione descritta dal report relativo ai dati del biennio 2018-
2019 evidenzia stabili punti di forza, da cui si può apprezzare un netto trend
positivo nella Regione. Il Veneto si conferma quindi come una delle regioni
a tasso di occupazione femminile più alto, impegnata per una sempre mag-
giore diffusione dei valori di parità. Purtroppo, i dati incoraggianti presen-
tati dal libretto sono riferiti ad una situazione pre-pandemica: sarà quindi
doverosa una riflessione sul ruolo del Covid-19 e sulle sue ripercussioni nel
mondo del lavoro in sede di pubblicazione del prossimo report biennale.
La Regione del Veneto da anni incentiva l’occupazione sia maschile che
femminile, mediante i fondi strutturali europei, in particolare mediante il
POR-FSE, la programmazione regionale del Fondo Sociale Europeo. In que-
sti ultimi anni l’obiettivo dei progetti previsti nel contesto della program-
mazione si è concretizzato sul recupero delle donne escluse dal mercato
del lavoro e sullo sviluppo di nuove forme di welfare territoriale, frutto di
una collaborazione fra pubblico e privato (come per esempio il Progetto “Il
Veneto delle Donne”).
Per garantire un’occupazione di qualità si parte prima di tutto con progetti
di formazione, che puntano sia all’istruzione iniziale che alla qualificazione
mirata.
Gli interventi partono dai settori dell’istruzione e della formazione, al fine di
aumentare la partecipazione al mercato del lavoro degli inattivi, combatte-
re l’esclusione sociale e promuovere la parità tra uomini e donne e la non
discriminazione.
La programmazione 2014-2020 del FSE della Regione del Veneto ha pre-
visto infatti interventi concreti a beneficio dei cittadini: giovani, lavoratori,
disoccupati, persone in condizione di svantaggio.
Nel corso del 2020, a seguito dell’emergenza sanitaria, la Regione è stata
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pronta alla riprogrammazione, rispondendo con tempestività nell’aggior-
namento dei bandi in corso e adottando misure straordinarie volte alla
digitalizzazione e al riadattamento verso forme di lavoro e formazioni più
flessibili e sostenibili. È stata data continuità agli strumenti considerati effi-
caci e compatibili con il contesto pandemico (come le work experience o le
iniziative di outplacement). Sono state mantenute e potenziate le iniziative
mirate all’occupazione femminile, inserendo nuovi strumenti utili. Per esem-
pio, all’interno del bando “il Veneto delle Donne”, relativamente all’obiet-
tivo “occupabilità”, sono stati integrati voucher di connessione e voucher
di conciliazione, volti ad agevolare maternità e paternità, responsabilità di
cura e accomodamento dei tempi vita-lavoro, spesso sovrapposti a causa
dei lockdown e di una gestione poco efficiente dello smart-working.
Sono stati erogati voucher di assistenza mirati a sostenere le carriere delle
donne, senza costringerle a rinunciare ad avere una famiglia, incentivando
la redistribuzione degli obblighi familiari. Ulteriori voucher sono stati pensati
per aiutare le famiglie numerose (per esempio con l’acquisto di dispositivi
digitali per le scuole, da assegnare ai figli).
I dati di questo resoconto, seppur antecedenti all’emergenza sanitaria, ci
aiutano ad avere dei parametri di riferimento a cui puntare per la ripresa,
mentre la riprogrammazione ci porta ad avere degli obiettivi nuovi ma com-
plementari con altre attività.
La nuova programmazione 2021-2027 dovrà vederci fare tesoro della nostra
capacità di reazione e risposta ai cambiamenti, tenendo conto delle misure
efficaci da mantenere, e, quelle meno efficaci da non riproporre.
L’obiettivo della Regione è oggi puntare tutto sulla riqualificazione, l’ac-
compagnamento e rimotivazione al lavoro, per gestire al meglio la transi-
zione dall’inattività all’attività, forte del contributo dei centri per l’impiego.
È necessario con questa nuova programmazione accompagnare verso il
reinserimento al lavoro, contando su una sinergia tra pubblico e privato e
includendo politiche attive e ammortizzatori sociali.
Grazie al costante impegno dimostrato, ai presupposti positivi e alla pro-
grammazione mirata, la nostra Regione sarà in grado di far fronte agli stra-
scichi della crisi pandemica, procedendo verso la piena realizzazione del
quinto degli obiettivi di sviluppo sostenibile proposti dall’Organizzazione
delle Nazioni Unite per l’Agenda 2030: “Raggiungere l’uguaglianza di ge-
nere e l’autodeterminazione di tutte le donne e ragazze”.
Elena Donazzan
Assessore regionale all’istruzione,
alla formazione, al lavoro e pari opportunità
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A che punto siamo con la parità tra uomo e don-
na nel mondo del lavoro?
La fotografia scattata dal Rapporto biennale
2018-19 dell’Ufficio regionale della Consigliera
di Parità, monitorando 1.015 aziende venete con
oltre 100 dipendenti, pubbliche e private, per un
totale di 362 mila occupati, consente di cogliere
distintamente luci e ombre e alcune dinamiche
in corso.
Va precisato che i dati sono stati raccolti prima
della pandemia da Covid-19, autentico ‘cigno
nero’ che ha colpito duramente l’economia mon-
diale, compresa quella veneta: una stima dell’impatto della crisi pandemica
sulle dinamiche occupazionali e di genere nell’assetto sociale e produttivo
del Veneto sarà possibile solo con il prossimo rapporto biennale, che potrà
essere elaborato con i dati raccolti al 31 dicembre 2021.
Alla vigilia della pandemia l’occupazione femminile in Veneto ha registrato
due risultati che delineano progressi nel percorso di riequilibrio tra i generi:
secondo i dati Istat, la percentuale delle donne occupate nel 2019 ha rag-
giunto il 58,8% del totale dei dipendenti, posizionandosi 8 punti sopra la
media nazionale; un quarto di secolo fa in Veneto la percentuale delle don-
ne inserite nel mondo del lavoro sfiorava il 43%. Inoltre, sebbene le aziende
rispondenti al questionario non siano le stesse del biennio precedente in
ragione dell’andamento fisiologico del mercato, la quota di donne che oc-
cupano posizioni apicali nelle aziende è salita: alla fine del biennio in esame
il 31,7% dei dirigenti veneti risulta essere donna. Due dati che testimoniano
non solo la crescita della presenza femminile nel mondo del lavoro, ma
anche il riconoscimento dell’apporto delle donne in termini di competenze,
qualifiche, preparazione e responsabilità.
C’è un terzo dato positivo che accompagna e in parte spiega questi indica-
tori positivi: il tasso di alta formazione delle donne che in Veneto rappresen-
tano il 34% delle 30-34enni, 8 punti percentuali in più rispetto agli uomini.
La quota di donne laureate in Veneto è cresciuta di oltre 6 punti rispetto a
dieci anni fa.
Ma insieme a questi indicatori di segno positivo, i dati raccolti e rielaborati,
grazie alla preziosa collaborazione dell’Unità Organizzativa Sistema Statisti-
co Regionale della Regione Veneto, anche di fonte Istat, evidenziano anche
le zone d’ombra: l’occupazione femminile in Veneto è ancora troppo spesso
a part-time, infatti, l’83,6% dei lavoratori in part time totali sono donne (il
36,5% delle donne venete ricorrono part-time, mentre la quota maschile è
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appena del 6%), e in molti casi non per libera scelta della dipendente. La
percentuale di part-time femminile in Veneto è la seconda più alta tra le
regioni italiane.
In aumento anche il numero di donne che lavorano a tempo indeterminato.
La mobilità lavorativa caratterizza ancora il mercato lavorativo femminile in
proporzioni significativamente maggiori rispetto a quello maschile.
Resta ancora troppo elevato il pario retributivo di genere: in media nel
2019 la retribuzione di un uomo è stata di 150 euro superiore a quella di una
donna di pari grado e profilo. Nelle professioni dirigenziali il gap retributivo
tra uomo e donna sale a 400 euro al mese, in quelle impiegatizie risulta
essere di 200 euro al mese.
La presenza delle donne nel mondo del lavoro, per quanto emergente, ri-
mane ancora appannaggio di un certo tipo di professioni: i settori più “fem-
minili” sono quelli della sanità, dell’istruzione, della pubblica amministra-
zione, della ristorazione e del commercio, dove la partecipazione di donne
supera il 70% degli occupati.
Da segnalare, ancora, un’altra nota dolente tra le lavoratrici venete: la voglia
di maternità rinviata, disattesa o negata. Il 23% delle trentenni non ha figli,
(all’inizio degli anni Sessanta era il 16%1) e per quelle con figli piccoli con-
ciliare lavoro e maternità resta sempre difficile: nel 2019 una su quattro ha
abbandonato il posto di lavoro, per scelta o per necessità. Da notare che in
Veneto è la stessa percentuale di dieci anni fa.
Come influiranno sull’occupazione gli esiti e le conseguenze della pande-
mia che abbiamo vissuto e stiamo tutt’oggi vivendo? A risentirne in modo
particolare sono purtroppo le donne: dalla fine del 2019 al terzo trimestre
del 2020, secondo i dati Istat, 62mila donne venete hanno perso il lavoro2.
Molti settori di consolidato impiego femminile, come quello alberghiero, la
ristorazione e il turismo da sempre solido pilastro economico della nostra
regione, si sono trovati ad affrontare una situazione di sofferenza, a causa
dei lockdown nazionali e dell’impossibilità di adottare modalità di impiego
‘smart’.
A questo si aggiunge la forte esposizione al rischio sanitario per le tante
donne delle professioni e dei settori cosiddetti “essenziali”: le donne sono
state in prima linea, impegnate con numeri massicci, nel campo della sanità
e dell’assistenza (dove le donne rappresentano il 79% degli occupati), dei
servizi alla persona e del commercio.
Ma anche nei settori che meglio hanno garantito continuità occupazionale,
1 Fonte: report ISTAT https://www.istat.it/it/files/2019/11/Report_natalit%C3%A0_anno2018_def.pdf
2 Fonte: https://nordesteconomia.gelocal.it/lavoro/2021/03/06/news/il-covid-massacra-l-occupazione-femminile-a-nordest-
69mila-donne-hanno-perso-il-lavoro-1.39991655
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il massiccio ricorso allo smartworking ha fatto emergere le disparità di ac-
cesso alla rete, di formazione, di dotazione tecnologica e strumentale che
intercorrono tra i generi. Inoltre, i ritmi del ‘lavoro agile’ si sono spesso
rivelati insostenibili, soprattutto per le donne: lo smartworking è pentato
“over-working”, costringendo le donne a dover coniugare nello stesso spa-
zio fisico-temporale i ruoli di moglie, madre, lavoratrice e spesso caregiver
per i membri della famiglia di età avanzata o con disabilità. Molte donne,
trovandosi in difficoltà nel bilanciare la sovrapposizione indefinita di ruoli e
funzioni, hanno lasciato il lavoro.
Tra gli aspetti negativi e più allarmanti generati dalla crisi pandemica, che
dovrà essere oggetto di adeguato monitoraggio regionale, va ricordato
anche l’aumento delle violenze domestiche subite dalle donne: il numero
‘rosa’ 1522’ nazionale ha registrato lo scorso anno un crollo delle chiama-
te del 71%, mentre i numeri dei femminicidi e delle violenze agìte dagli
uomini nei confronti delle donne è stato in costante aumento. Segno che
i lockdown e la crisi occupazionale non hanno certo mitigato il fenome-
no della violenza domestica, anzi hanno reso ancor più difficile alle donne
esprimere una qualche richiesta di aiuto. “Una pandemia nella pandemia”
è la definizione utilizzata da UN Women3 per evidenziare come le donne
costrette a casa delle restrizioni sanitarie siano state ancora più esposte ai
comportamenti violenti e discriminatori messi in atto dai loro mariti, compa-
gni, familiari o conviventi.
La pandemia, come una cartina al tornasole, sta evidenziando incertezze,
fragilità e arretramenti nel percorso verso una piena parità di genere. L’ef-
fetto rivelatore innescato dalla crisi sembra rendere più lontani gli obiettivi
di parità, sostenibilità, crescita e sviluppo dell’Agenda 2030 delle Nazioni
Unite, e interpella con ancora maggior vigore istituzioni, politici e attori so-
ciali sulla necessità di superare pari e disuguaglianze.
La Ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia Elena Bonetti in occasione
della 65esima conferenza della Commissione sullo stato delle Donne or-
ganizzata dalle Nazioni Unite, ha ribadito quanto sia necessaria “un’azione
sinergica che coinvolga i settori pubblico e privato per far fronte a disparità
e violenza di genere”. Anche il ministro del Lavoro Andrea Orlando subito
dopo il suo insediamento, ha voluto istituire un gruppo di lavoro che af-
fronti le opportunità e i rischi delle nuove tecnologie applicate al lavoro, gli
effetti di telelavoro e smart working, le problematiche della conciliazione
vita-lavoro.
La Regione Veneto ha concluso un ampio monitoraggio interno sugli effetti
3 UN Women: ente delle Nazioni Unite che lavora per favorire il processo di crescita e sviluppo della condizione delle donne
e la loro partecipazione pubblica
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e le prospettive del massiccio ricorso allo smart working nel periodo dell’e-
mergenza, ricavandone alcune indicazioni di prospettiva: il ricorso al ‘lavoro
agile’ nella pubblica amministrazione andrà sì potenziato, ma con regole
ben precise e concordate, e con un investimento formativo permanente.
Questo stesso rapporto si offre come uno strumento di analisi e di riflessio-
ne per valorizzare i segnali incoraggianti che hanno caratterizzato il biennio
2018-2019 e per orientare il percorso di ripresa e ‘resilienza’ verso l’effettiva
parità di genere. I fondi del Recovery Plan troveranno giusta allocazione
solo se nei progetti di spesa ci sarà doverosa attenzione verso l’inclusione e
la valorizzazione dei giovani e delle donne: lo chiede l’Europa, lo prevede
il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza elaborato dal Governo, lo impone
la consapevolezza storica che non ci può essere sviluppo senza le donne.
Infine dedico un ringraziamento particolare alle imprese, per la serietà e
l’impegno con cui hanno adempiuto all’obbligo di legge fornendo puntual-
mente i dati necessari all’indagine, nonostante l’emergenza sanitaria in cor-
so e le difficoltà della crisi economica: con la loro scelta di responsabilità e
trasparenza hanno offerto un prezioso contributo alla causa della parità di
genere.
Sandra Miotto
Consigliera Regionale di Parità del Veneto
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Indice
Cap.1: L’indagine sulla situazione del personale maschile e
femminile nelle medie e grandi imprese................. pag.12
1.1 Perché un rapporto sulla parità di genere nel mondo del lavoro..... pag.13
1.2 Il quadro normativo.......................................................................... pag.14
1.3 Chi è la Consigliera di Parità.............................................................pag.15
1.4 La situazione Internazionale della parità di genere e la posizione
dell’Italia...........................................................................................pag.17
1.5 La rete delle Consigliere del Veneto ............................................... pag.18
1.6 Le collaborazioni ............................................................................. pag.18
Cap.2: Donne e uomini nel contesto veneto e nelle medie e
grandi imprese........................................................ pag.20
2.1 La parità di genere nel contesto veneto: luci e ombre.................... pag.22
2.2 Le donne e gli uomini dell’indagine sul personale nelle aziende
con oltre cento dipendenti...............................................................pag.28
Cap.3: Mercato lavorativo: quello femminile è più
mobile..................................................................... pag.36
3.1 Meno le promozioni di carriera per le donne................................... pag.37
3.2 L’occupazione per tipo di contratto..................................................pag.38
3.3 La mobilità occupazionale nelle aziende........................................... pag.43
Cap.4: Formazione e retribuzione: bisogna lavorare per la parità
di genere.................................................................pag.50
4.1 La formazione aziendale: un diritto per il lavoratore........................pag.51
4.2 Lo svantaggio retributivo delle donne............................................. pag.54
Cap.5: Il personale con disabilità........................................ pag.62
5.1 L’occupazione e le disparità............................................................. pag.63
Cap.6: Relazione illustrativa dell’Ispettorato Interregionale del
Lavoro di Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Marche
e Veneto, in merito alle convalide delle dimissioni e delle
risoluzioni consensuali presentate nella regione Veneto
nell’anno 2019.........................................................pag.76
6.1 L’Agenzia Ispettorato Nazionale del Lavoro.................................... pag.77
6.2 La convalida delle dimissioni nella Regione Veneto. Anno 2019..... pag.78
Cap.7: Conclusioni.............................................................. pag.92
11
1 L’indagine sulla situazione
del personale maschile e
femminile nelle medie e
grandi imprese
L’indagine sulla situazione del personale maschile
e femminile nelle medie e grandi imprese
Capitolo 1 - L’indagine sulla situazione del perso-
nale maschile e femminile nelle medie e grandi im-
prese
1.1 Perché un rapporto sulla parità di genere nel mondo del la-
voro
Tra il 1977 e il 2018 il tasso di occupazione femminile in Italia è aumentato
di 16 punti percentuali (dal 33,5 al 49,5 per cento)1. La Ministra per Pari op-
portunità e Famiglia dell’Italia Elena Bonetti alla Conferenza online “Gender
Equality Index” dell’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE), che
si è tenuta il 29 ottobre del 2020, ha sottolineato che particolarmente negli
ultimi dieci anni l’Italia ha dimostrato un progresso significativo nell’ambito
della parità di genere e che è migliorata la situazione della leadership fem-
minile e della partecipazione femminile al mercato di lavoro.
Nonostante la dinamica positiva, le donne italiane sono ancora lontane
dall’aver raggiunto le pari opportunità in molti campi. Alcuni settori così
come ICT, scienza e tecnologia, sono ancora dominati dagli uomini. Sono
ancora consistenti il gap retributivo e il pario della partecipazione fem-
minile al mercato di lavoro tra il Sud e il Nord d’Italia. Ancor oggi le donne
affrontano una significativa persità nella tipologia dell’impiego e spesso
sono soggette a condizioni di lavoro al limite del rispetto della normativa
sul lavoro.
La misurazione della situazione lavorativa fra uomo e donna si avvale di più
strumenti. Questo rapporto biennale, previsto dalla legge istitutiva delle
Consigliere di parità, è uno di questi: i dati raccolti sull’occupazione nel-
le aziende con oltre cento dipendenti ci portano a riflettere sulle disparità
nell’accesso al lavoro, nella progressione di carriera, nella formazione, nella
retribuzione e su modelli organizzativi che favoriscano le condizioni e l’equi-
librio con le responsabilità familiari e professionali.
Nel corso degli anni varie normative hanno introdotto concetti di work fa-
mily balance, anche se nella realtà c’è ancora molto da fare. Permettere
alle donne di rimanere nel mercato del lavoro anche dopo la nascita di un
figlio sembra ancora una missione molto difficile, anche in questo periodo
storico.
Garantire la presenza femminile anche nelle istituzioni è pentato un nuovo
obiettivo, previsto dalla L. 56/2014 Del Rio relativa al raggiungimento dell’e-
quilibrio di genere nelle Giunte, secondo cui “nelle giunte dei comuni con
1 Fonte: https://www.istat.it/it/files/2020/02/Memoria_Istat_Audizione-26-febbraio-2020.pdf
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popolazione superiore a 3.000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere
rappresentato in misura inferiore al 40%, con arrotondamento aritmetico”.
La legge Golfo-Mosca (n. 120/2011) che assicura la presenza femminile nei
Consigli di Amministrazione delle società quotate ha dimostrato particolare
efficacia portando ad un notevole aumento del numero delle donne nei ‘bo-
ard’ delle grandi imprese. Alla sua entrata in vigore la legge fissava la quota
al 20%, portata poi a 30% nel 2015. A dicembre 2019 un emendamento alla
legge di bilancio 2020 ha prorogato le disposizioni previste dalla suddetta
legge, che sarebbe altrimenti scaduta nel 2022, e innalzato la quota di ge-
nere al 40% per i Cda e i collegi sindacali delle società quotate.
Il monitoraggio della condizione delle lavoratrici e dei lavoratori occupa-
ti con particolare attenzione all’analisi dei dati sudpisi per genere è fon-
damentale per l’elaborazione e la realizzazione delle strategie politiche in
materia di occupazione e lavoro orientato alla parità di genere. Questo rap-
porto penta una fonte di informazioni sul mercato del lavoro veneto e
nazionale, da mettere a disposizione di tutti i soggetti pubblici e privati per
la promozione dei principi di parità di genere consapevoli che il raggiungi-
mento di tale obiettivo dipende non solo dai fattori economici e professio-
nali ma anche da quelli sociali e culturali.
1.2 Il quadro normativo
Il rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile nel-
le aziende sia pubbliche che private con più di 100 dipendenti contiene
informazioni circa lo stato delle assunzioni, le promozioni professionali, i
passaggi di livello, categoria e qualifica; registra i fenomeni di mobilità, i
licenziamenti, i pensionamenti e i pre-pensionamenti e la retribuzione real-
mente corrisposta, così come stabilito dall’art. 46 del decreto legislativo n.
198/2006 e s.m.i.
Il rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile viene compi-
lato dalle aziende mediante l’utilizzo di un applicativo informatico messo a
disposizione dal Ministero del Lavoro.
Per quanto concerne le aziende pubbliche tenute a compilare il rapporto
biennale, oltre alle imprese a partecipazione statale sono da considerarsi
anche le aziende regionali e le aziende autonome dello Stato i dati sono
riferiti al 31 dicembre di ciascun anno del biennio.
La mancata trasmissione del rapporto da parte delle aziende, dopo sollecito
dell’Ispettorato del Lavoro competente, comporta l’applicazione delle san-
zioni di cui all’art. 11 del Decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo
1955 n. 520. Nei casi più gravi può essere disposta la sospensione per un
anno dei benefici contributivi eventualmente goduti dall’azienda.
Nel caso specifico del Veneto, la Direzione dell’Ispettorato del lavoro terri-
14
L’indagine sulla situazione del personale maschile
e femminile nelle medie e grandi imprese
torialmente competente, su segnalazione della Consigliera di parità o delle
rappresentanze sindacali aziendali, sollecita le aziende affinché adempiano
all’obbligo entro 60 giorni dalla scadenza prevista.
Considerata l’emergenza sanitaria Covid-19, la scadenza per la compilazio-
ne del report biennale è stata prorogata da parte del Ministero del Lavoro
al 30 giugno 2020. Il Ministero, ricevuti i report provenienti dalle Regioni e
Province Autonome, ha disaggregato il materiale per regione e ha trasmes-
so i dati alle Regioni per consentire la propria elaborazione.
Nei bienni precedenti la Regione del Veneto ha utilizzato la propria piat-
taforma informatica, con contatto diretto con le aziende del territorio. Con
l’attivazione della piattaforma nazionale i dati inseriti possono essere con-
frontati a livello nazionale tra Regioni, e ogni Regione potrà elaborare i pro-
pri.
Quest’ultimo rapporto, rispetto ai precedenti, ha previsto anche l’integra-
zione della voce relativa al personale con disabilità nelle Aziende (cap. 5).
1.3 Chi è la Consigliera di Parità.
La Consigliera di Parità è un pubblico ufficiale con obbligo di segnalazione
all’autorità giudiziaria dei reati di cui viene a conoscenza per ragione del suo
ufficio (Art. 13, Decreto Legislativo n.198/2003) e può agire in giudizio per
l’accertamento delle discriminazioni e la rimozione dei loro effetti.
E’ una figura istituita dalla legge 125/1991 e confluita nel decreto legislativo
198/2006 “Codice delle pari opportunità tra uomo e donna” e s.m.i. con la
finalità di svolgere funzioni di promozione e di controllo dell’attuazione dei
principi di uguaglianza, di opportunità e di non discriminazione tra donne
e uomini.
La Consigliera di Parità regionale promuove, a tutela del principio di non di-
scriminazione, le pari opportunità per lavoratrici e lavoratori. In particolare:
- rileva le situazioni di squilibrio di genere e collabora con le direzioni
regionali e provinciali del lavoro per le violazioni della normativa in ma-
teria;
- promuove progetti di azioni positive al fine del miglioramento del be-
nessere organizzativo;
- sostiene le politiche attive del lavoro, comprese quelle formative, per
favorire condizioni di pari trattamento;
- incentiva anche l’attuazione di politiche di pari opportunità da parte dei
soggetti pubblici e privati che operano nel mercato del lavoro;
- favorisce il diffondersi delle buone prassi, collaborando con gli assesso-
rati al lavoro e con gli organismi di parità degli enti locali;
15
- può acquisire nei luoghi di lavoro informazioni sulla situazione occupa-
zionale maschile e femminile in relazione, ad esempio, allo stato delle
assunzioni, della formazione e promozione professionale, delle retri-
buzioni, delle condizioni di lavoro e della cessazione del rapporto di
lavoro.
La Consigliera di Parità favorisce l’uguaglianza sostanziale tra donna e uomo
nell’accesso al lavoro e nel mantenimento dell’occupazione al lavoro, carrie-
ra e formazione, attraverso le seguenti azioni dirette:
- interventi su segnalazione di casi di discriminazione di genere
- verifica della composizione delle commissioni di concorso (per la verifi-
ca del rispetto dell’art. 57, comma 1-bis, del D.Lgs n. 165 del 30 marzo
2001, così come modificato dall’art. 5, comma 1, lett. b), della Legge n.
215 del 23 novembre 2012)
- supporto all’attuazione di azioni positive nelle Pubbliche Amministra-
zioni (art. 48 D.Lgs 168/2006 e Direttiva della Presidenza del Consiglio
dei Ministri n. 2 del 26 giugno 2019).
La Consigliera regionale di Parità partecipa a Tavoli Istituzionali, Gruppi di
lavoro, Think Tank e Organismi di Parità, promuove Reti e Protocolli di Inte-
sa che favoriscono lo spirito della sua mission.
La Consigliera è componente effettiva della Commissione per la concerta-
zione delle parti sociali della Regione Veneto, della Commissione regionale
per la realizzazione delle pari opportunità fra uomo e donna, dell’Osserva-
torio regionale sul mobbing, disagio lavorativo e stress psico-sociale nei
luoghi di lavoro, del Comitato di Sorveglianza del POR Veneto 2014-2020 e,
nella nuova programmazione 2021-2027, è partner nella Strategia regionale
per lo sviluppo sostenibile “Il Veneto Sostenibile” 2030, è partner nel Pro-
tocollo di rete per il contrasto alla Violenza contro le donne nella Regione
del Veneto (Dgr n.863 del 15.06.2018) ed è fra i promotori del Tavolo re-
gionale permanente della Carta per le pari opportunità e per l’uguaglianza
nel lavoro.
La Consigliera collabora con la Direzione Interregionale dell’Ispettorato del
Lavoro e sue Direzioni provinciali, per rilevare e contrastare violazioni alla
normativa in materia di parità, pari opportunità e anti-discriminazione. Col-
labora con gli Assessorati al lavoro degli enti locali e con organismi di parità
degli enti locali. Dal 2016 è anche componente effettivo del Comitato re-
gionale per la bioetica e fa parte del gruppo “Disseminazione della cultura
e dell’educazione bioetica”, in rappresentanza delle istanze della medicina
di genere e della promozione di una cultura sempre più attenta alla salu-
te della donna. Con lo scopo di diffondere la conoscenza e lo scambio di
16
L’indagine sulla situazione del personale maschile
e femminile nelle medie e grandi imprese
buone prassi, collabora anche con le Università venete svolgendo attività di
informazione e formazione culturale sulle pari opportunità per gli studenti e
accogliendo i tirocinanti nel suo ufficio.
1.4 La situazione Internazionale della parità di genere e la
posizione dell’Italia
Come risulta dal report internazionale “World Employment and Social Outlo-
ok: Trends for Women”2 del 2018 redatto dall’Organizzazione Mondiale di
Lavoro, il tasso di partecipazione della forza lavoro femminile globale è al
48,5% nel 2018, di 26,5 punti percentuali inferiore al tasso maschile. Inoltre,
il tasso di disoccupazione globale delle donne nel 2018 – al 6% – è di circa
0,8 punti percentuali in più rispetto al tasso degli uomini. Complessivamen-
te, ogni dieci uomini con un posto di lavoro, solo 6 donne sono occupate.
La parità di genere è una condizione indispensabile per il progresso eco-
nomico e lo sviluppo effettivo dell’intera società. Non a caso l’obiettivo di
“Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ra-
gazze” è indicato fra i ‘goals’ dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. I Paesi
più sviluppati tradizionalmente sono anche i Paesi con la migliore situazione
di parità di genere, ma anche per l’Europa c’è ancora tanta strada da fare.
L’analisi condotta dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE)
presentata il 29 ottobre del 2020 ha rilevato l’indicatore sull’uguaglianza di
genere nell’UE pari a 67.9 su 100 nel 2020. È stato dimostrato che la situa-
zione migliora di 0.5 punti ogni anno. Con questi ritmi ci vorranno almeno
altri 60 anni per raggiungere totale uguaglianza di genere in Europa.
Il punteggio italiano dell’indicatore di parità di genere arriva a 63.6 su 100
(4.4 in meno della media europea), posizionando il nostro Paese al quattor-
dicesimo posto in UE. I ritmi con i quali l’Italia progredisce verso la parità di
genere sono sostenuti rispetto a molti altri Paesi europei: dal 2010 l’indice
di parità di genere in Italia è cresciuto di 10.2 punti (ma solo 0.5 dal 2017).
Questo risultato è stato reso possibile grazie all’introduzione di varie norma-
tive che hanno garantito la presenza femminile in molte situazioni lavorative
(per esempio la legge Golfo-Mosca del 2011 che impone la presenza fem-
minile nei CdA delle Aziende quotate; la legge Del Rio n. 56/2014 relativa
alla parità di genere nell’accesso delle cariche elettive e nella composizione
delle Giunte Comunali, la legge 20/2016 volta a garantire l’equilibrio nella
rappresentanza tra donne e uomini nei Consigli regionali). Gli strumenti
legislativi sono efficaci per colmare i gap di genere, ma è sicuramente più
importante cambiare la cultura di fondo.
Alcuni dati fanno riflettere: l’Italia rimane uno dei Paesi UE con il pario
2 Report: https://www.ilo.org/global/research/global-reports/weso/trends-for women2018/WCMS_619577/lang--en/index.
htm https://www.sicurezzaoggi.com/le-donne-e-il-mercato-del-lavoro-istantanea-dellilo/
17
occupazionale più ampio. Il 15,6% delle donne in Italia risulta inattiva per
responsabilità di cura. Le donne italiane guadagnano un quinto in meno de-
gli uomini. L’81% di donne rispetto al 20% degli uomini impegnano almeno
un’ora al giorno per lavori domestici non pagati.
L’emergenza Covid-19 ha evidenziato come una cartina di tornasole la
mancata o incompleta parità di genere, ponendo con urgenza esigenze ed
obiettivi di uguaglianza, riequilibrio e inclusione. Questo rapporto contribu-
isce ad una maggiore sensibilizzazione sulla questione di parità di genere,
nella convinzione che l’impegno per il riconoscimento e la valorizzazione
delle donne nel mondo del lavoro e nella società deve cominciare ‘dal bas-
so’, nella famiglia, nella scuola, nelle piccole aziende e società, nelle istitu-
zioni locali.
1.5 La rete delle Consigliere del Veneto
Oltre alla Consigliera regionale di Parità, in ogni singola Città metropolita-
na/Area Vasta, sono presenti le Consigliere di Parità provinciali, che insieme
formano la Rete delle Consigliere di parità. Alle Consigliere provinciali spet-
ta il compito, quindi, di mediare con le parti sociali (sindacali e datoriali) e di
inpiduare soluzioni alle contenziose sorti in relazione a problematiche di
genere. Alle Consigliere delle sette province del Veneto (Belluno, Rovigo,
Padova, Treviso, Verona, Vicenza e Città Metropolitana di Venezia) è affida-
to il compito di occuparsi dei casi inpiduali di discriminazione al lavoro. Su
mandato della singola lavoratrice o del singolo lavoratore che lamenti una
discriminazione, come primo passo promuovono un tentativo di concilia-
zione con il datore di lavoro; se la conciliazione non si raggiunge ricorrono
al Giudice del Lavoro; in ultima istanza possono agire in giudizio su delega
della lavoratrice o del lavoratore.
La Consigliera regionale coordina la rete al fine di rafforzare l’efficacia dell’a-
zione e di consentire lo scambio di informazioni, esperienze e buone prassi
in una logica di cooperazione funzionale all’attuazione delle politiche per le
pari opportunità in tutto il territorio regionale.
Questo rapporto sull’occupazione maschile e femminile con dati dettagliati
anche su scala provinciale, coglie le particolarità territoriali e gli ambiti più
esposti a fenomeni di discriminazione. In questo modo il rapporto rappre-
senta anche uno strumento valido per la rete territoriale delle consigliere di
parità facilitando l’elaborazione di azioni positive e la prevenzione dei casi
di discriminazione sul lavoro legata al genere.
1.6 Le collaborazioni
La collaborazione con l’Ispettorato Interregionale del Lavoro
Dal 2017 la Consigliera regionale di parità ha in essere una collaborazione
18
L’indagine sulla situazione del personale maschile
e femminile nelle medie e grandi imprese
con l’Ispettorato interregionale del Lavoro Veneto, Emilia-Romagna, Friuli
Venezia Giulia, Marche.
L’accordo rinnovato nel 2018 ha intensificato e qualificato ulteriormente la
collaborazione volta a tutelare le condizioni di lavoro delle donne, a far
conoscere e promuovere le misure di conciliazione della vita professionale
con la vita familiare e, infine, a sensibilizzare e informare aziende e datori di
lavoro per il raggiungimento del benessere lavorativo e quindi di una cultu-
ra delle pari opportunità.
Durante l’emergenza sanitaria la collaborazione ha prodotto un’informativa
ai genitori-lavoratori sotto forma di brochure denominata “Decreto Rilan-
cio” : la pubblicazione riassume misure, agevolazioni e modifiche degli isti-
tuti per lavoratori attivate nel periodo della crisi Covid-19 (es. GIGO, CIGD,
FIS, congedo maternità/paternità, congedo parentale, congedo Covid19,
bonus baby sitter, prolungamento congedo parentale per i figli con disa-
bilità, permessi L. 104/92, congedo straordinario retribuito per assistere i
disabili gravi, assegni nucleo familiare).
La collaborazione con i CPO degli Ordini degli Avvocati del Veneto
Dal 2019 è in corso una collaborazione con i Comitati pari opportunità degli
Ordini degli Avvocati del Veneto per la realizzazione di corsi di formazione
per avvocati specializzati in diritto antidiscriminatorio. Tale cooperazione
ha portato nello stesso anno alla realizzazione della prima parte del corso
regionale sulla tutela antidiscriminatoria, comprensivo di 7 giornate con un
totale di 28 ore. Sono state trattate le seguenti materie: I principi della Co-
stituzione e la disciplina nella CEDU; Il licenziamento e la discriminazione
di genere, aspetti sostanziali e processuali; I rapporti di lavoro; Le azioni
positive ed esperienze giurisprudenziali, I profili di tutela contro le condotte
discriminatorie, La legge 120/2011 Golfo-Mosca, Il linguaggio di genere.
Il corso regionale ha visto come relatori docenti universitari, magistrati, av-
vocati, esperti del diritto del lavoro.
Nel 2021 si è conclusa la seconda parte del corso con ulteriori 12 ore forma-
tive, organizzata dalla Consigliera Nazionale di Parità e dal Consiglio Nazio-
nale Forense, su piattaforma webinar.
I corsisti potranno essere iscritti ad una short list nazionale di Avvocati spe-
cializzati in diritto antidiscriminatorio e potranno affiancare le Consigliere di
Parità, sia regionali che di area vasta. Per il Veneto, che risulta essere una
delle prime regioni in Italia ad aver condotto questa esperienza formativa,
significa poter disporre in loco di una rete di professionisti qualificati sui
temi discriminatori.
19
2 Donne e uomini nel
contesto veneto e nelle
medie e grandi imprese
Donne e uomini nel contesto veneto e
nelle medie e grandi imprese
Capitolo 2 - Donne e uomini nel contesto veneto e
nelle medie e grandi imprese
Cinque sono le priorità europee per la parità di genere, sancite dalla Carta
per le donne adottata nel 2010 dalla Commissione europea: indipendenza
economica, pari retribuzione per lo stesso lavoro, parità nei processi deci-
sionali, dignità, integrità e fine della violenza sulle donne, parità tra uomini
e donne nelle azioni esterne. Questo impegno è assunto anche nella Stra-
tegia per la parità di genere 2020-2025 della Commissione europea, ed è il
5° Goal inpiduato dall’ONU nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.
Il Gender Equality Index, elaborato dall’European Institute for Gender
Equality1, rileva che in Europa l’obiettivo della parità, sebbene in migliora-
mento, è ancora distante: l’indicatore, che è una sintesi della disuguaglianza
tra uomini e donne in perse aree della vita (partecipazione al lavoro, op-
portunità economiche, scolarità ed educazione, gestione del tempo libe-
ro, rappresentanza politica, salute), assume nel 2018 un valore medio per
l’UE28 di 67,9 punti su una scala da 1 a 100, dove 1 rappresenta l’assoluta
disuguaglianza di genere e 100 la condizione di perfetta parità tra uomo
e donna. I Paesi del Nord Europa e la Francia sono i più egualitari, con un
valore dell’indicatore superiore a 74, fanalino di coda la Grecia con solo
52,2 punti. L’Italia, con un punteggio di 63,5 si trova circa a metà della gra-
duatoria, al 16° posto.
Va considerato, però, anche il contesto straordinario in cui stiamo vivendo.
La pandemia ha investito l’Italia ed il nostro sistema economico regionale
quando finalmente aveva recuperato e superato anche i livelli occupazionali
registrati prima della crisi del 2008. Il 2019 è stato un anno particolarmente
positivo per la partecipazione al mercato del lavoro in Italia e nella nostra
regione, ma l’emergenza sanitaria, a seguito della comparsa del Covid-19
a inizio anno, rappresenta un nuovo shock per l’economia con un pesante
impatto sfavorevole anche sul mercato del lavoro. Bisognerà aspettare per
vedere poi quale sarà il vero peso in futuro di questa terribile pandemia. Se-
condo molte fonti, il lavoro del domani uscirà infatti profondamente mutato
dall’odierna crisi sanitaria, avendo come prime vittime proprio le categorie
più fragili, fra cui rientra anche la componente femminile.
1
L’European Institute for Gender Equality è un organo autonomo dell’Unione Europea, istituito per promuovere l’uguaglianza
di genere e combattere le discriminazioni fra cittadini europei in base al genere.
21
2.1 La parità di genere nel contesto veneto: luci e ombre
In base all’ultimo censimento della popolazione, al 31 dicembre 2019 la
popolazione residente in Veneto è di 4.879.133 abitanti, di cui il 51% donne
e il 49% uomini. Dopo una crescita costante dal 1960, dal 2015 la popola-
zione risulta in diminuzione: nell’ultimo anno si contano 5.457 residenti in
meno. Una delle cause che ha determinato la diminuzione di popolazione è
il calo delle nascite dovuto, da un lato, a motivi strutturali legati al conclu-
dersi della vita riproduttiva della cospicua generazione di donne nate nel
baby-boom; dall’altro, vi è stata contestualmente una variazione del model-
lo di fecondità, ovvero del numero medio di figli che ciascuna donna mette
al mondo. Questo indicatore negli ultimi anni si affievolisce e per il Veneto
passa da 1,5 figli nel 2010 a 1,29 9 anni dopo. Anche il contributo positivo
delle donne straniere che fino a qualche anno fa era particolarmente accen-
tuato, con un numero medio di figli per donna di 2,71 nel 2008, oggi si sta
affievolendo (2,1).
Tra i fattori che contribuiscono a questo fenomeno bisogna annoverare le
difficoltà che le donne vivono nel conciliare lavoro e famiglia, un onere an-
cora fortemente sbilanciato a loro carico. La difficoltà di conciliare la mater-
nità con la formazione, l’indipendenza abitativa e l’occupazione, provoca
il rinvio dell’esperienza riproduttiva verso età via via più avanzate; se nel
1980 si partoriva in media a 27,6 anni, nel 2019 l’età media al parto penta
di 32 anni. In questo modo, però, si accorcia la vita feconda e penta più
frequente rimanere senza figli: se tra 100 nate nel 1960 solo 16 rimanevano
senza figli, tra 100 nate nel 1979 si stima pentino 23. Si tratta di cambia-
menti non imputabili ad un mutato desiderio di maternità, dato che, in me-
dia, si continua a desiderare di avere almeno 2 figli.
Prosegue il percorso di inclusione delle donne, ma ancora c’è da lavo-
rare
Negli ultimi decenni, le donne hanno migliorato la loro posizione nel mer-
cato in conseguenza anche all’aumento dei titoli di studio: basti pensare
che solamente negli ultimi anni la percentuale di donne laureate è cresciuta
di oltre sei punti percentuali (dal 9,9% del 2008 al 16,0% del 2019), mentre
per gli uomini è salita di tre punti (da 9,7% a 12,9%). Secondo i dati ISTAT,
il tasso di occupazione femminile è passato dal 46,9% del 1998 al 55,7% del
2008, fino al 58,8% del 2019. La crisi ha dunque frenato il trend crescen-
te, ma non ha bloccato il processo di emancipazione: nel 2008 il tasso di
occupazione femminile era pari al 72,3% di quello maschile, valore che nel
2019 è comunque cresciuto seguendo un percorso altalenate fino al 77,3%.
Chiaramente l’obiettivo a cui deve essere rivolta l’attenzione è un pieno
22
Donne e uomini nel contesto veneto e
nelle medie e grandi imprese
100% dove occupazione maschile e femminile si equivalgono: per ottenere
questo risultato è però necessario rimuovere gli ostacoli che impediscono
alle donne di seguire gli stessi percorsi degli uomini, a partire dalle politiche
di conciliazione famiglia lavoro fino ad arrivare al superamento degli stere-
otipi culturali.
Nonostante l’occupazione femminile sia cresciuta, il livello italiano è molto
lontano da quello europeo: in Italia nel 2019 il tasso di occupazione delle
donne è pari al 50,1% contro il 64,1% registrato in Europa (75,4% in Svezia).
Fig. 2.1.1 - Tasso di occupazione (*) per sesso. Veneto – Anni 1993:2019
Maschi Femmine
80 76,1
73,9
75
70
65
58,8
60
55
50
43,0
45
40
1993
1995
1997
1999
2001
2003
2005
2007
2009
2011
2013
2015
2017
2019
(*) Tasso di occupazione = (Occupati 15-64 anni/Popolazione di riferimento)x100
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Istat
Fig. 2.1.2 – Rapporto percentuale fra il tasso di occupazione delle donne in età
25-49 con figli in età prescolare e il tasso di occupazione delle donne della stes-
sa età senza figli (*). Anno 2018
100
89,0
90
80 76,9
73,8
70
60 57,4
50
40
Veneto
Italia
Molise
Valle d'Aosta
Piemonte
Emilia Rom.
Marche
Toscana
Liguria
Friuli V.G.
Umbria
Lazio
Lombardia
Abruzzo
Sardegna
Puglia
Trentino A.A.
Basilicata
Sicilia
Calabria
Campania
(*) Tasso di occupazione = (Occupati/Popolazione di riferimento)x100
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Istat
23
È necessario intervenire ed eliminare, quindi, gli ostacoli, che molto spesso
sono anche culturali, che tengono le donne lontane dal mercato del lavoro.
Si può osservare, ad esempio, che le donne con figli piccoli lavorano meno
delle altre: in Veneto nel 2018, fatto 100 il tasso di occupazione delle donne
in età 25-49 anni senza figli, il tasso delle donne con figli piccoli con meno di
sei anni si ferma al 76,9%. E la nostra regione purtroppo non brilla in questo:
tredici regioni fanno meglio di noi, ossia la distanza fra donne con e senza
figli è inferiore alla nostra. Neanche la serie temporale ci viene in soccorso:
dieci anni fa il rapporto fra i due tassi era pari al 76,3%, un valore poco più
basso di quello attuale, nonostante nel 2015 avesse toccato il valore mas-
simo di 89,3%.
Queste differenze si riflettono in parte sul reddito: considerando solamen-
te gli occupati dipendenti a tempo pieno per non distorcere la stima dal
maggior ricorso della donna ai lavori part time, un uomo in Veneto nel 2019
guadagna 150 euro al mese in più della donna. Inoltre, il differenziale re-
tributivo è presente anche a parità di livello: un dirigente uomo in Veneto
guadagna 400 euro di più di una dirigente femmina, un quadro oltre 470
euro in più rispetto alla collega e un impiegato 200 euro.
La differenza salariale, poi, si amplifica con l’aumentare dell’età, a testimo-
nianza di quanto sia più difficile per una donna seguire la stessa carriera
professionale degli uomini e raggiungere gli stessi risultati.
Fig. 2.1.3 – Retribuzione mensile netta dei lavoratori dipendenti a tempo pieno
per sesso, età e titolo di studio. Veneto - Anno 2019
1.800 Reddito medio
Maschio degli uomini 1.700
1.700 1.500€
Femmina
1.600 1.600
1.500
1.500
1.400 1.400
1.300 1.342
Reddito medio
1.200 delle donne
1.350€ 1.200
1.100
1.000
Fino
licenza
media
Diploma
Laurea
60+
15-24
25-29
30-34
35-39
40-44
45-49
50-54
55-59
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Istat
24
Donne e uomini nel contesto veneto e
nelle medie e grandi imprese
In giovinezza il gap di guadagno è basso fra i due sessi, mentre dopo i 45
anni gli uomini hanno uno stipendio significativamente più alto delle donne.
Del resto una paga più bassa durante gli anni di lavoro e qualche “buco”
nella contribuzione, causato dalla necessità di interrompere o rinunciare alla
carriera per accudire i figli o curare i familiari anziani e disabili, penalizza le
donne in termini di reddito anche nelle età più avanzate: in Veneto le donne
che vivono con una pensione esigua, sotto i mille euro al mese, sono il 43%,
a fronte del 19% dei pensionati uomini (dati al 2018).
Ma gli scarti più evidenti si registrano osservando i titoli di studio: una don-
na laureata guadagna mediamente 1.500 euro al mese, ossia quasi 200
euro in meno degli uomini con lo stesso titolo di studio.
Conciliare famiglia e lavoro: ancora sulle spalle delle donne
La qualità dell’occupazione si lega anche alla possibilità di conciliare il la-
voro retribuito con le attività di cura familiari. Nonostante la partecipazione
femminile al mercato del lavoro sia in crescita, nella maggior parte dei Paesi
occidentali il peso del lavoro domestico continua a gravare principalmente
sulle spalle delle donne. Il Gender Equality Index medio europeo calcolato
nell’ambito dei soli compiti domestici e di cura, infatti, è per il 2018 ancora
lontano dalla parità (100) attestandosi a 70 punti, e per l’Italia è ancora più
basso (61,2).
Fig. 2.1.4 - Gender Equality Index per le attività domestiche e di cura. Ue28 -
Anno 2018
EIGE: care index. UE28 - Anno 2018
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati EIGE
25
Contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, ovvero che all’impegno lavora-
tivo fuori casa delle donne corrisponda una maggior conpisione dei com-
piti tra i partner dentro casa, in realtà sono ancora le donne a sostenere la
maggior parte del carico di lavoro destinato alle attività domestiche e all’ac-
cudimento e cura di figli e familiari. Una realtà che emerge anche dall’indice
di asimmetria del lavoro familiare: in Veneto, nel caso di coppie in cui lavora
solo l’uomo, la donna svolge il 76% del lavoro familiare; se entrambi i part-
ner lavorano, lo squilibrio diminuisce ma non di molto dato che la donna
continua a farsi carico del 68% delle incombenze familiari. In particolare, la
nascita di un bambino comporta una profonda riorganizzazione della vita sul
piano personale, familiare e lavorativo.
Ed è così che il tasso di occupazione delle donne con figli è, per tutte le età,
più basso di quello delle donne senza figli, lasciando in evidenza quanto
ancora bisogna lavorare anche per la creazione di politiche efficaci sulla
conciliazione tra i tempi di lavoro e la vita familiare.
Uno strumento per agevolare la gestione familiare è il ricorso al part time,
ma anche in questo caso si identificano alcune criticità. Innanzitutto la ridu-
zione dell’orario di lavoro è una prerogativa ancora femminile: in Veneto,
nel 2019, il 36,5% delle donne lavora in regime di part time, valore che pre-
cipita al 6% fra gli uomini. Inoltre, la nostra regione ha un doppio primato:
la percentuale di part time femminile è la seconda più alta d’Italia, mentre
quella maschile è la più bassa in assoluto.
Fig. 2.1.5 – Percentuale di donne occupate in part time volontario e involontario
sul totale di donne occupate. Veneto - Anni 2008:2019
40 Part time involontario Part time volontario
30
17 16 19
10 14 17 16 17 17
10 13
20
10 21 20 19
19 18 17 18 17 18 18 18
0
2009
2010
2011
2012
2013
2014
2015
2016
2017
2018
2019
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Istat
26
Donne e uomini nel contesto veneto e
nelle medie e grandi imprese
A volte, poi, il part time nasconde situazioni di sottoutilizzo delle risorse
umane: molti lavoratori non vorrebbero lavorare a tempo ridotto con uno
stipendio decurtato, ma sono obbligati a farlo perché non hanno trovato
un lavoro a tempo pieno. Il part time involontario è cresciuto notevolmente
negli anni di crisi economica denotando un calo della qualità del lavoro: se
nel 2008 il 4,2% degli occupati si trovava in una condizione di part time in-
volontario, nel 2019 sono il 10,1% (19,0% fra le donne, 3,5% fra gli uomini).
Per agevolare la conciliazione famiglia-lavoro, oltre al part time, altri po-
trebbero essere gli strumenti da utilizzare. La ridefinizione dell’orario di la-
voro, in accordo con l’azienda, permette di inpiduare profili orari persi
rispondendo alle necessità derivanti dalla organizzazione della propria vita
privata. Tra questi strumenti di flessibilità oraria ci sono:
- la banca delle ore che prevede che le ore di straordinario che vengo-
no accumulate, anziché riscosse in forma monetaria, possano essere
accantonate in un conto ore dal quale il lavoratore possa attingere al
bisogno (previo consenso aziendale);
- il tele-lavoro, ancora poco utilizzato nel nostro Paese, spesso perché i
datori di lavoro non posseggono strumenti adeguati alla misurazione
della prestazione lavorativa in alternativa alla presenza in ufficio dei
collaboratori, ma anche per problemi legati alla normativa sulla sicu-
rezza sul lavoro;
- la flessibilità dell’orario di entrata e uscita dal lavoro che si sta diffon-
dendo sempre più;
- lo smartworking.
Proprio lo smartworking rappresenta la cifra distintiva di questo momen-
to straordinario che l’Italia, ma non solo, sta vivendo. In tempi strettissimi,
Scuola, Università, imprese, Pubblica Amministrazione, hanno dovuto dare
corso a quella rivoluzione delle modalità di lavoro più volte discussa, ma
che finora è sempre rimasta un’esperienza marginale seppur evocata come
strumento utile a migliorare la conciliazione famiglia-lavoro o a ridurre gli
spostamenti e di conseguenza l’inquinamento, a rispondere al perso ap-
proccio che le giovani generazioni hanno rispetto ai tempi del lavoro. La
speranza è che questo esperimento forzato su larga scala rimanga poi un
patrimonio utile a sperimentare nuove forme organizzative.
La conciliazione fra tempi di lavoro e tempi familiari risulta anche più com-
plessa se gli orari di lavoro sono disagiati. Molte donne e uomini con figli
si trovano a dover lavorare di sera o di notte, di sabato o di domenica: in
Veneto nel 2019 sono il 50,6% gli uomini occupati con figli che lavorano
in orari difficili e 39,1% le madri, un dato che fa riflettere se consideriamo
27
quanto detto sopra sul peso del lavoro domestico che continua a gravare
principalmente sulle spalle delle donne. In particolare, le donne che lavora-
no al sabato sono in aumento e sono pari al 37,5%, il 19,1% quelle che lavo-
rano alla domenica, il 16,4% di sera, il 17,1% con turni e quasi l’8% di notte.
Fig. 2.1.6 - Donne occupate con figli per lavoro in orari disagiati. Veneto - Anno
2019
40 37,5
35
30
25
19,1
20 17,1
16,4
15
10 7,8
5
0
Di sera Di notte Di sabato Di domenica Con turni
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Istat
È alla donna dunque che si richiede più spesso di accettare i compromessi
necessari per adattare la sua attività lavorativa alle esigenze della famiglia,
e questo comporta un maggior grado di disagio e di fragilità economica
anche nelle età avanzate.
2.2 Le donne e gli uomini dell’indagine sul personale nell’aziende
con oltre cento dipendenti
Le imprese con oltre cento dipendenti, per permettere il monitoraggio della
condizione delle lavoratrici e dei lavoratori occupati nelle realtà produttive
di media e grande dimensione, sono tenute alla redazione ogni due anni di
un rapporto sulla gestione del personale. Al fine di monitorare tale situazio-
ne lavorativa, l’art. 46 del Decreto Legislativo n. 198 del 2006 prevede uno
strumento di rilevazione che obbliga le imprese con più di cento dipendenti
a dare conto di aspetti di rilievo circa la gestione del personale come le as-
sunzioni, i licenziamenti, i passaggi di livello o di categoria, la formazione e
la retribuzione, mediante la compilazione di un apposito modello introdotto
con decreto ministeriale del 17 luglio 1996.
28
Donne e uomini nel contesto veneto e
nelle medie e grandi imprese
L’obiettivo è di definire un benchmark statistico per finanziare interventi di
prevenzione delle disparità di trattamento fra i generi sul lavoro così da
assicurare e promuovere l’attuazione del principio delle pari opportunità.
Le aziende rispondenti…
Per il biennio 2018/2019 le aziende con sede in Veneto rispondenti all’in-
dagine sulla situazione del personale maschile e femminile nelle imprese
con oltre 100 dipendenti sono state 1.015, per un totale di quasi 362mila
occupati alla fine del 2019, di cui il 44,6% femmine.
A livello provinciale Vicenza, Treviso e Verona presentano il numero mag-
giore di imprese con più di 100 addetti rispondenti all’indagine. Per quanto
riguarda la classe dimensionale, le aziende dell’indagine sono per lo più
imprese che registrano meno di 150 dipendenti (il 34,5%), seguono poi
le aziende che danno lavoro a 150-199 dipendenti (21,6%) e quelle molto
grandi con più di 350 (il 21,3% dei rispondenti) che assorbono il 62% del
personale osservato. In dettaglio, il tasso di femminilizzazione, ovvero la
quota di lavoratrici sul totale degli occupati, è più alto nelle grandi aziende
(50%).
Il tasso di femminilizzazione varia in modo significativo fra le province vene-
te: si passa dal 37,1% della provincia di Rovigo al 57,6% di Belluno; valori
che superano la metà anche a Padova e a Venezia: rispettivamente, 51,2%
e 50,5%. Ciò dipende dal tipo di lavoro più frequente nel territorio: si sot-
tolinea, infatti, che a Rovigo il 67% degli occupati delle aziende rispondenti
lavora nel settore manifatturiero, settore che tradizionalmente conta una
presenza maschile più marcata, mentre a Venezia, il 39% lavora nel com-
mercio, settore più rosa.
Tab. 2.2.1 - Aziende rispondenti con sede in Veneto per classe dimensionale -
Anno 2019
Distribuzione %
Aziende Numero occupati % femmine su
occupati
totale
N % Totale Femmine Totale Femmine
Meno di 150 350 34,5 42.145 15.183 11,6 9,4 36,0
Da 150 a 199 219 21,6 37.734 13.209 10,4 8,2 35,0
Da 200 a 249 118 11,6 26.186 9.057 7,2 5,6 34,6
Da 250 a 349 112 11,0 32.723 12.500 9,0 7,7 38,2
350 e più 216 21,3 223.033 111.560 61,6 69,1 50,0
Totale 1.015 100,0 361.821 161.509 100,0 100,0 44,6
Fonte: Elaborazione dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
29
…e il personale: persa la concentrazione per genere nei settori…
Il settore maggiormente rappresentato risulta ancora quello dell’industria
in senso stretto con il 56% del totale aziende rispondenti che assorbono
il 45,3% del personale coinvolto nell’indagine, seguono il commercio con
l’11,1% delle imprese e il 18,6% dei lavoratori e l’area delle attività con-
nesse all’istruzione, sanità ed altri servizi sociali con l’8% delle aziende e il
10,3% degli occupati.
Uomini e donne si concentrano in modo perso nei settori. Le donne sono
più presenti rispetto ai maschi nel campo dell’istruzione, sanità ed altri servi-
zi sociali (sono il 79% degli occupati), nella Pubblica Amministrazione (75%),
nelle attività di altri servizi collettivi e personali (62,6%), nel commercio
(61,7%) e nella ristorazione/alberghi (57,6%); prettamente maschile, invece,
l’edilizia (85,2%), il Trasporto e magazzinaggio (82,7%) e pari al 71,4% la
quota di uomini nell’industria in senso stretto.
Tab. 2.2.2 - Distribuzione percentuale delle aziende e degli occupati per settore.
Veneto - Anno 2019
Occupati
Aziende % maschi % femmine
Totali femmine
sul totale sul totale
Agricoltura, silvicoltura e pesca 0,9 0,7 0,5 65,9 34,1
Industria in senso stretto 56,0 45,3 29,0 71,4 28,6
Costruzioni 1,6 1,0 0,3 85,2 14,8
Commercio 11,1 18,6 25,8 38,3 61,7
Alberghi e ristoranti 2,7 1,8 2,4 42,4 57,6
Trasporto e magazzinaggio 5,5 4,6 1,8 82,7 17,3
Servizi di informazione e comu- 2,6 1,5 1,4 60,5 39,5
nicazione
Attività finanziarie e assicurative 2,3 3,8 3,9 54,1 45,9
Attività immobiliari, servizi alle 6,8 6,8 7,9 47,6 52,4
imprese e altre attività profes-
sionali e imprenditoriali
Amministrazione pubblica e di- 0,5 3,9 6,6 25,2 74,8
fesa assicurazione sociale obbli-
gatoria
Istruzione, sanità ed altri servizi 8,0 10,3 18,1 21,1 78,9
sociali
Altri servizi collettivi e personali 2,2 1,7 2,4 37,4 62,6
Totale 100,0 100,0 100,0 55,4 44,6
Fonte: Elaborazione dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
30
Donne e uomini nel contesto veneto e
nelle medie e grandi imprese
…e sempre poche le donne con qualifiche alte
Diversa è anche la qualifica raggiunta per genere: in linea con i dati regio-
nali desunti dalla rilevazione Istat sulle Forze Lavoro, è elevata la “segrega-
zione verticale” per le donne, ovvero l’esigua rappresentanza di esse nei
profili aziendali più alti. Nel 2019 fra i lavoratori che ricoprono una carica
dirigenziale (il 2,1% del totale occupati) solo il 31,7% sono donne e il 34,2%
sono le rappresentanti fra i quadri, viceversa, le impiegate rappresentano
il 58,4% del relativo personale. A livello provinciale spicca Verona dove la
quota di donne dirigenti e quadri supera il 46% del totale, molte meno sono
le donne con figure dirigenziali al lavoro nelle altre province: Belluno regi-
stra il 35,3% e Vicenza il 30,8%. Nelle altre province la quota è al di sotto del
30% e a Treviso e a Rovigo scendono al di sotto persino del 20%.
Le donne ricoprono ruoli meno qualificanti rispetto agli uomini, riflettendosi
così sulla retribuzione. E’chiaro che, se per garantire lo sviluppo dell’occu-
pazione, l’aumento della partecipazione delle donne nel mercato lavorativo
riveste un ruolo chiave, è necessario valorizzarne il potenziale. Aumentando
il salario e offrendo più opportunità, le donne sarebbero più probabilmente
indotte ad entrare nel mercato del lavoro2.
Fig. 2.2.1 - Tasso di femminilizzazione e distribuzione % degli occupati per cate-
gorie professionali (*). Veneto - Anno 2019
Tasso di femminilizzazione Distribuzione % totale occupati
58,4
60
48,2
50 45,4
40
34,2 33,2
31,7
30
20
10 4,3
2,1
0
Dirigenti Quadri Impiegati Operai
(*) Tasso di femminilizzazione = Percentuale di donne sul totale di riferimento
Fonte: Elaborazione dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
2
Al riguardo si possono leggere maggiori informazioni nei prossimi capitoli.
31
Anche nei settori del Commercio, della Ristorazione/alberghi e degli Altri
servizi collettivi e personali, dove il personale è più rosa, poche sono le
donne che ricoprono le cariche più alte: infatti, nel primo caso sono appena
il 14,6% le cariche dirigenziali offerte alle femmine contro il 68,6% delle im-
piegate, per gli Alberghi e ristoranti sono il 17,4% le donne dirigenti e per
gli Altri servizi collettivi e personali meno del 10%.
Fig. 2.2.2 - Tasso di femminilizzazione (*) delle figure dirigenziali (dirigenti e
quadri) e del totale dipendenti per provincia. Veneto - Anno 2019
Figure dirigenziali Totale dipendenti
57,6
51,2 50,5
46,5
44,6
41,3 41,2
37,1 38,6
35,3
33,4
29,4 29,6 30,8
19,8 19,8
Belluno Padova Rovigo Treviso Venezia Vicenza Verona Totale
(*) Percentuale di donne sul totale di riferimento
Fonte: Elaborazione dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
L’occupazione tra il 2018 e il 2019
Tra il 2018 e il 2019, quindi prima dell’emergenza sanitaria che stiamo oggi
vivendo, nelle aziende che hanno risposto all’indagine, si registra una cresci-
ta dell’occupazione del 3,5%, più per le donne che per gli uomini: +3% per i
maschi e +4% per le femmine. Da evidenziare che risulta positivo l’aumento
di dipendenti femmine tra le posizioni apicali, considerato anche quanto
scritto nel precedente paragrafo: nel giro di un anno il numero di dirigenti
donne si eleva del 2,7% a fronte di un calo di quasi un punto percentuale
degli uomini, in aumento anche le donne in posizione quadro del 5% (per
i maschi +2%). Inoltre, è rilevante che l’occupazione femminile aumenta in
modo più significativo di quella maschile in tutte le categorie professionali.
32
Donne e uomini nel contesto veneto e
nelle medie e grandi imprese
Fig. 2.2.3 - Variazione percentuale degli occupati 2019/2018 per categoria pro-
fessionale e sesso. Veneto
3,0
Totale
4,0
Maschi
Femmine
3,5
Operai
3,9
2,6
Impiegati
4,1
1,9
Quadri
4,7
-0,8
Dirigenti
2,7
-2 -1 0 1 2 3 4 5
Fonte: Elaborazione dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
Fig. 2.2.4 - Variazione percentuale 2019/2018 e distribuzione % degli occupati
del 2019 per settore e sesso. Veneto
45,3
Var. % occupati 2019/2018 Totale
40 Var. % occupati 2019/2018 Femmine
Distribuz. % occupati Totale
30
18,6
20
10,3
10 1,8 6,8
4,6 3,8 3,9
0,7 1,0 1,5 1,7
0
senso stretto
Industria in
informaz. e
ristoranti
Trasporto e
Alberghi e
comunic.
assicurative
magazzinaggio
pesca
Servizi di
finanziarie e
silvicoltura e
Amm.
Agricoltura,
pubblica (**)
Istruzione,
immobiliari(*)
servizi sociali
Attività
sanità ed altri
Commercio
Costruzioni
personali
Attività
Altri servizi
collettivi e
-10
(*) Attività immobiliari, servizi alle imprese e altre attività professionali e imprenditoriali
(**) Amministrazione pubblica e difesa assicurazione sociale obbligatoria
Fonte: Elaborazione dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
33
In sintesi, per quanto riguarda le entrate e le uscite dei dipendenti nelle
aziende, le cifre circa si equivalgono in entrambi i casi tra i due sessi, con un
saldo a fine anno leggermente superiore per le donne rispetto all’inizio del
2019. In termini di settore, invece, vale la pena sottolineare la crescita nel
biennio degli occupati nel campo dei servizi di informazione e comunica-
zione, della ristorazione e alberghi e del trasporto e magazzinaggio, settori
dove pesa di più la crescita occupazionale femminile.
34
Donne e uomini nel contesto veneto e
nelle medie e grandi imprese
35
3 Mercato lavorativo:
quello femminile
è più mobile
Mercato lavorativo:
quello femminile è più mobile
Capitolo 3 - Mercato lavorativo: quello femminile è
più mobile
Prima della pandemia del 2020, fenomeno che sta già portando e porterà
conseguenze nel mercato del lavoro, negli ultimi anni il lavoro era aumen-
tato, ma la povertà non diminuiva, perché? Non basta, infatti, creare lavori
per abbattere la povertà, bisogna che questi lavori siano relativamente ben
remunerati e non siano intercalati da molti periodi di disoccupazione; un
buon impiego stabile offre maggiori opportunità all’inpiduo, dona mag-
giore sicurezza e gli permette di fare dei progetti futuri.
In tale contesto, in questo capitolo e nel prossimo, si analizzano i risulta-
ti emersi dall’indagine sull’occupazione femminile e maschile nelle im-
prese con più di 100 dipendenti che operano nel territorio veneto, con-
dotta dall’Ufficio Consigliera Regionale di Parità del Veneto per il biennio
2018/2019.
3.1 Meno le promozioni di carriera per le donne
Nel corso del 2019 sono stati assunti nelle aziende con più di 100 occupati,
considerate nell’indagine in esame, quasi 73mila dipendenti e promossi 21
mila, ovvero, rispettivamente, il 20,2% e il 5,8% del totale occupati. Molte
le assunzioni e le promozioni di impiegate, categoria che assorbe il 45,4%
degli occupati e con un tasso di femminilizzazione del 58,4%.
Tab. 3.1.1 - Promozioni e assunzioni per principali categorie professionali e ses-
so. Veneto - Anno 2019
% promozioni sul % assunzioni sul
totale occupati totale occupati nella Promozioni Assunzioni
nella categoria categoria
Maschi Femmine Maschi Femmine % Femmine % Femmine
Dirigenti 2,1 1,5 9,4 11,5 25,2 36,3
Quadri 4,3 3,6 9,2 8,8 30,0 33,0
Impiegati 6,6 5,7 15,9 19,5 55,2 63,4
Operai 6,0 4,4 19,5 27,8 26,6 41,4
Apprendisti 16,2 16,6 51,0 48,7 47,1 45,3
Totale 6,2 5,4 18,2 22,6 41,2 50,1
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
37
Ma a fronte di una assunzione praticamente equa tra i due generi, maggiori
sono le occasioni di promozione invece per gli uomini e meno sono le don-
ne che fanno carriera. Non solo sono meno le donne che ricoprono ruoli
apicali, ma più bassa è anche la quota di donne dirigenti o quadri che hanno
avuto una promozione rispetto ai colleghi uomini.
Ovviamente il settore dell’industria, che rappresenta oltre la metà del-
le aziende dell’indagine, assorbe la maggiore quantità di assunzioni e di
promozioni fra tutti i settori (rispettivamente, il 28,3% e il 49,5%). Segue il
settore del Commercio con il 25,5% delle assunzioni effettuate nell’anno
e il 23,7% delle promozioni, ma va anche detto che le assunzioni vanno
considerate almeno sulla base della tipologia di contratto offerta e della
stagionalità del lavoro: ad esempio, dalla Figura 3.2.2 presentata nel sot-
tocapitolo seguente, si evince che il Commercio è uno dei settori dove è
meno presente il contratto a tempo indeterminato.
Assumere è sicuramente un dato positivo e essere assunti anche con un
contratto flessibile è una possibilità in più per entrare e restare nel mercato
lavorativo, anziché rimanere disoccupato, l’importante è che tale condizio-
ne non sia protratta per tempi troppi lunghi, generando così situazioni in-
sostenibili.
3.2 L’occupazione per tipo di contratto
Gli ultimi anni sono segnati da numerose novità normative riguardanti il
mercato del lavoro, ma altre forse dovremmo aspettarcene nel futuro pros-
simo a causa della pandemia in atto.
Ciò nonostante, tenendo conto che questa indagine rileva la situazione al
2019, possiamo dire che cambiando le regole d’ingresso per i nuovi assun-
ti, abolendo alcune figure contrattuali precarie e aumentando il grado di
copertura degli ammortizzatori sociali, che raggiungono anche i lavoratori
con carriere discontinue, si è fatto un passo importante verso l’armonizza-
zione delle regole tra perse categorie di lavoratori e verso la riduzione del
dualismo contrattuale, fra lavoratori a tempo indeterminato e lavoratori con
contratti temporanei. E’ chiaro che lavori meno precari hanno effetti positivi
sugli stili di vita, particolarmente dei giovani, che tendono a ritardare la loro
uscita dalla famiglia di origine, anche per motivi economici, e di conseguen-
za a formare una famiglia propria sempre più tardi e ad avere un figlio.
La stabilità del posto di lavoro
Dai risultati dell’indagine sulla situazione occupazionale del personale nel-
le aziende con oltre 100 dipendenti, emerge che l’87,6% delle donne e il
90,7% degli uomini svolgono il loro lavoro con un contratto a tempo inde-
38
Mercato lavorativo:
quello femminile è più mobile
terminato, valori più alti della media veneta registrata dall’indagine Istat
delle Forze Lavoro pari a 84,6% nel 2019. Svolgono, invece, un lavoro a
tempo determinato il 10% delle donne e il 7,1% degli uomini e l’apprendi-
stato circa il 2% in entrambi i sessi. E’ evidente che il lavoro a tempo deter-
minato, che genericamente rappresenta la principale forma di lavoro atipi-
co, è più diffuso tra le donne rispetto agli uomini. Le persone che ricoprono
le cariche più alte nell’azienda hanno anche un contratto più spesso stabile.
Viceversa, per impiegati e operai si registrano quote più alte di occupati
con contratto a tempo: in dettaglio, tra le donne il valore più alto si trova
tra le operaie, 12,2% a fronte dell’8,8% registrato per la stessa categoria fra
gli uomini.
I contratti di lavoro stabili sono più diffusi nell’Amministrazione pubblica,
dove tale contratto viene offerto a quasi la totalità dei dipendenti maschi
e femmine, e nel settore delle Attività finanziarie, campo quest’ultimo che
offre anche tra l’altro più formazione e più alte retribuzioni ai propri impie-
gati1; valori al di sopra del 90% anche nell’Industria in senso stretto e nel-
le Costruzioni, mentre la maggior presenza di instabilità lavorativa, ovvero
di stagionalità nei contratti, è evidente nel settore dell’Agricoltura dove a
meno del 44% dei dipendenti è offerto un lavoro a tempo indeterminato e
si registra un gender gap di venti punti percentuali a sfavore delle donne
che lavorano con un contratto stabile solo nel 30,8% dei casi rispetto agli
uomini che lo fanno nel 50,7% dei casi, il gap più elevato fra tutti i settori.
Il secondo gender gap più elevato si registra nel settore degli Alberghi e
ristoranti, ma questa volta a sfavore degli uomini: in questo campo le donne
lavorano per il 69,6% dei casi con un contratto a tempo indeterminato men-
tre gli uomini nel 57,8% dei casi.
Fig. 3.2.1 - Distribuzione percentuale dei lavoratori per sesso e contratto. Ve-
neto - Anno 2019
Maschi Femmine
Tempo indeterminato Tempo determinato Apprendistato
90,7% 87,6%
10,0%
7,1%
2,3%
2,2%
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
1
Al riguardo si legga il capitolo 4.
39
Tab. 3.2.1 - Distribuzione percentuale dei lavoratori per ruolo, per sesso e con-
tratto. Veneto - Anno 2019
Tempo Tempo
Apprendistato Totale
indeterminato determinato
Totale
Dirigenti 98,4 1,6 0,0 100,0
Quadri 99,3 0,7 0,0 100,0
Impiegati 89,4 7,9 2,6 100,0
Operai 87,9 9,9 2,2 100,0
Totale 89,3 8,4 2,2 100,0
Femmine
Dirigenti 98,6 1,4 0,0 100,0
Quadri 99,3 0,7 0,0 100,0
Impiegati 88,0 9,4 2,5 100,0
Operai 85,5 12,2 2,3 100,0
Totale 87,6 10,0 2,3 100,0
Maschi
Dirigenti 98,3 1,7 0,0 100,0
Quadri 99,3 0,7 0,0 100,0
Impiegati 91,5 5,6 2,7 100,0
Operai 89,1 8,8 2,1 100,0
Totale 90,7 7,1 2,2 100,0
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
Fig. 3.2.2 - Quota di lavoratori a tempo indeterminato sul totale lavoratori per
ogni settore. Veneto - Anno 2019
Amm. Pubblica (*) 98,8
Attività finanziarie e assicurative 98,5
Industria in senso stretto
Costruzioni
Istruzione, sanità ed altri servizi sociali
Trasporto e magazzinaggio
Servizi di informazione e comunicazione
Commercio
Attività immobiliari (**) Femmine
Altri servizi collettivi e personali Maschi
Alberghi e ristoranti
30,8
Agricoltura, silvicoltura e pesca 50,7
0 50 100
(*) Amministrazione pubblica e difesa assicurazione sociale obbligatoria
(**) Attività immobiliari, servizi alle imprese e altre attività professionali e imprenditoriali
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
40
Mercato lavorativo:
quello femminile è più mobile
La scelta del part time: un fenomeno femminile
Ma le maggiori differenze di genere emergono se si analizza la durata del
contratto: infatti, a fronte dell’86,9% di uomini che hanno un impiego a
tempo pieno e indeterminato, le donne che si trovano nella stessa condi-
zione sono il 58,6%. Come già accennato in questo rapporto, il part time
è largamente diffuso tra le donne ancora oggi più attive rispetto al proprio
partner nella cura della casa e della famiglia. Complessivamente sono circa
il 33,4% le lavoratrici in queste aziende che a fine del 2019 risultano lavorare
a tempo ridotto contro il 5,3% dei maschi, ovvero la componente femminile
ricopre ben l’83,6% dei lavoratori in part time.
Se da una parte, parlando di prosperità economica, obiettivo raggiungibile
mediante la piena occupazione e l’offerta di impieghi adeguati, il lavoro a
tempo parziale è uno strumento importante per accrescere la partecipa-
zione e l’occupazione, una soluzione per equilibrare gli impegni della vita
professionale con le esigenze personali e familiari e un’organizzazione del
lavoro più favorevole alla vita familiare contribuisce ad una più alta qualità
della vita, dall’altra è certo, però, che tale discrepanza di genere nell’uso del
part time evidenzia il perpetuare del modello tradizionale di pisione dei
ruoli nella famiglia ed incide pesantemente anche sulle carriere delle donne
e quindi sui loro redditi e sulle future pensioni.
L’uso del part time è perso tra i settori. Circa metà delle donne che lavo-
rano nel campo degli Alberghi e ristoranti o nelle Attività immobiliari, ser-
vizi alle imprese e altre attività professionali e imprenditoriali sono a tempo
Tab. 3.2.2 - Distribuzione percentuale dei lavoratori per contratto e sesso. Ve-
neto - Anno 2019
Distribuzione % per genere Distribuzione % per contratto
Femmine Maschi Totale Femmine Maschi Totale
Lavoratori a tempo pieno 36,2 63,8 100,0 66,6 94,7 82,2
di cui
a tempo indeterminato 35,2 64,8 100,0 58,6 86,9 74,3
a tempo determinato 44,9 55,1 100,0 5,7 5,6 5,6
con altri contratti (formazione 46,4 53,6 100,0 2,4 2,2 2,3
lavoro, apprendistato, ecc.)
Lavoratori a tempo parziale 83,6 16,4 100,0 33,4 5,3 17,8
di cui
a tempo indeterminato 86,1 13,9 100,0 29,0 3,8 15,0
a tempo determinato 70,1 29,9 100,0 4,4 1,5 2,8
Totale lavoratori 44,6 55,4 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
41
Fig. 3.2.3 - Percentuale di lavoratori in part time per sesso e settore. Veneto -
Anno 2019
23,4
Alberghi e ristoranti 50,4
Attività immobiliari (**)
15,9
48,9
Istruzione, sanità ed altri servizi 19,9
sociali 43,1
11,1
Commercio 42,3
24,7
Altri servizi collettivi e personali 36,6
5,7
Trasporto e magazzinaggio 34,1
Servizi di informazione e 2,2
comunicazione 25,6
Costruzioni
2,1 Maschi
25,0
Amm.pubblica (*)
2,8 Femmine
22,2
Attività finanziarie e 1,3
assicurative 20,3
1,6
Industria in senso stretto 18,7
1,0
Agricoltura, silvicoltura e pesca 7,9
0 20 40 60
(*) Amministrazione pubblica e difesa assicurazione sociale obbligatoria
(**) Attività immobiliari, servizi alle imprese e altre attività professionali e imprenditoriali
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
Fig. 3.2.4 - Percentuale di lavoratori in part time sul totale dipendenti per sesso
e ruolo. Veneto - Anno 2019
40 37,3
Totale
35 Femmine 33,1 33,4
Maschi
30
25
21,9
20 17,8
15,9
15
10,9
10
6,3 5,3
4,2 5,3
5 3,1
1,2 0,4 0,7
0
Dirigenti Quadri Impiegati Operai Totale
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
42
Mercato lavorativo:
quello femminile è più mobile
ridotto, mentre sono il 20,3% nel settore finanziario, il 18,7% nell’Industria e
il 7,9% nel lavoro agricolo. Per quanto riguarda gli uomini, i valori più alti di
occupati in part time si trovano nel campo di Altri servizi collettivi e perso-
nali (circa un quarto dei dipendenti) e nel settore alberghiero e ristorazione
(23,4%).
Poche le dirigenti in part time, mentre è largamente diffuso tra le operaie
e le impiegate che lo utilizzano, rispettivamente, nel 37,3% e nel 33,1% dei
casi.
3.3 La mobilità occupazionale nelle aziende
Per quanto riguarda la dinamicità lavorativa delle aziende oggetto dell’in-
dagine, ovvero il movimento occupazionale dei dipendenti, nel 2019 si re-
gistrano quasi 83.500 entrate che coinvolgono per il 50,1% dei casi le don-
ne. In generale, il principale motivo dell’entrata sono nuove assunzioni: il
92,3%, in numero maggiore di donne, seguono i trasferimenti da altra unità
produttiva (4,2%) e i passaggi da altra categoria (3,5%), per i quali sono più
coinvolti gli uomini.
Tab. 3.3.1 (segue)- Entrate e uscite dei dipendenti dall’azienda per tipologia e
sesso. Veneto - Anno 2019
% femmine
Totale Femmine Maschi
sul totale
Entrate
Trasferimenti da altra unità produttiva 4,2 4,1 4,2 49,6
Passaggio da altra categoria 3,5 2,7 4,3 39,2
Nuova assunzione 92,3 93,1 91,5 50,6
Totale Entrate 100,0 100,0 100,0 50,1
Uscite
Trasferimenti ad altra unità produttiva 4,3 4,5 4,1 52,3
Passaggio ad altra categoria 3,4 2,7 4,2 38,8
Cessazione rapporto di lavoro 92,3 92,8 91,7 50,1
Totale Uscite 100,0 100,0 100,0 49,8
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
43
Tab. 3.3.1 (segue)- Entrate e uscite dei dipendenti dall’azienda per tipologia e
sesso. Veneto - Anno 2019
% femmine
Totale Femmine Maschi
sul totale
di cui Cessazioni per (distribuz %):
Licenziamenti collettivi 0,8 0,5 1,2 30,4
Licenziamento per giusta causa 1,5 0,9 2,0 31,6
Licenziamento per giustificato motivo oggettivo 2,6 3,0 2,3 56,6
Licenziamento per giustificato motivo soggettivo 0,7 0,5 0,8 40,9
Licenziamento per giusta causa durante il perio- 0,5 0,3 0,6 37,7
do di formazione
Licenziamento per giustificato motivo durante il 0,2 0,2 0,2 57,4
periodo di formazione
Dimissioni 37,7 34,3 41,0 45,7
Modifica del termine inizialmente fissato 0,3 0,3 0,3 50,7
Decesso 0,4 0,3 0,6 31,7
Risoluzione consensuale 1,2 1,0 1,4 42,7
Cessata attività 0,2 0,2 0,1 64,7
Pensionamenti 4,0 2,6 5,3 33,3
Prepensionamenti 0,4 0,4 0,4 48,1
Scadenza contratto 44,6 50,6 38,6 56,9
Altro 4,9 4,6 5,3 47,0
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
Anche per quanto riguarda le uscite la quota si distribuisce quasi equamen-
te tra uomini e donne. Complessivamente, il 92,3% è dovuto per cessazione
del rapporto del lavoro: più in particolare per la scadenza del contratto, il
44,6% del totale cessazioni e per le dimissioni volontarie (37,7%). La prin-
cipale persità uomo-donna che vale la pena sottolineare si trova proprio
nella scadenza del contratto, più incisiva per il gentil sesso: si registra un
gap uomo-donna in questo caso di 12 punti percentuali a sfavore delle don-
ne, vista anche la maggior percentuale di occupate a tempo determinato.
Le dimissioni volontarie interessano, invece, di più gli uomini.
Per quanto riguarda i settori, emerge il carattere molto flessibile in Agricol-
tura e degli Alberghi/ristoranti. Nel primo settore la quota di dipendenti
entrati e di usciti nel 2019, rispetto ai relativi occupati, quasi si equivalgono
e sono altissime, ovvero l’85%, e la percentuale di usciti per scadenza di
contratto è quasi il 91%. Nel campo dell’alberghiero e ristorazione la quota
di occupati entrati è sempre 85%, la quota di usciti 78,5%, di cui per con-
44
Mercato lavorativo:
quello femminile è più mobile
tratto scaduto il 61%. Seguono Altri servizi collettivi e personali e le attività
immobiliari con valori un po’ più bassi dei settori appena descritti nelle en-
trate e uscite dei dipendenti, ma quote di usciti per scadenza di contratto
alte: rispettivamente, 68,8% e 58,3%.
Viceversa, l’Amministrazione pubblica, le attività finanziarie e assicurative e i
Servizi di informazione e comunicazione sono settori meno mobili.
Il gap gender più elevato nelle uscite per contratto scaduto si registra
nell’Industria che risulta pari ad oltre 31 punti percentuali a sfavore delle
donne, mentre negli Alberghi/ristoranti il gap è pari a 14 punti a sfavore
degli uomini. Comunque si sottolinea che nella maggioranza dei settori le
quote di uscite per contratto scaduto è più elevata tra le donne, evidenzian-
do ancora una volta la maggiore mobilità femminile.
Fig. 3.3.1 - Mobilità aziendale per settore: percentuale di dipendenti entrati e
di usciti nell’anno rispetto al totale occupati a fine anno e quota di usciti per
scadenza del contratto. Veneto - Anno 2019
100 Dimensione bolla = % us ci� per s cadenza di contra�o
Agricoltura
% dipendenti usciti rispetto agli occupati
90
80
70 Alberghi e ristoranti
60 Altri servizi collettivi
e personali
50
40 Istruzione, sanità ed Attività immobiliari
altri servizi sociali (**)
30 Totale Commercio
20 Costruzioni Trasporto e
magazzinaggio
10 Servizi di informaz. e
Industria com.
Amm. pubblica (*) Attività finanz. e ass.
0
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100
% dipendenti entrati rispetto agli occupati
(*) Amministrazione pubblica e difesa assicurazione sociale obbligatoria
(**) Attività immobiliari, servizi alle imprese e altre attività professionali e imprenditoriali
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
Le trasformazioni contrattuali
Interessanti anche i dati sulle trasformazioni contrattuali, ossia se e come
vengono trasformati i contratti di lavoro da tempo determinato a indetermi-
45
nato, da tempo parziale a pieno e viceversa.
Le stabilizzazioni lavorative nel 2019 sono state 15.800, ovvero il 4,4% degli
occupati delle aziende, e hanno interessato in misura maggiore le donne
che hanno registrato il 4,7% delle lavoratrici, mentre gli uomini il 4,1% dei
lavoratori. Ancora più evidente è il carattere prevalentemente femminile del
cambiamento di orario di lavoro: nel 68,8% dei casi il passaggio da un orario
parziale ad uno pieno riguarda le donne, così come il 77,9% delle riduzioni
di orario.
Nel 2019 il settore più mobile è quello degli Alberghi e ristoranti che re-
gistra le quote più alte, fra tutti i settori, di dipendenti che trasformano il
proprio contratto da determinato a indeterminato e di quelli che cambiano
orario da tempo parziale a pieno; inoltre questo settore presenta anche la
seconda quota più elevata di passaggi da tempo pieno a tempo parziale.
Tab. 3.3.2 - Trasformazioni contrattuali registrate nel 2019 per tipologia e ge-
nere. Veneto
Totale % sul totale occupati
Totale Femmine Maschi Totale Femmine Maschi
Da tempo determinato a tempo 100,0 48,0 52,0 4,4 4,7 4,1
indeterminato
Da tempo parziale a tempo pieno 100,0 68,8 31,2 1,5 2,4 0,9
Da tempo pieno a tempo parziale 100,0 77,9 22,1 1,5 2,6 0,6
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
Questi dati sono in linea con la maggiore percentuale di lavoratori in part
time rilevata proprio in questo settore. Molto attivi anche i settori Altri servi-
zi collettivi e personali e il Commercio e interessanti i dati delle stabilizzazio-
ni nelle Attività immobiliari, servizi alle imprese e altre attività professionali e
imprenditoriali; tutti settori anche questi che hanno una maggiore presenza
di occupati in part time.
In sintesi, dall’analisi si evidenzia un mercato lavorativo femminile mobile:
rispetto ai colleghi maschi, maggiore la richiesta di cambiamento di orario,
l’utilizzo del part time, i tempi determinati, le uscite per scadenza del con-
tratto, a segnale del perpetuare del modello tradizionale di pisione dei
ruoli nella famiglia che incide pesantemente anche sulle carriere delle don-
ne e quindi sui loro redditi e sulle future pensioni. Alle donne è richiesto di
essere madri, mogli, figlie, lavoratrici, ma è essenziale scaricare il peso che
grava su di loro, incentivando di più anche la sudpisione delle responsabi-
lità dei figli ad entrambi i genitori.
46
Mercato lavorativo:
quello femminile è più mobile
Sebbene siano di più le donne laureate, una donna su tre in Veneto in età
30-34 anni è laureata, mentre tale rapporto fra gli uomini si ferma a uno su
quattro, continuano ad essere sottorappresentate nei luoghi decisionali e
pagate meno rispetto agli uomini.
È necessario trovare ancora nuove strategie per la conciliazione fra vita fa-
miliare e vita lavorativa così da assicurare maggiore inclusione femminile,
anche in una prospettiva di prosperità economica, e da aumentare le possi-
bilità occupazionali e quelle professionali.
Tab. 3.3.3 (segue) - Trasformazioni contrattuali registrate nel 2019 per tipolo-
gia, settore e genere. Percentuale sugli occupati. Veneto
Da tempo determinato a
tempo indeterminato
Totale Femmine Maschi
Agricoltura, silvicoltura e pesca 4,7 5,3 4,4
Industria in senso stretto 3,0 2,9 3,0
Costruzioni 4,8 3,2 5,1
Commercio 6,5 6,7 6,3
Alberghi e ristoranti 8,7 8,4 9,0
Trasporto e magazzinaggio 7,1 6,6 7,2
Servizi di informazione e comunicazione 2,9 4,7 1,8
Attività finanziarie e assicurative 3,3 3,8 2,8
Attività immobiliari, servizi alle imprese e altre attività 7,7 7,7 7,6
professionali e imprenditoriali
Amministrazione pubblica e difesa assicurazione sociale 0,4 0,3 0,5
obbligatoria
Istruzione, sanità ed altri servizi sociali 4,3 4,3 4,5
Altri servizi collettivi e personali 6,1 7,2 4,3
Totale 4,4 4,7 4,1
Agricoltura, silvicoltura e pesca 0,3 1,0 0,0
Industria in senso stretto 0,6 1,5 0,2
Costruzioni 0,8 2,9 0,5
Commercio 3,0 4,0 1,4
Alberghi e ristoranti 9,0 7,4 11,3
Trasporto e magazzinaggio 1,4 1,3 1,4
Servizi di informazione e comunicazione 1,0 2,4 0,1
Attività finanziarie e assicurative 0,6 1,1 0,1
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
47
Tab. 3.3.3 (segue) - Trasformazioni contrattuali registrate nel 2019 per tipolo-
gia, settore e genere. Percentuale sugli occupati. Veneto
Da tempo pieno a tempo
parziale
Totale Femmine Maschi
Attività immobiliari, servizi alle imprese e altre attività 2,3 2,6 2,0
professionali e imprenditoriali
Amministrazione pubblica e difesa assicurazione sociale obbligatoria 0,4 0,5 0,2
Istruzione, sanità ed altri servizi sociali 1,4 1,5 1,4
Altri servizi collettivi e personali 6,5 4,8 9,3
Totale 1,5 2,4 0,9
Agricoltura, silvicoltura e pesca 0,3 0,7 0,0
Industria in senso stretto 0,7 2,1 0,2
Costruzioni 0,3 1,7 0,1
Commercio 3,1 4,1 1,5
Alberghi e ristoranti 4,2 4,8 3,4
Trasporto e magazzinaggio 1,1 4,5 0,4
Servizi di informazione e comunicazione 1,2 2,6 0,3
Attività finanziarie e assicurative 1,0 2,0 0,1
Attività immobiliari, servizi alle imprese e altre attività 2,0 2,6 1,3
professionali e imprenditoriali
Amministrazione pubblica e difesa assicurazione sociale obbligatoria 0,5 0,5 0,3
Istruzione, sanità ed altri servizi sociali 1,3 1,4 0,8
Altri servizi collettivi e personali 6,5 5,2 8,7
Totale 1,5 2,6 0,6
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
48
Mercato lavorativo:
quello femminile è più mobile
49
4 Formazione e retribuzione:
bisogna lavorare per la
parità di genere
Formazione e retribuzione: bisogna
lavorare per la parità di genere
Capitolo 4 - Formazione e retribuzione: bisogna la-
vorare per la paritá di genere
La parità di genere e la valorizzazione delle potenzialità e delle competenze
sono fattori essenziali per costruire una società più prospera, con una mag-
giore qualità di vita per tutti. Per realizzarla è necessario non solo ricono-
scerla giuridicamente, ma anche renderla effettiva in tutte le sfere della vita:
politica, economica, sociale e culturale. Negli ultimi anni si è assistito alla
crescita della partecipazione delle donne nell’economia e del loro contribu-
to alle finanze familiari. La parità di genere e la necessità di colmare il pa-
rio retributivo sono quindi questioni essenziali per la crescita occupazionale,
la competitività e la ripresa economica. Certo è che bisognerà aspettare
per vedere in futuro quale sarà il vero peso della terribile pandemia che
stiamo vivendo. Il lavoro di domani potrebbe uscire, infatti, profondamente
mutato dall’odierna crisi sanitaria e molto probabilmente potrebbe avere
come prime vittime proprio le categorie più fragili, fra le quali rientra anche
la componente femminile.
4.1 La formazione aziendale: un diritto per il lavoratore
L’uguaglianza professionale è fondamentale per qualificare l’impiego e mo-
tivare la forza lavoro. Un impiego di qualità è a sua volta fondamentale
per creare un’atmosfera di lavoro positiva dove ognuno è apprezzato per
i propri meriti. Tra gli strumenti per migliorare la crescita professionale e,
quindi il benessere, vi è la formazione. Inoltre, offrire opportunità di crescita
delle proprie competenze aiuta i lavoratori a far fronte ai rapidi cambiamen-
ti che investono la nostra società, aumenta la competitività e la prosperità
economica. L’aggiornamento e il miglioramento delle competenze degli
adulti è misurato dal Consiglio Europeo con l’adozione di un parametro
che prevede di fornire una formazione permanente ad almeno il 15% degli
adulti in età 25-64 anni entro il 2020. Nel 2019 l’UE28 registra un valore
pari all’11,3% di adulti 25-64 anni che partecipano ad attività formative e di
istruzione. Buone le performance dei Paesi Nordici, primo fra tutti la Sve-
zia con un dato pari al 34,3%; basse, invece, le quote registrate nei Paesi
dell’Est, con il valore più basso registrato in Romania. Anche in Italia la si-
tuazione, sebbene in miglioramento, non è rosea: è pari all’8,1% rispetto al
6% di dieci anni fa. In significativa crescita, ma ancora lontano dall’obiettivo,
il dato veneto: nel 2019 il 10% degli adulti si forma contro il 6,2% registrato
nel 2009.
51
La formazione nelle nostre aziende
Considerando i risultati dell’indagine, condotta dall’Ufficio della Consiglie-
ra Regionale di Parità del Veneto, sulla situazione del personale maschile
e femminile nelle imprese con oltre 100 dipendenti operanti nel territorio
veneto, nel 2019 il 76% delle imprese ha dichiarato di effettuare formazione
per i propri dipendenti per un ammontare complessivo di quasi 403 mila
partecipanti ai corsi di formazione offerti (si tenga presente che un lavorato-
re può frequentare più di un corso).
In sintesi, per ogni 100 occupati delle imprese che hanno offerto attività di
formazione, si contano 138 partecipanti ai corsi. Complessivamente, in tutto
il 2019, sono state erogate circa 3 milioni e mezzo di ore di formazione, 12
per ogni occupato.
Fra le perse categorie di lavoratori, quadri e dirigenti risultano ben forma-
ti: mediamente un quadro ha ricevuto in un anno 25,4 ore di formazione pro
capite, mentre un dirigente 23 ore annue. La categoria che riceve in valore
assoluto più ore di formazione è quella degli impiegati (essendo anche la
seconda categoria con il più alto numero di occupati), ma le ore formative
erogate pro capite sono in misura inferiore a quelle date ai ruoli apicali, ov-
vero 13,6 ore per impiegato; infine, all’estremo opposto troviamo gli operai
con solo 8,4 ore seguite sebbene sia la categoria che assorba il numero più
elevato di occupati delle aziende rispondenti all’indagine.
Tab. 4.1.1 - Formazione in azienda nel corso del 2019: partecipanti e numero di
ore frequentate per categoria professionale e sesso (*). Veneto
% di partecipanti su occupati N. ore di formazione su occupati
Totale Femmine Maschi Totale Femmine Maschi
Dirigenti 170,3 176,7 167,1 23,0 26,3 21,3
Quadri 221,1 218,4 222,6 25,4 21,4 27,7
Impiegati 171,2 154,3 193,7 13,6 11,3 16,6
Operai 97,5 89,9 101,3 8,4 6,5 9,4
Totale 137,9 133,7 141,2 11,9 10,2 13,2
(*) Il numero di partecipanti può essere superiore al numero di occupati nell’azienda perché un lavoratore
può aver frequentato più corsi.
Fonte: Elaborazione dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di
Parità
Per quanto riguarda le differenze di genere, anche dal punto di vista forma-
tivo emerge lo svantaggio delle donne: il numero di partecipanti ogni 100
occupati delle aziende rispondenti che hanno organizzato formazione è pari
52
Formazione e retribuzione: bisogna
lavorare per la parità di genere
a 133,7 tra le donne rispetto al 141,2 degli uomini e le ore pro capite sono
10,2 per le donne e 13,2 per gli uomini. Quadri, impiegati e operai maschi
registrano più ore di formazione rispetto alle colleghe; interessante il dato
della classe dirigenziale dove di più sono le ore di formazione pro capite e
più alta la quota di partecipanti donna sulle occupate.
Fra i settori che offrono più opportunità di formazione troviamo quello fi-
nanziario che spicca con 651 partecipanti ogni 100 occupati delle aziende
rispondenti che hanno organizzato formazione ed oltre 45 ore di formazio-
ne fatte nel 2019 per ogni occupato. Il settore, invece, dove la formazione
sembra meno diffusa è quello agricolo, 51,5 partecipanti e appena 5 ore
formative pro capite, ma ben poche anche le ore offerte nel campo del
commercio e della ristorazione e alberghi, settori più femminili.
Tab. 4.1.2 - Formazione in azienda nel corso del 2019: partecipanti e numero di
ore frequentate per settore (*). Veneto
% di partecipanti su N. ore di formazione su
occupati occupati
Totale Femmine Maschi Totale Femmine Maschi
Agricoltura, silvicoltura e pesca 51,5 56,3 49,2 5,1 6,0 4,7
Industria in senso stretto 128,8 128,2 129,0 11,1 8,6 12,1
Costruzioni 132,0 114,0 135,0 9,9 5,9 10,6
Commercio 73,1 67,8 81,6 5,2 3,6 7,6
Alberghi e ristoranti 138,7 152,3 117,1 6,4 7,1 5,2
Trasporto e magazzinaggio 67,4 72,2 66,5 10,4 10,6 10,3
Servizi di informazione e 95,1 108,1 87,1 21,1 18,3 22,9
comunicazione
Attività finanziarie e assicurative 650,8 644,1 656,4 45,3 39,8 50,0
Attività immobiliari, servizi 92,3 66,2 116,4 10,4 9,3 11,5
alle imprese e altre attività
professionali e imprenditoriali
Amministrazione pubblica e 107,4 109,9 100,1 10,1 10,3 9,6
difesa assicurazione sociale
obbligatoria
Istruzione, sanità ed altri servizi 127,2 124,6 137,5 12,3 12,1 13,0
sociali
Altri servizi collettivi e personali 125,3 120,7 133,2 10,2 10,2 10,1
Totale 137,9 133,7 141,2 11,9 10,2 13,2
(*) Il numero di partecipanti può essere superiore al numero di occupati nell’azienda perché un lavoratore
può aver frequentato più corsi.
Fonte: Elaborazione dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
53
4.2 Lo svantaggio retributivo delle donne
La parità di genere è uno dei capisaldi dell’Unione Europea e la parità re-
tributiva è sancita dai trattati sin dal 1957. Ad oggi le donne vivono ancora
condizioni di maggiore svantaggio economico, le retribuzioni, come abbia-
mo visto anche nel secondo capitolo di questo dossier, sono sempre più
basse rispetto a quelle percepite dagli uomini. E non persa è la situazione
che emerge dall’analisi delle aziende oggetto dell’indagine.
Il pario retributivo incide sul reddito femminile lungo tutto l’arco di vita:
guadagnando meno degli uomini, anche durante la pensione, le donne
sono più esposte al rischio di povertà in vecchiaia.
Una maggiore uguaglianza tra donne e uomini incide positivamente sull’in-
sieme dell’economia e della società. Colmare il pario retributivo tra i sessi
vuol dire ridurre il livello di povertà e dare alle donne la possibilità di gua-
dagnare meglio lungo l’arco di vita, evitando non solo il rischio di povertà
durante la vita lavorativa, ma anche il pericolo di cadere in povertà al mo-
mento della pensione.
Meno i ruoli apicali, meno i soldi in busta paga
Nel valutare le differenze di genere nella retribuzione dei lavoratori è ne-
cessario considerare le perse condizioni lavorative: le donne ricorrono più
spesso al part time dei colleghi uomini, in molti casi per dedicarsi alla cura
della famiglia. Diversi sono anche i ruoli ricoperti e i settori di impiego,
come abbiamo scritto in precedenza.
Dopo questa premessa, si sottolinea che, sulla base di come sono state
formulate le domande nell’indagine, per le stime relative alla retribuzione
per genere non è stato possibile quest’anno calcolare la distinzione fra re-
tribuzione degli occupati a tempo pieno e quella degli occupati a tempo
parziale e quindi non è stato possibile eliminare quella parte di distorsione
dovuta alla maggiore quantità di donne che lavorano in part time. In ogni
caso, però, il pario retributivo, seppur più gonfio di quello stimato nelle
precedenti indagini sul personale nelle aziende con oltre cento dipendenti
(dove era stato possibile fare la distinzione per orario di lavoro) è conferma-
to; inoltre, come abbiamo presentato nel capitolo 2 di questo Rapporto,
anche altre indagini come, ad esempio, la Rilevazione sulle Forze Lavoro di
Istat, lo confermano anche a parità di orario di lavoro.
Considerato ciò, passiamo ai dati. Nelle aziende con più di 100 addetti con
sede in Veneto, si stima che i lavoratori dipendenti con ruoli non dirigenziali
guadagnano circa 28.700 euro annui lordi, ma questo valore è la media fra i
poco più dei 23.250 euro delle donne e gli oltre 33 mila euro degli uomini.
E il differenziale retributivo è presente anche a parità di livello. Si tenga pre-
54
Formazione e retribuzione: bisogna
lavorare per la parità di genere
sente che sono stati richiesti in modo perso alle aziende rispondenti i dati
retributivi dei dirigenti rispetto a quelli delle altre categorie professionali,
perciò abbiamo deciso di dedicare ai dirigenti un paragrafo a parte e di
trattare qui tutte le altre categorie.
Ciò che salta immediatamente agli occhi è che, oltre ad esserci disparità ad
ogni ruolo e sempre a sfavore delle donne, le differenze si amplificano man
mano che il ruolo ricoperto è di grado più elevato: gli uomini con incarichi
da quadro guadagnano oltre 71mila euro lordi all’anno e le donne con la
stessa qualifica 55.400, ovvero circa 16 mila euro in meno. Anche per gli
impiegati, che ricordiamo si tratta di una categoria rosa, lo scarto retributivo
è a favore degli uomini che vedono in busta paga oltre 12.000 euro lorde in
più rispetto alle loro colleghe. Seguono gli operai e gli apprendisti con un
gap di genere, sempre a favore degli uomini, rispettivamente, di oltre 9.600
euro e di 2mila euro.
Fig. 4.2.1 - Retribuzione media annua lorda per sesso e categoria professionale
(*). Veneto - Anno 2019
Quadri
71.369
55.422
Impiega�
36.862
24.625
Operai
28.054
18.402 Maschi 33.141 euro
Femmine 23.262 euro
Apprendis�
18.347
16.223
0 20.000 40.000 60.000 80.000
(*) Per i dirigenti si legga il paragrafo dedicato
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
In tutti i settori gli uomini guadagnano di più delle donne
Va da sé che in quei settori dove ci sono più lavoratrici la paga media regi-
strata sia più bassa rispetto ai settori più prettamente maschili.
Sempre considerando che le elaborazioni qui presentate fanno riferimento
ai lavoratori dipendenti con ruoli non dirigenziali, nel 2019 il settore dove
si guadagna meno in assoluto è quello degli alberghi e ristorazione, dove
la quota delle donne è pari al 57,6% sul totale occupati; certo bisogna con-
55
siderare la forte stagionalità di questo settore: molti sono gli alberghi che
chiudono nei mesi di bassa stagione. Viceversa, il settore finanziario, dove la
quota di occupati uomini è oltre il 54%, garantisce redditi più elevati, oltre
44mila euro; seguono poi due settori prettamente maschili, ovvero quello
delle Costruzioni dove la retribuzione media annua lorda è oltre 37mila euro
e quello dell’Industria in senso stretto con oltre 32.500. Il quarto reddito più
alto si ottiene nel settore dei Servizi di informazione e comunicazione dove
il 60,5% sono lavoratori maschi.
Fig. 4.2.2 - Retribuzione media annua lorda per settore. Veneto - Anno 2019
Alberghi e ristoranti 17.989
Altri servizi collettivi e personali 21.357
Attività immobiliari (**) 21.451
Agricoltura, silvicoltura e pesca 21.737
Istruzione, sanità ed altri servizi sociali 23.037
Commercio 23.595
Amm.pubblica (*) 27.126
Trasporto e magazzinaggio 28.126
Servizi di informaz. e comunicaz. 32.310
Industria in senso stretto 32.569
Costruzioni 37.062
Attività finanziarie e assicurative 44.261
0 10.000 20.000 30.000 40.000 50.000
(*) Amministrazione pubblica e difesa assicurazione sociale obbligatoria
(**) Attività immobiliari, servizi alle imprese e altre attività professionali e imprenditoriali
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
Analizzando le differenze di genere per settore si scopre che non c’è un
solo settore in cui la donna prenda più soldi del proprio collega maschio.
Persino nel settore dell’Istruzione, sanità ed altri servizi sociali, dove la quota
di donne occupate è pari al 79% sul totale occupati, il gap di retribuzione
media annua lorda è oltre gli 11mila euro a favore degli uomini. I settori
dove la donna risulta più penalizzata dal punto di vista economico sono le
Attività finanziarie e assicurative e i Servizi di informazione e comunicazione
con un gap di oltre 12mila euro. Anche nel Commercio, dove sono le don-
ne a lavorare nel 62% dei casi, si registra un gap importante superiore agli
8mila euro.
56
Formazione e retribuzione: bisogna
lavorare per la parità di genere
Fig. 4.2.3 - Retribuzione media annua lorda per sesso e settore. Veneto - Anno
2019
25.062
Altri servizi collettivi e personali
19.166
32.112
Istruzione, sanità ed altri servizi sociali 20.788
29.452 Maschi
Amm.pubblica (*)
26.519 Femmine
25.474
Attività immobiliari (**)
17.829
50.153
Attività finanziarie e assicurative 37.508
Servizi di informaz. e comunicaz. 37.255
24.898
29.034
Trasporto e magazzinaggio 23.786
21.340
Alberghi e ristoranti 15.535
28.715
Commercio 20.444
38.147
Costruzioni 30.844
34.801
Industria in senso stretto 27.082
23.607
Agricoltura, silvicoltura e pesca 18.169
0 10.000 20.000 30.000 40.000 50.000 60.000
(*) Amministrazione pubblica e difesa assicurazione sociale obbligatoria
(**) Attività immobiliari, servizi alle imprese e altre attività professionali e imprenditoriali
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
In qualsiasi provincia le donne sono pagate meno degli uomini
In tutte le province venete lo stipendio medio annuo lordo delle donne è
inferiore a quello degli uomini1.
Treviso registra la seconda retribuzione media annua complessiva più ele-
vata e la differenza per genere più ampia: infatti, a fronte di una paga annua
recepita in media dalle donne di poco più di 24mila euro, i colleghi maschi
portano a casa quasi 36mila euro, ovvero quasi 12mila euro in più. Seguono
Padova, Rovigo e Venezia con un gap intorno agli 11mila euro sempre a
svantaggio del lavoro delle donne, mentre a Verona si conta quello minore
(la differenza uomo-donna è inferiore ai 6mila euro).
Inoltre, si rileva che Venezia e Padova sono le province con lo stipendio più
basso femminile, meno di 21mila euro, viceversa a Verona si registra quello
più alto (26mila euro).
1
Anche qui le elaborazioni presentate fanno riferimento ai lavoratori dipendenti con ruoli non dirigenziali.
57
Fig. 4.2.4 - Retribuzione media annua lorda per sesso e provincia.
Veneto - Anno 2019
Verona 31.890
26.071
Vicenza 33.697
23.959
Venezia 31.566
20.724
Treviso 35.996
24.245
Belluno 32.821
24.251 Maschi 33.141 euro
31.884 Femmine 23.262 euro
Padova
20.813
Rovigo 36.921
25.963
0 10.000 20.000 30.000 40.000
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
I dirigenti: gli uomini sono di più e il loro stipendio è più alto
Un discorso a parte va fatto per la retribuzione lorda annua dei dirigenti.
Per quanto riguarda la figura del dirigente risaltano due problemi di dispa-
rità: il primo è che molte aziende hanno solo uomini dirigenti e il secondo
è che nelle aziende dove ci sono dirigenti di entrambi i sessi gli uomini che
prendono più soldi sono molti di più delle donne.
Spieghiamo meglio questo concetto.
Per quanto riguarda il primo tipo di disparità esposto, i dati rilevano che tra
le aziende rispondenti ben il 41,3% hanno solo uomini dirigenti, mentre le
aziende con solo donne dirigenti sono meno del 2%.
Per il secondo tipo di disparità, occorre spiegare che dalle domande dell’in-
dagine, per il ruolo di dirigente, non si può elaborare il valore della retri-
buzione media annua lorda calcolata come per le altre figure professionali
di cui abbiamo già scritto: infatti, ogni azienda ha sudpiso la retribuzione
annua lorda dei dirigenti in quattro scaglioni dove nel primo scaglione si
inserisce la fascia di retribuzione percepita più bassa e nel quarto quello
invece a cui appartengono i dirigenti che guadagnano di più. Con questa
metodologia non è possibile confrontare le fasce retributive perché variano
da azienda a azienda, ma è possibile calcolare il numero di dirigenti che
rientrano in ciascun scaglione.
Fatta questa premessa andiamo a spiegare meglio la seconda disparità
58
Formazione e retribuzione: bisogna
lavorare per la parità di genere
accennata sopra. Partendo dai dati elaborati per il totale delle aziende, si
rileva che i tre quarti dei dirigenti si collocano nelle due fasce retributive
inferiori all’interno della propria azienda. Solo il 2,7% delle dirigenti donne
guadagna il massimo a fronte del 15,1%, invece, dei dirigenti uomini. 16,6%
sono poi i dirigenti di sesso maschile che si inseriscono nel terzo scaglione
contro il 9,5% delle donne. Queste quote alte di uomini che percepiscono
stipendi più elevati rispetto alle donne sono però gonfiate dal fatto che
stiamo considerando tutte le aziende e molte, come abbiamo visto (ovvero
il 41,3%), hanno solo dirigenti uomini. Ma se consideriamo solo le aziende in
cui ci sono dirigenti di entrambi i sessi si nota che questa disparità permane
ugualmente. Infatti, sono il 18,7% i dirigenti uomini che percepiscono una
retribuzione in terzo scaglione a fronte dello scarso 10% delle donne ed il
9,5% quelli che si collocano nella fascia retributiva più alta contro il 2,6%
delle colleghe.
Fig. 4.2.5 - Distribuzione % dei dirigenti per scaglione retributivo (*) nelle azien-
de in cui ci sono dirigenti di entrambi i sessi. Veneto - Anno 2019
60
Femmine
50 48,3%
Maschi
39,5%
40 37,5%
34,3%
30
20 18,7%
9,6% 9,5%
10
2,6%
0
Primo Secondo Terzo Quarto
scaglione scaglione scaglione scaglione
(*) A partire dalla retribuzione lorda massima e dalla retribuzione lorda minima dei propri dirigenti, ogni
azienda ha sudpiso i dirigenti in quattro scaglioni: considerando i due estremi, nel primo scaglione sono
inseriti i dirigenti con la retribuzione più bassa mentre nel quarto quelli con la retribuzione più alta.
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
E’ chiaro che una maggiore offerta per le donne a ricoprire posizioni nelle
sfere alte aziendali e un aumento di salario atteso le indurrebbe ad entra-
re maggiormente nel mercato del lavoro, elemento fondamentale per ga-
rantire lo sviluppo dell’occupazione e per il raggiungimento degli obiettivi
economici europei e del nostro Paese. Ridurre la disuguaglianza econo-
59
mica, promuovere formazione investendo nel capitale umano, favorire la
partecipazione femminile al mercato del lavoro, anche con politiche attive
per la conciliazione lavoro-famiglia, visto che ancora oggi a dedicarsi princi-
palmente alla cura di figli e familiari cari sono le donne, e ciò trova ulteriore
conferma nel loro ampio utilizzo del part time, sono tutti percorsi per giun-
gere ad una piena coesione sociale e dunque migliorare la qualità della vita
di ciascuno.
L’eliminazione delle disparità tra uomini e donne nella vita economica, poli-
tica, sociale favorisce la coesione, l’inclusione nonché la crescita economica
e attenzione particolare va posta a quelle donne in condizioni di maggiore
vulnerabilità, come immigrate e donne sole capofamiglia.
60
Formazione e retribuzione: bisogna
lavorare per la parità di genere
61
5 Il personale con disabilità
Il personale con disabilità
Capitolo 5 – Il personale con disabilità
L’inclusione sociale è un pilastro fondamentale per la crescita e il benessere
della società: due strumenti essenziali per raggiungere tale inclusione sono
un’istruzione di qualità e un lavoro dignitoso per tutte gli inpidui. L’Agen-
da 2030 per lo Sviluppo sostenibile pone grande attenzione a queste tema-
tiche. Per il lavoro, inclusione sociale significa permettere a tutte le persone
di avere gli stessi diritti e le stesse opportunità.
La disoccupazione comporta una significativa perdita di libertà ed è una
delle cause principali di esclusione sociale. Non solo perché dal reddito
dipende la possibilità di condurre una vita indipendente e dignitosa, ma
anche perché l’assenza di lavoro può impoverire le relazioni umane e com-
promettere lo sviluppo e il mantenimento delle relazioni sociali. Nel nostro
Paese, norme dirette a favorire l’inserimento lavorativo delle persone con
disabilità esistono da tempo ed hanno anticipato la Convenzione Onu, nella
quale si fa più volte riferimento alla non discriminazione e alle pari opportu-
nità nelle progressioni di carriera.
Malgrado la normativa, però, resta rilevante lo svantaggio nel mercato del
lavoro delle persone con disabilità. Secondo Istat, la strada da percorrere è
ancora lunga, in quanto permane un netto pario: in Italia, il tasso di occu-
pazione delle persone tra i 15 e i 64 anni con disabilità è pari al 31,3% con-
tro il 57,8% delle persone senza limitazioni nella stessa fascia di età (media
2016-2017). E lo svantaggio è ancora più netto per la componente femmi-
nile: risulta occupato solo il 26,7% delle donne con disabilità mentre per gli
uomini la quota sale al 36,3%.
5.1 L’occupazione e le disparità
Come affermato all’inizio di questo Rapporto, l’obiettivo principale è quello
di definire un benchmark statistico per finanziare interventi di prevenzione
delle disparità fra i generi di trattamento sul lavoro così da assicurare e
promuovere l’attuazione del principio delle pari opportunità. Quest’anno,
per la prima volta è stato possibile ricavare dall’indagine informazioni anche
sulle persone con disabilità che lavorano nelle aziende rispondenti, suddi-
vise per sesso.
Il personale con disabilità nelle aziende rispondenti
Per il biennio 2018/2019 le aziende con sede in Veneto rispondenti all’inda-
gine sulla situazione del personale maschile e femminile nelle imprese con
oltre 100 dipendenti sono state 1.015, per un totale di quasi 362mila oc-
63
cupati alla fine del 2019, di cui il 44,6% femmine. Le persone con disabilità
che lavorano in queste aziende sono circa 13 mila, ovvero il 3,6% del totale
occupati e, in linea con il dato complessivo, le occupate con disabilità sono
meno dei loro colleghi maschi, ovvero il 43,4% del totale dei lavoratori con
disabilità.
Per quanto riguarda la classe dimensionale, il maggior numero di occupa-
ti con disabilità si rileva chiaramente nelle grandi aziende con più di 350
dipendenti, ma il calcolo della percentuale di questi lavoratori sul totale
occupati per ogni classe registra che proprio in questa classe dimensionale
la quota è la più bassa (3,4%), viceversa è nelle altre quattro classi che si
trovano le quote più alte (3,9%-4%). Infine, in tutte le classi le donne con
disabilità sono in percentuale inferiore degli uomini.
Tab. 5.1.1 - Occupati con disabilità nelle aziende rispondenti con sede in Veneto
per classe dimensionale - Anno 2019
di cui occupati con
Aziende Totale occupati
disabilità
Numero % Totale Femmine Totale Femmine
Meno di 150 350 34,5 42.145 15.183 1.669 632
Da 150 a 199 219 21,6 37.734 13.209 1.475 512
Da 200 a 249 118 11,6 26.186 9.057 1.027 345
Da 250 a 349 112 11,0 32.723 12.500 1.295 534
350 e più 216 21,3 223.033 111.560 7.474 3.599
Totale 1.015 100,0 361.821 161.509 12.940 5.622
Distribuzione % degli occupati
% con disabilità sul totale
con disabilità per sesso per ogni
occupati per ogni classe
classe
Maschi Femmine Totale Femmine
Meno di 150 62,1 37,9 4,0 4,2
Da 150 a 199 65,3 34,7 3,9 3,9
Da 200 a 249 66,4 33,6 3,9 3,8
Da 250 a 349 58,8 41,2 4,0 4,3
350 e più 51,8 48,2 3,4 3,2
Totale 56,6 43,4 3,6 3,5
Fonte: Elaborazione dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
In linea con i dati degli occupati complessivi, anche considerando il per-
sonale con disabilità, i settori maggiormente rappresentati risultano quelli
64
Il personale con disabilità
dell’Industria in senso stretto, che assorbe il 51,3% del personale con disa-
bilità coinvolto nell’indagine, del Commercio con il 16,7% dei lavoratori e
dell’area delle attività connesse all’Istruzione, sanità ed altri servizi sociali
con il 7,9% degli occupati. A differenza, però, della distribuzione percentua-
le del totale occupati, una buona concentrazione del personale con disabi-
lità si registra anche nelle Attività finanziarie e assicurative (il 6,7% contro il
3,8% della distribuzione calcolata per gli occupati totali), valore che spicca
anche poiché le aziende rispondenti sono appena il 2,3% del totale aziende
dell’indagine. Quest’ultimo dato trova maggiore conferma se si considera
la quota di occupati con disabilità per ogni settore: infatti, le Attività fi-
nanziarie e assicurative registrano la quota più alta fra tutti i settori (6,2%),
segue l’area dell’Amministrazione pubblica e difesa assicurazione sociale
obbligatoria (4,8%).
Tab. 5.1.2 - Indicatori per settore. Veneto - Anno 2019
Percentuale
Distrib. Distribuzione di occupati
Distrib. %
% totale % occupati con disabilità
aziende
occupati con disabilità per ogni
settore
Agricoltura, silvicoltura e pesca 0,9 0,7 0,4 2,3
Industria in senso stretto 56,0 45,3 51,3 4,0
Costruzioni 1,6 1,0 0,8 2,9
Commercio 11,1 18,6 16,7 3,2
Alberghi e ristoranti 2,7 1,8 1,5 2,8
Trasporto e magazzinaggio 5,5 4,6 1,3 1,0
Servizi di informazione e 2,6 1,5 1,7 4,0
comunicazione
Attività finanziarie e assicurative 2,3 3,8 6,7 6,2
Attività immobiliari, servizi 6,8 6,8 4,7 2,5
alle imprese e altre attività
professionali e imprenditoriali
Amministrazione pubblica e 0,5 3,9 5,3 4,8
difesa assicurazione sociale
obbligatoria
Istruzione, sanità ed altri servizi 8,0 10,3 7,9 2,7
sociali
Altri servizi collettivi e personali 2,2 1,7 1,8 3,8
Totale 100,0 100,0 100,0 3,6
Fonte: Elaborazione dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
65
Meno le donne assunte e meno le promosse
Nel corso del 2019 sono stati assunti nelle aziende con più di 100 dipenden-
ti, considerate nell’indagine in esame, quasi 1.300 dipendenti con disabilità
e promossi 400, ovvero, rispettivamente, il 9,8% e il 3,1% del totale occu-
pati con disabilità. E anche in questo caso, in linea con il dato complessivo
degli occupati, è evidente la disparità di genere: infatti, sono meno le don-
ne promosse. E non solo: per questi occupati sono anche meno le donne
assunte. Fra tutte le promozioni offerte nell’anno a questi lavoratori il 42%
sono a favore delle donne e fra le assunzioni il 48,3%.
Tab. 5.1.3 - Promozioni e assunzioni dei lavoratori (totale occupati e occupati
con disabilità) per sesso. Veneto - Anno 2019
% promozioni sugli occupati % assunzioni sugli occupati
Maschi Femmine Maschi Femmine
Totale occupati 6,2 5,4 18,2 22,6
Occupati con
3,2 3,0 9,0 10,9
disabilità
Promozioni Assunzioni
% Femmine % Femmine
Totale occupati 41,2 50,1
Occupati con
42,0 48,3
disabilità
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
Per quanto riguarda l’occupazione per contratto, emerge che la quota di
occupati con disabilità a tempo indeterminato sono in misura maggiore di
quella calcolata per il totale occupati, ma anche tra le persone con disabilità
sono sempre le donne ad avere un contratto precario con più frequenza. A
fronte dell’89,3% del totale dipendenti che hanno un lavoro stabile, questi
lavoratori risultano impiegati con un contratto a tempo indeterminato nel
94,8% dei casi. Le donne, però, registrano nel 5,6% dei casi un contratto a
tempo determinato mentre i loro colleghi maschi il 4,1%.
66
Il personale con disabilità
Tab. 5.1.4 - Distribuzione percentuale dei lavoratori (totale occupati e occupati
con disabilità) per sesso e contratto. Veneto - Anno 2019
Tempo Tempo
Apprendistato Altro Totale
indeterminato determinato
Totale
Totale occupati 89,3 8,4 2,2 0,0 100,0
Occupati con disabilità 94,8 4,8 0,4 0,0 100,0
% sul totale 3,8 2,0 0,6 1,8 3,6
Femmine
Totale occupati 87,6 10,0 2,3 0,0 100,0
Occupati con disabilità 93,9 5,6 0,5 0,0 100,0
% sul totale 3,7 2,0 0,7 2,8 3,5
Maschi
Totale occupati 90,7 7,1 2,2 0,0 100,0
Occupati con disabilità 95,5 4,1 0,4 0,0 100,0
% sul totale 3,8 2,1 0,6 1,1 3,7
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
In linea con i dati registrati per il totale occupati, i contratti di lavoro stabili
sono più diffusi nell’Amministrazione pubblica, dove tale contratto viene
offerto a quasi la totalità dei dipendenti con disabilità, e nel settore delle
Attività finanziarie (97,2% dei casi); a differenza però del totale occupati,
anche il settore dell’Istruzione, sanità ed altri servizi sociali offrono a questi
lavoratori un contratto a tempo indeterminato nel 98,6% dei casi (per il tota-
le si ferma all’89,5%). Alberghi e ristoranti e attività immobiliari presentano,
invece, le quote più alte di contratti a tempo determinato: rispettivamente,
il 12,8% e il 12%.
Più frequente il part time fra le donne
Anche fra il personale con disabilità le maggiori differenze di genere emer-
gono se si analizza la scelta del part time: infatti, a fronte del 17,6% di uo-
mini che hanno un impiego a tempo ridotto, le donne che si trovano nella
stessa condizione sono il 45,1%. Come già accennato in questo rapporto,
il part time è largamente diffuso tra le donne e tra le donne con disabilità
ancora di più: infatti, se consideriamo il totale donne occupate nelle aziende
dell’indagine sono il 33,4% le lavoratrici che a fine del 2019 risultano lavora-
re in part time contro il 5,3% dei colleghi maschi.
Considerando il totale dei dipendenti con disabilità, quelli a part time sono
67
il 29,6%, mentre il 70,4% hanno un contratto a tempo pieno, dati ben di-
versi da quelli registrati per il totale occupati in queste aziende che sono,
rispettivamente, il 17,8% e l’82,2%. Il lavoro a tempo parziale è uno stru-
mento importante per la partecipazione al mercato del lavoro. Se per il
totale dipendenti, negli altri capitoli, abbiamo parlato del part time come
di uno strumento importante per conciliare vita privata e professione, per le
persone con disabilità si deve considerare anche come una buona soluzione
per favorirli proprio nel lavoro.
Tab. 5.1.5 - Distribuzione percentuale degli occupati (totale occupati per sesso
e lavoratori con disabilità) per contratto. Veneto - Anno 2019
Distribuzione % per contratto
Totale Occupati con
Femmine Maschi
occupati disabilità
Lavoratori a tempo pieno 66,6 94,7 82,2 70,4
di cui
a tempo indeterminato 58,6 86,9 74,3 67,8
a tempo determinato 5,7 5,6 5,6 2,2
con altri contratti (formazione
2,4 2,2 2,3 0,4
lavoro, apprendistato, ecc.)
Lavoratori a tempo parziale 33,4 5,3 17,8 29,6
di cui
a tempo indeterminato 29,0 3,8 15,0 27,0
a tempo determinato 4,4 1,5 2,8 2,5
Totale lavoratori 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
La concentrazione del part time fra i dipendenti con disabilità è molto di-
versa fra i settori: si passa da quasi il 62% di questi occupati che lavorano
nell’Industria al 14% di quelli occupati nel campo agricolo. Oltre alla metà
anche gli occupati con disabilità che lavorano a tempo ridotto nell’Ammi-
nistrazione pubblica e negli Alberghi e ristoranti, pochi, invece, quelli nel
campo dei Trasporti e magazzinaggio e nell’Istruzione, sanità ed altri servizi
sociali. Il gap più elevato, nella scelta del part time fra dipendenti con disa-
bilità e totale occupati, si rileva nelle Attività finanziarie e assicurative dove
la quota del tempo ridotto per i primi è quasi 28 punti percentuali al di so-
68
Il personale con disabilità
pra di quella del totale dipendenti. Da rilevare anche i dati del Commercio
dove sono molti meno gli occupati in part time fra gli occupati con disabilità
rispetto al totale dei lavoratori in questo settore.
Fig. 5.1.1 - Percentuale di lavoratori in part time, totale occupati e lavoratori con
disabilità, per settore. Veneto - Anno 2019
Alberghi e ristoranti 54,3
32,2
Commercio 23,7
38,2
Altri servizi collettivi e personali 21,9
17,3
Attività immobiliari (**) 37,3
33,2
Agricoltura, silvicoltura e pesca 14,0
10,0
Servizi di informazione e comunicazione 30,8
11,4
Istruzione, sanità ed altri servizi sociali 18,5
10,6
Industria in senso stretto 61,7
38,9
Amm. pubblica (*) 55,4
30,3
Trasporto e magazzinaggio 18,3
5,5 Occupati con disabilità
Costruzioni 22,7 Totale
6,5
Attività finanziarie e assicurative 30,9
3,4
0 10 20 30 40 50 60 70
(*) Amministrazione pubblica e difesa assicurazione sociale obbligatoria
(**) Attività immobiliari, servizi alle imprese e altre attività professionali e imprenditoriali
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
La mobilità occupazionale
Per quanto riguarda la dinamicità lavorativa delle aziende oggetto dell’in-
dagine, ovvero il movimento occupazionale dei dipendenti, nel 2019 si re-
gistrano quasi 83.500 entrate che coinvolgono per l’1,8% dei casi persone
con disabilità. In generale, anche per il personale con disabilità il principale
motivo dell’entrata sono nuove assunzioni: l’89,1%, seguono poi i passaggi
da altra categoria (6,5%) per i quali sono più coinvolti gli uomini.
Le uscite di questi lavoratori sono circa 1.180, in misura più consistente per
gli uomini. Complessivamente, il 93,1% è dovuto per cessazione del rappor-
to del lavoro; più in particolare il 41,5% delle cessazioni derivano da dimis-
sioni, mentre il 23,2% dalla scadenza del contratto. La principale persità
uomo-donna che vale la pena sottolineare si trova proprio nella causa della
cessazione del rapporto di lavoro: il personale con disabilità maschile cessa
il suo rapporto di lavoro nel 44% dei casi per dimissione a fronte del 38,1%
rilevato fra le cessazioni delle donne, mentre per quest’ultime il principale
motivo di uscita è la scadenza del contratto, nel 28,2% dei casi contro il
19,5% registrato fra le cessazioni degli uomini. Vale la pena sottolineare che
per il totale dei dipendenti, invece, le principali cause di cessazione sono
69
invertite rispetto ai dipendenti con disabilità: escono, infatti, di più dall’a-
zienda per il contratto scaduto e poi a seguire per dimissioni.
Tab. 5.1.6 (segue) - Entrate e uscite del totale occupati e dei lavoratori con disa-
bilità dall’azienda per tipologia e sesso. Veneto - Anno 2019
Totale occupati
% femmine
Totale Femmine Maschi
sul totale
Entrate
Trasferimenti da altra unità produttiva 4,2 4,1 4,2 49,6
Passaggio da altra categoria 3,5 2,7 4,3 39,2
Nuova assunzione 92,3 93,1 91,5 50,6
Totale Entrate 100,0 100,0 100,0 50,1
Uscite
Trasferimenti ad altra unità produttiva 4,3 4,5 4,1 52,3
Passaggio ad altra categoria 3,4 2,7 4,2 38,8
Cessazione rapporto di lavoro 92,3 92,8 91,7 50,1
Totale Uscite 100,0 100,0 100,0 49,8
di cui Cessazioni per (distribuz %):
Licenziamenti collettivi 0,8 0,5 1,2 30,4
Licenziamento per giusta causa 1,5 0,9 2,0 31,6
Licenziamento per giustificato motivo 2,6 3,0 2,3 56,6
oggettivo
Licenziamento per giustificato motivo 0,7 0,5 0,8 40,9
soggettivo
Licenziamento per giusta causa durante il 0,5 0,3 0,6 37,7
periodo di formazione
Licenziamento per giustificato motivo durante 0,2 0,2 0,2 57,4
il periodo di formazione
Dimissioni 37,7 34,3 41,0 45,7
Modifica del termine inizialmente fissato 0,3 0,3 0,3 50,7
Decesso 0,4 0,3 0,6 31,7
Risoluzione consensuale 1,2 1,0 1,4 42,7
Cessata attività 0,2 0,2 0,1 64,7
Pensionamenti 4,0 2,6 5,3 33,3
Prepensionamenti 0,4 0,4 0,4 48,1
Scadenza contratto 44,6 50,6 38,6 56,9
Altro 4,9 4,6 5,3 47,0
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
70
Il personale con disabilità
Tab. 5.1.6 (segue) - Entrate e uscite del totale occupati e dei lavoratori con disa-
bilità dall’azienda per tipologia e sesso. Veneto - Anno 2019
Occupati con disabilità
% femmine
Totale Femmine Maschi
sul totale
Entrate
Trasferimenti da altra unità produttiva 4,5 5,1 3,8 55,9
Passaggio da altra categoria 6,5 4,9 8,0 36,4
Nuova assunzione 89,1 90,0 88,2 48,9
Totale Entrate 100,0 100,0 100,0 48,4
Uscite
Trasferimenti ad altra unità produttiva 3,8 5,1 2,8 57,8
Passaggio ad altra categoria 3,1 3,2 3,0 44,4
Cessazione rapporto di lavoro 93,1 91,7 94,2 42,4
Totale Uscite 100,0 100,0 100,0 43,0
di cui Cessazioni per (distribuz %):
Licenziamenti collettivi 1,7 0,9 2,4 21,1
Licenziamento per giusta causa 2,6 3,4 2,1 55,2
Licenziamento per giustificato motivo 6,2 7,3 5,4 50,0
oggettivo
Licenziamento per giustificato motivo 1,3 1,7 0,9 57,1
soggettivo
Licenziamento per giusta causa durante il 0,0 0,0 0,0
periodo di formazione
Licenziamento per giustificato motivo 0,2 0,2 0,2 50,0
durante il periodo di formazione
Dimissioni 41,5 38,1 44,0 38,9
Modifica del termine inizialmente fissato 0,3 0,4 0,2 66,7
Decesso 3,3 2,8 3,6 36,1
Risoluzione consensuale 1,8 1,1 2,4 25,0
Cessata attività
Pensionamenti 12,7 9,0 15,3 30,2
Prepensionamenti 0,2 0,2 0,2 50,0
Scadenza contratto 23,2 28,2 19,5 51,6
Altro 5,0 6,0 4,3 50,9
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
Le trasformazioni contrattuali
Interessanti anche i dati sulle trasformazioni contrattuali, ossia se e come
71
vengono trasformati i contratti di lavoro da tempo determinato a indetermi-
nato, da tempo parziale a pieno e viceversa.
Nel 2019 le stabilizzazioni lavorative dei dipendenti delle aziende prese in
considerazione in questa indagine sono state 15.800, di cui il 2,7% sono a
favore dei lavoratori con disabilità che si distribuiscono in misura equiva-
lente fra i generi. In linea con i dati registrati per il totale dei dipendenti, è
evidente il carattere prevalentemente femminile del cambiamento di orario
di lavoro: nel 69,4% dei casi il passaggio da un orario parziale ad uno pieno
riguarda le donne, così come il 63% delle riduzioni di orario.
Tab. 5.1.7 - Trasformazioni contrattuali registrate nel 2019 del totale occupati e
degli occupati con disabilità per genere. Veneto
Totale occupati Occupati con disabilità
Totale Femmine Maschi Totale Femmine Maschi
Da tempo determinato a
100,0 48,0 52,0 100,0 49,8 50,2
tempo indeterminato
Da tempo parziale a tempo
100,0 68,8 31,2 100,0 69,4 30,6
pieno
Da tempo pieno a tempo
100,0 77,9 22,1 100,0 63,0 37,0
parziale
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
La disparità anche nella formazione …
Uno strumento che può migliorare il benessere, la vita lavorativa e quindi
anche la stessa qualità della vita è la formazione. Offrire opportunità di cre-
scita delle proprie competenze aiuta l’inserimento lavorativo e l’inclusione.
Considerando i risultati dell’indagine, come si è scritto nel capitolo 4 di
questo Rapporto, nel 2019 il 76% delle imprese ha dichiarato di effettuare
formazione per i propri dipendenti per un ammontare complessivo di quasi
403 mila partecipanti ai corsi di formazione offerti e di questi il 2,1% sono di-
pendenti con disabilità (si tenga presente che un lavoratore può frequentare
più di un corso). La percentuale di partecipanti su occupati cambia molto se
consideriamo gli occupati totali e solo gli occupati con disabilità: infatti, per
ogni 100 occupati delle imprese che hanno offerto attività di formazione,
si contano 138 partecipanti ai corsi nel complesso e appena 79 se consi-
deriamo solo i lavoratori con disabilità. In tutto il 2019 sono state erogate
circa 3 milioni e mezzo di ore di formazione, di cui il 2,7% per occupati con
disabilità, e si registrano 12 ore di formazione pro capite se consideriamo il
totale occupati a fronte delle 9 ore pro capite del personale con disabilità.
Ma non vi è solo una disparità fra il totale dei lavoratori e quelli con disabili-
tà: lo svantaggio delle donne è evidente ancora una volta anche tra i soli oc-
72
Il personale con disabilità
cupati con disabilità. Sebbene il numero di partecipanti ogni 100 occupati
con disabilità delle aziende rispondenti che hanno organizzato formazione
è maggiore tra le donne, le ore pro capite sono 7,3 per le donne e circa 10
per gli uomini.
Tab. 5.1.8 - Formazione in azienda nel corso del 2019: partecipanti e numero di
ore frequentate (*). Totale occupati e occupati con disabilità. Veneto
% di partecipanti su occupati N. ore di formazione su occupati
Totale Femmine Maschi Totale Femmine Maschi
Totale occupati 137,9 133,7 141,2 11,9 10,2 13,2
Occupati con disabilità 79,3 90,1 71,3 8,8 7,3 9,8
(*) Il numero di partecipanti può essere superiore al numero di occupati nell’azienda perché un lavoratore
può aver frequentato più corsi.
Fonte: Elaborazione dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
Tab. 5.1.9 - Formazione in azienda nel corso del 2019: partecipanti e numero di
ore frequentate per settore (*). Totale occupati e occupati con disabilità. Veneto
% di partecipanti su N. ore di formazione su
occupati occupati
Totale Occupati con Totale Occupati con
occupati disabilità occupati disabilità
Agricoltura, silvicoltura e pesca 51,5 52,4 5,1 7,1
Industria in senso stretto 128,8 61,5 11,1 5,5
Costruzioni 132,0 60,5 9,9 4,2
Commercio 73,1 37,9 5,2 2,2
Alberghi e ristoranti 138,7 49,4 6,4 4,6
Trasporto e magazzinaggio 67,4 37,3 10,4 3,6
Servizi di informazione e 95,1 70,1 21,1 14,2
comunicazione
Attività finanziarie e assicurative 650,8 348,1 45,3 16,0
Attività immobiliari, servizi 92,3 107,3 10,4 6,4
alle imprese e altre attività
professionali e imprenditoriali
Amministrazione pubblica e difesa 107,4 18,6 10,1 0,7
assicurazione sociale obbligatoria
Istruzione, sanità ed altri servizi 127,2 51,9 12,3 40,1
sociali
Altri servizi collettivi e personali 125,3 43,2 10,2 2,2
Totale 137,9 79,3 11,9 8,8
(*) Il numero di partecipanti può essere superiore al numero di occupati nell’azienda perché un lavoratore
può aver frequentato più corsi.
Fonte: Elaborazione dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
73
In linea con il dato complessivo, il settore che offre più opportunità di forma-
zione è quello finanziario che spicca con 348 partecipanti ogni 100 occupati
con disabilità delle aziende rispondenti che hanno organizzato formazione
ed oltre 16 ore di formazione fatte nel 2019 per ogni occupato. Ma il settore
che offre più ore di formazione pro capite è quello dell’Istruzione, sanità ed
altri servizi sociali dove si raggiunge quota 40 ore a fronte delle 12 offerte
se consideriamo tutti gli occupati.
…e nello stipendio
La disparità di genere è evidente anche nella retribuzione. Se da una parte
la minore retribuzione percepita da questi lavoratori con disabilità, rispet-
to al dato registrato per il complesso degli occupati, può essere imputata
anche alla minore rappresentanza di essi nei ruoli apicali, dall’altra emerge
lo stipendio inferiore delle donne con disabilità rispetto ai colleghi uomini.
Si sottolinea quanto già scritto nel capitolo 4: ovvero che per le stime rela-
tive alla retribuzione per genere non è stato possibile quest’anno calcolare
la distinzione fra retribuzione degli occupati a tempo pieno e quella degli
occupati a tempo parziale e quindi non è stato possibile eliminare quella
parte di distorsione dovuta alla maggiore quantità di donne che lavorano
in part time. In ogni caso, però, il pario retributivo, seppur più gonfio di
quello stimato nelle precedenti indagini sul personale delle aziende con
oltre cento dipendenti (dove era stato possibile fare la distinzione per orario
di lavoro) è confermato.
Fig. 5.1.2 - Retribuzione media annua lorda (in euro) per sesso. Totale occupati
e occupati con disabilità. Veneto - Anno 2019
35.000 Totale occupati 33.141
28.691 Lavoratori con disabilità
30.000
26.008
24.120 23.262
25.000 21.675
20.000
15.000
10.000
5.000
0
Totale Femmine Maschi
Fonte: Elaborazione dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Consigliera Regionale di Parità
74
Il personale con disabilità
Considerato ciò, passiamo ai dati. Nelle aziende con più di 100 addetti con
sede in Veneto, si stima nel complesso che i lavoratori dipendenti con ruoli
non dirigenziali guadagnino circa 28.700 euro annui lordi, ma questo valore
è la media fra i poco più dei 23.250 euro delle donne e gli oltre 33 mila
euro degli uomini. E se consideriamo i soli lavoratori con disabilità si stima
che guadagnino poco più di 24mila euro annui lordi, ovvero la media fra i
21.700 euro delle donne e i 26 mila euro degli uomini.
In sintesi, dall’analisi si evidenzia, anche fra gli occupati con disabilità, un
mercato lavorativo femminile più mobile e non paritario: rispetto ai colleghi
maschi, maggiore la richiesta di cambiamento di orario, l’utilizzo del part
time, le uscite per scadenza del contratto, più frequente il contratto pre-
cario, inferiori le occasioni di promozione, meno le ore di formazione e più
bassi gli stipendi.
75
Relazione illustrativa
dell’Ispettorato
Interregionale del Lavoro
di Emilia Romagna, Friuli
6
Venezia Giulia, Marche
e Veneto, in merito alle
convalide delle dimissioni e
delle risoluzioni consensuali
presentate nella regione
Veneto nell’anno 2019
Relazione illustrativa dell’Ispettorato Interregionale
del Lavoro nell’anno 2019
Capitolo 6 - Relazione illustrativa dell’Ispettorato
Interregionale del Lavoro di Emilia Romagna, Friu-
li Venezia Giulia, Marche e Veneto, in merito alle
convalide delle dimissioni e delle risoluzioni con-
sensuali presentate nella regione Veneto nell’anno
2019
6.1 L’Agenzia Ispettorato Nazionale del Lavoro
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro è un’Agenzia istituita nel 2015 e opera-
tiva dal 1° gennaio 2017. Essa, attraverso i propri Uffici distribuiti capillar-
mente sul territorio (Ispettorati Territoriali del Lavoro), coordinati da quattro
Ispettorati Interregionali, garantisce alle aziende e ai cittadini una serie di
importanti servizi collegati al mondo del lavoro e rappresenta l’Ente prin-
cipale al quale il cittadino può rivolgersi per ottenere la tutela dei propri
diritti in questo ambito.
Esercita e pianifica la vigilanza sul rispetto della normativa giuslavoristica
e sulle assicurazioni sociali obbligatorie (INPS e INAIL), coordinandosi con
le ASL, per le tematiche che riguardano la salute e sicurezza nei luoghi di
lavoro.
Costituisce, inoltre, il punto di riferimento per l’informazione, l’interpreta-
zione e l’applicazione della normativa in materia di lavoro e di previdenza
sociale. Conpide con le Regioni analoga competenza in materia di sicu-
rezza del lavoro, con riferimento a specifici settori.
Per assicurare una maggiore tutela dei diritti dei lavoratori che si trovano
in particolari situazioni, rilascia autorizzazioni, abilitazioni e certificazioni.
Svolge anche perse procedure conciliative finalizzate alla risoluzione delle
controversie tra dipendenti e datori di lavoro oltre che ad agevolare le re-
lazioni sindacali.
Si rende garante della legalità, difendendo, mediante lo svolgimento dei
propri compiti di vigilanza sul rispetto della normativa giuslavoristica e pre-
videnziale, le aziende regolari dalla concorrenza sleale generata da quelle
aziende che adottano comportamenti illeciti.
Nel dettaglio e a titolo riepilogativo, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro:
esercita la vigilanza in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, nel
limite delle competenze attribuite al personale ispettivo del Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali;
77
• svolge gli accertamenti in materia di riconoscimento del diritto alle
prestazioni correlate agli infortuni sul lavoro e alle malattie profes-
sionali; analizza le caratteristiche dei vari cicli produttivi al fine di
stabilire la relativa tariffa dei premi che il datore di lavoro è tenuto a
versare;
• emette circolari interpretative in materia ispettiva e sanzionatoria,
nonché direttive operative al personale ispettivo, previo parere con-
forme del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali;
• in armonia con le direttive del Ministro del Lavoro fa proposte ine-
renti gli obiettivi quantitativi e qualitativi delle verifiche e ne monito-
ra la realizzazione;
• svolge attività di prevenzione e promozione della legalità volte al
contrasto del lavoro sommerso e irregolare;
• nel settore dei trasporti su strada svolge e coordina l’attività di vigi-
lanza sui rapporti di lavoro;
• esegue studi ed effettua analisi con riferimento ai fenomeni del lavo-
ro sommerso e irregolare e alla mappatura dei rischi;
• si occupa di tutte le ulteriori attività che vengono ad esso demanda-
te dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali;
• riferisce informazioni utili allo svolgimento delle attività istituzionali
e alla programmazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche
Sociali, dell’INPS e dell’INAIL.
6.2 La convalida delle dimissioni nella Regione Veneto. Anno 2019
Il presente rapporto ha l’intento di illustrare le informazioni relative alle con-
valide rilasciate dagli Ispettorati Territoriali alle lavoratrici madri e dei lavo-
ratori padri per gli effetti di cui all’art. 55 del D. Lgs. n. 151/2001.
A tal proposito si ricorda che la risoluzione consensuale del rapporto e la
richiesta di dimissioni presentate durante il periodo di gravidanza acqui-
stano efficacia soltanto successivamente al rilascio della convalida da parte
dell’INL. Ciò ha la finalità di accertare l’autenticità della volontà dimissiona-
ria onde garantire le tutele connesse alla genitorialità e contrastare even-
tuali abusi.
In particolare, il comma 4 dell’art. 55 D.Lgs. 151/2001 prevede che “La
risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate
dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal
lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni
di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione
internazionale, nei primi tre anni decorrenti dalle comunicazioni di cui all’ar-
ticolo 54, comma 9, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del
78
Relazione illustrativa dell’Ispettorato Interregionale
del Lavoro nell’anno 2019
Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio. A
detta convalida è sospensivamente condizionata l’efficacia della risoluzione
del rapporto di lavoro”. Le convalide vengono rilasciate, precisamente, da-
gli Ispettorati Territoriali del Lavoro competenti (nel territorio della Regione
Veneto, gli Ispettorati Territoriali di Venezia, Padova, Treviso, Belluno, Vi-
cenza, Verona e Ferrara-Rovigo).
Grazie alla collaborazione tra l’Ispettorato Nazionale del lavoro e l’Ufficio
della Consigliera Nazionale di Parità, annualmente viene scattata la fotogra-
fia dell’andamento di tali istituti.
I dati di seguito analizzati sono stati estratti da un nuovo applicativo infor-
matico utilizzato a livello nazionale per la rilevazione automatizzata degli
elementi statistici relativi ai citati provvedimenti.
Nel corso dell’anno 2019 il numero complessivo di dimissioni e risoluzioni
consensuali convalidate a livello regionale è risultato pari a n. 8.454 (su un
totale nazionale pari a n. 51.558). Il dato regionale del 2019 risulta in cresci-
ta di quasi il 10% rispetto a quello rilevato nel 2018 (pari a n. 7.728 casi, a
propria volta in crescita di quasi il 30% rispetto al dato del 2017, quando vi
erano stati n. 5.954 recessi convalidati).
Come per gli anni precedenti, le convalide sono riferite prevalentemente
alle dimissioni pari a n. 8.397 (di cui 8.251 dimissioni volontarie e 146 per
giusta causa), corrispondenti al 99% circa del totale. Le risoluzioni consen-
suali, in numero molto limitato, pari a n. 57 (con un drastico calo sull’anno
precedente, quando erano state n. 87, nonostante l’aumento complessivo
dei recessi), costituiscono quindi un valore del tutto residuale. Le proiezioni
regionali sono sostanzialmente in linea con quelle nazionali ove si registrano
convalide riferite principalmente alle dimissioni volontarie e per giusta cau-
sa (pari a n. 50.674 nell’anno di interesse).
Il dato sulla (assai scarsa) incidenza delle risoluzioni consensuali va letto uni-
tamente all’altro dato, secondo il quale nella grande maggioranza dei casi
le lavoratrici e i lavoratori interessati non hanno ricevuto incentivi all’esodo;
tali incentivi, infatti, costituiscono una sollecitazione e rimunerazione, me-
diante una vera e propria controprestazione, del consenso del lavoratore
alla risoluzione anticipata del rapporto (Cass. Civ., Sez. Lav., Ord. n. 10602
del 4.6.2020).
Infatti, incentivi all’esodo sono stati accordati solo in 35 casi su 8.454 (in 22
ipotesi per lavoratrici madri e nei rimanenti 13 per lavoratori padri).
79
Fig. 6.2.1 - Dimissioni per tipologia recesso. Veneto - Anno 2019
9.000 8.454
8.251
8.000
7.000
6.000
4.881 4.997
5.000
4.000 3.457
3.370
3.000
2.000
1.000
84 32 62 25 146 57
0
Femmine Maschi Totale
Dimissioni volontarie 4.881 3.370 8.251
Giusta causa 84 62 146
Risoluzione consensuale 32 25 57
Somma 4.997 3.457 8.454
Dimissioni volontarie Giusta causa Risoluzione consensuale Somma
Fonte:INL
Fig. 6.2.2 - Dimissioni totali per tipologia recesso. Veneto - Anno 2019
Dimissioni totali per �pologia recesso
Ri s oluzione
Gi usta ca usa 1,7% cons ensuale 0,7%
Di missioni volontarie
97,6%
Fonte:INL
Dimissioni volontarie Giusta causa Risoluzione consensuale
80
Relazione illustrativa dell’Ispettorato Interregionale
del Lavoro nell’anno 2019
Fig. 6.2.3 - Incentivi ricevuti. Veneto - Anno 2019
Incen�vi ricevu�
0,4%
99,6%
No Si
Fonte:INL
NAZIONALITÀ DEI/DELLE RECEDENTI
La maggior parte delle dimissioni/risoluzioni convalidate ha interessato sog-
getti di nazionalità italiana, pari a n. 6.650, che costituiscono poco meno
dell’80% del totale. Le lavoratrici/ i lavoratori extracomunitari che hanno
richiesto ed ottenuto la convalida delle dimissioni/risoluzioni consensuali
sono stati, nel 2019, n. 1.167, pari a quasi il 14% del totale (a livello nazio-
nale n. 5.428, cioè il 10% del totale). Più contenuto risulta il numero dei
Fig. 6.2.4 - Dimissioni per cittadinanza in percentuale. Veneto - Anno 2019
Dimissioni per ci�adinanza in %
Ci�adini Extra UE
7%
Ci�adini UE
14%
Ci�adini ITA
Ci�adini UE
Ci�adini Extra UE
Ci�adini ITA
79%
Fonte:INL
81
cittadini comunitari recedenti, pari a complessive n. 637 unità, attestandosi
sul 7,5% del totale. Le percentuali, confrontate all’anno 2018, sono presso-
ché invariate, ma segnano un lievissimo arretramento dei recessi di cittadini
italiani nel 2019, e per contro un altrettanto leggero aumento dei recessi di
cittadini comunitari.
GENERE DEI/DELLE RECEDENTI/E
Nell’anno considerato le dimissioni e le risoluzioni consensuali hanno in-
teressato in misura predominante le lavoratrici madri, a cui sono riferiti n.
4.997 provvedimenti, attestandosi come l’anno precedente intorno al 60%
dei casi (per l’esattezza, dal 2018 al 2019 il dato passa dal 62 al 59% dei casi
totali anche se, in termini assoluti, in crescita di circa 160 unità).
Le convalide relative ai lavoratori padri sono state invece pari a n. 3.457; vi
è stato dunque un aumento, sia in termini assoluti (n. 568 unità) che per-
centuali (dal 38% al 41% circa), dei provvedimenti che hanno interessato gli
uomini.
Fig. 6.2.5 - Recessi per genere in percentuale. Veneto - Anno 2019
40,9%
Femmine
Maschi
59,1%
Fonte:INL
FASCE DI ETÀ
Grazie alla nuova procedura informatizzata, sono state persamente detta-
gliate le fasce di età dei/delle lavoratori/trici recedenti. Al riguardo, è sta-
to possibile osservare, nella Regione, una particolare concentrazione dei
provvedimenti con riferimento alla fascia di età da “maggiore di 34 fino a
44 anni”, invariato in termini percentuali (42% rispetto al 2018) sul totale
nell’annualità qui considerata.
Si osserva che, con riguardo alla nazionalità delle lavoratrici e dei lavoratori
interessati, i provvedimenti si collocano maggiormente in tale fascia di età
soprattutto relativamente agli italiani (2.993 provvedimenti su 6.650, in per-
centuale pari al 45%).
82
Relazione illustrativa dell’Ispettorato Interregionale
del Lavoro nell’anno 2019
Il numero di lavoratrici madri e lavoratori padri provenienti da Paesi extra-
comunitari che si collocano in tale fascia di età è, invece, pressoché pari a
coloro che si collocano nella fascia “maggiore di 29 fino a 34 anni” (con,
rispettivamente, 375 e 378 convalide su 1.167 totali relative a tali lavoratrici/
lavoratori, in entrambi i casi pari a circa il 32%; relativamente agli/alle extra-
comunitari/ie la fascia di età “maggiore di 34 fino a 44 anni” segna dunque
un calo rispetto all’anno 2018, nel quale la percentuale ad essa riferita era
stata pari al 35%).
Per quanto riguarda i lavoratori/trici comunitari, la prevalenza appartiene
alla fascia di età “maggiore di 29 fino a 34 anni”, come era stato nel 2018,
con 237 convalide su 637 totali, pari a circa il 37% del totale di tale gruppo.
Fig. 6.2.6 - Dimissioni per fasce d’etàper fasce di età in % Veneto - Anno 2019
Dimissioni in percentuale.
Maggiore di 44 a 54 Maggiore di 54 a 64
0,05%
;
3,38% Fino a 24 3,69%
Maggiore di 24 a 29
Maggiore di 34 a 44 16,93%
42,25%
Maggiore di 29 a 34
33,70%
Fonte:INL
Tab. 6.2.1 - Dimissioni per fasce di età. Veneto - Anno 2019
Genere - Cittadinanza lavoratore
Femmine Maschi
Totale
Età lavoratore
Paesi Paesi compl.
Paesi Paesi
Extra Italia Extra Italia
UE UE
UE UE
Fino a 24 50 149 16 29 54 14 312
Maggiore di 24 a 29 148 729 84 143 255 72 1.431
Maggiore di 29 a 34 174 1.542 135 204 692 102 2.849
Maggiore di 34 a 44 147 1.661 99 228 1.332 105 3.572
Maggiore di 44 a 54 4 57 2 39 176 8 286
Maggiore di 54 a 64 1 3 4
Totale complessivo 523 4.138 336 644 2.512 301 8.454
Fonte:INL
83
ANZIANITÀ DI SERVIZIO
Anche nel 2019, come negli anni precedenti, è confermato il rapporto inver-
samente proporzionale tra dimissioni/risoluzioni convalidate e anzianità di
servizio medio-bassa delle lavoratrici madri/dei lavoratori padri interessati.
Il fenomeno è particolarmente evidente per i lavoratori padri.
A livello regionale:
- n. 4.432 si riferiscono a soggetti con anzianità di servizio “fino a 3 anni”;
- n. 2.749 si riferiscono a lavoratrici/lavoratori con anzianità “da oltre 3 a
10 anni”;
- n. 907 si riferiscono a lavoratrici/lavoratori con anzianità “da oltre 10 a
15 anni”;
- n. 310 si riferiscono a lavoratrici/lavoratori con anzianità “da oltre 15 a
20 anni”;
- n. 56 si riferiscono a lavoratrici/lavoratori con anzianità “oltre 20 anni”.
NUMERO ED ETÀ DEI FIGLI DEI/DELLE RECEDENTI/E
Fig. 6.2.7 - Dimissioni per genere ed anzianità di servizio. Veneto - Anno 2019
Dimissioni per genere ed anzianità di servizio
0 500 1.000 1.500 2.000 2.500 3.000 3.500 4.000 4.500 5.000
2.210
Fino a 3 anni 2.222
4.432
790
Da oltre 3 a10 anni 1.959
2.749
316
Da oltre 10 a15 anni 591
907
116
Da oltre 15 a20 anni 194
310
25
Oltre 20 anni 31
56
Oltre 20 anni Da oltre 15 a 20 anni Da oltre 10 a 15 anni Da oltre 3 a 10 anni Fino a 3 anni
Maschi 25 116 316 790 2.210
Femmine 31 194 591 1.959 2.222
Totale 56 310 907 2.749 4.432
Fonte:INL
Nella Regione Veneto, i soggetti interessati hanno prevalentemente un solo
figlio o sono in attesa del primo (pari a n. 4.632): tale tipologia di genitori
rappresenta oltre la metà del totale (pari a quasi il 55% del totale). Altrettan-
to significativa è la percentuale di dimissionari con due figli (n. 3.069, pari a
oltre il 36%). I figli dei soggetti interessati (tra già nati e nascituri) sono com-
84
Relazione illustrativa dell’Ispettorato Interregionale
del Lavoro nell’anno 2019
plessivamente n. 13.170 (per, ricordiamo, n. 8.454 genitori dimissionari).
Per quanto riguarda l’età dei figli delle lavoratrici e dei lavoratori recedenti,
si osserva che nella grande maggioranza dei casi le dimissioni non riguarda-
no lavoratrici in gravidanza (solo 55 sono i figli nascituri, pari allo 0,65%; per
n. 8 non vi è precisazione dell’età), ma figli già nati.
Tab. 6.2.2 - numero ed età figli dei recedenti. Veneto - Anno 2019
Fascia età figli Numero figli
N.D. 8
Nascituro 55
Fino a 1 anno 4.622
Da 1 a 3 anni 4.891
Oltre 3 anni 3.594
Totale complessivo 13.170
Fonte: INL
Fig. 6.2.8 - Numero di figli dei recedenti in percentuale. Veneto - Anno 2019
8,9%
1 figlio
2 figli
36,3% Più di 2 figli
54,8%
Fonte:INL
MOTIVAZIONE DEI RECESSI
Diverse sono le ragioni poste alla base dei recessi che richiedono la con-
valida dell’Ispettorato del Lavoro; ogni recedente, si sottolinea, ha potuto
indicare più di una motivazione (le motivazioni risultanti per l’anno 2019,
infatti, sono 9.741, a fronte di 8.454 recessi complessivi).
Tra le ragioni alla base delle cessazioni dei rapporti di lavoro che qui in-
teressano si segnala il passaggio ad altra azienda, specificando che tale
motivazione non è strettamente connessa a difficoltà di conciliazione della
vita lavorativa e familiare (n. 4.473 casi); è l’ipotesi maggioritaria in quanto
85
riguarda la grande maggioranza dei lavoratori padri dimissionari, mentre è
al terzo posto tra le causali addotte dalle lavoratrici madri dimissionarie, tra
le quali prevalgono invece le difficoltà a conciliare il lavoro con l’accudimen-
to della prole, per ragioni legate ai servizi di cura disponibili (primo posto)
o per ragioni legate all’azienda in cui si lavora (secondo posto). Se ci fosse
più ampia disponibilità dei servizi di cura, le dimissioni di lavoratrici madri
verrebbero meno in ben più di un terzo dei casi (tale motivazione è stata
infatti indicata in 2.470 casi su 6.205; anche se, come detto, questi numeri
andrebbero letti al netto dei casi in cui sono state addotte più ragioni per
un unico recesso).
In totale, l’incompatibilità tra l’occupazione lavorativa e le esigenze di ac-
cudimento della prole per ragioni legate ai servizi di cura (n. 2.547 in totale
per madri e padri lavoratori) costituisce il 26% delle motivazioni (ma quasi il
40%, come accennato, per le madri lavoratrici).
Relativamente alle motivazioni connesse alla situazione dell’azienda di ap-
partenenza (n. 1.647, pari al 17% del totale delle motivazioni), le cause di
recesso storicamente possono essere ricondotte all’organizzazione ed alle
condizioni di lavoro particolarmente gravose o difficilmente compatibili con
la cura della prole, a ragioni concernenti l’orario di lavoro (per mancata mo-
difica degli orari lavorativi o per mancata concessione del part-time), alla
distanza dal luogo di lavoro, al cambiamento della sede o, infine, al muta-
mento delle mansioni.
Tab. 6.2.3 - Motivazione recesso. Veneto - Anno 2019
Motivazioni recesso Totale Maschi Femmine
cambio residenza/distanza tra luogo di residenza e 187 48 139
sede di lavoro/ricongiungimento al coniuge
difficoltà a conciliare il mio lavoro con la cura del 2.547 77 2.470
bambino/bambina, per ragioni legate ai servizi di
cura:
difficoltà a conciliare il mio lavoro con la cura del 1.647 72 1.575
bambino/bambina, per ragioni legate all’azienda
dove lavoro:
passaggio ad altra azienda 4.473 2.986 1.487
trasferimento dell’azienda dove lavoro 17 4 13
altro 870 349 521
9.741 3.536 6.205
Fonte: INL
86
Relazione illustrativa dell’Ispettorato Interregionale
del Lavoro nell’anno 2019
Inoltre, sempre riconducibili alle motivazioni del recesso, si riportano di se-
guito le altre voci:
• Cambio di residenza/modifica distanza tra luogo di residenza e sede
di lavoro/ricongiungimento al coniuge (n. 187),
• “Trasferimento dell’azienda” (n. 17),
• “Altro” (voce generica nella quale confluiscono n. 870 fattispecie di
convalida).
In merito alle motivazioni di cui sopra, si sottolinea che, come accennato,
mentre le lavoratrici madri inpiduano come principale causa della cessa-
zione le “ragioni legate ai servizi di cura”, i lavoratori padri generalmente
lasciano il lavoro per “passaggio ad altra azienda” (n. 2.986 casi su 3.536,
pari a circa l’84% dei casi totali maschili), presumibilmente per migliorare le
condizioni di lavoro e non per cause strettamente connesse all’accudimento
della prole.
Fig. 6.2.9 - Motivazione di recesso in percentuale. Veneto - Anno 2019
Cambio residenza/distanza tra
luogo di residenza
e sede di
Altro; 9,0% lavoro/ricongiungimento al
Trasferimento dell'azienda coniuge1,9%
dove lavoro; 0,2% Difficoltà a conciliare il mio
lavoro con la cura del
bambino/bambina,
per ragioni legate ai servizi di
cura; 26,1%
Difficoltà a conciliare il mio
lavoro con la cura del
; bambino/bambina,
Passaggio ad altra azienda per ragioni legate all'azienda
45,9% dove lavoro 16,9%
;
Fonte:INL
PART-TIME E FLESSIBILITÀ – QUALIFICHE PROFESSIONALI
A decorrere dall’anno 2017 è stato valorizzato il dato concernente l’even-
tuale richiesta di part time o flessibilità da parte dei lavoratori interessati alle
convalide e l’accoglimento di tali istanze da parte dell’azienda.
Nella Regione Veneto emerge che, nell’anno di interesse, a fronte di n. 438
richieste, tale concessione è avvenuta in n. 80 casi (poco meno di 1/5 del
totale, in leggera diminuzione percentuale sull’anno precedente).
Questa rappresentazione potrebbe suggerire una reale difficoltà di concilia-
re la vita familiare con il lavoro a tempo pieno.
87
In merito alle qualifiche di inquadramento dei lavoratori interessati, si evi-
denzia che, nella maggior parte dei casi, si tratta di operai (n. 4.559) e im-
piegati (n. 3.536); nell’ambito del genere maschile prevale il profilo pro-
fessionale di operaio, mentre per le donne quello di impiegata. A seguire
troviamo apprendisti (n. 214), quadri (n. 111) e dirigenti (n. 34).
Fig. 6.2.10 - Qualifica professionale e genere della lavoratrice/del lavoratore.
Veneto - Anno 2019
111
QUADRO 35
76
4559
OPERAIO 2149
2410
3536
IMPIEGATO 2630
906
34
DIRIGENTE 20
14
Totale
Femmine
214 Maschi
APPRENDISTA 163
51
0 500 1000 1500 2000 2500 3000 3500 4000 4500 5000
Fonte:INL
SETTORI PRODUTTIVI INTERESSATI E DIMENSIONI DELLE IM-
PRESE COINVOLTE
Il settore produttivo maggiormente interessato dalle convalide è il terziario
(n. 5.697 casi, pari al 67% circa del totale), tradizionalmente caratterizzato
dalla prevalente occupazione femminile; rilevanti anche i dati relativi all’in-
dustria (n. 2.056 casi, corrispondenti a circa un quarto del totale) e all’edilizia
(n. 470 casi, pari al 5,5%, riferibile in misura prevalente agli uomini). Il setto-
re dell’agricoltura è quello meno investito dal fenomeno (n. 74 casi, dunque
in misura inferiore all’1%). Le percentuali restano pressoché invariate rispet-
to al 2018. In 157 casi non è stato possibile risalire al settore merceologico
di riferimento.
88
Relazione illustrativa dell’Ispettorato Interregionale
del Lavoro nell’anno 2019
Tab. 6.2.4 - Settori produttivi interessati dai recessi - dettaglio. Veneto - Anno
2019
Settore Settore dettaglio Femmine Maschi Totale
comples.
agricoltura Agricoltura, silvicoltura e pesca 34 40 74
industria Attività manifatturiere 804 1.247 2.051
Estrazione di minerali da cave e miniere 1 4 5
edilizia Costruzioni 80 390 470
terziario Altre attività di Servizi 326 34 360
Attività artistiche, sportive, di 43 19 62
intrattenimento e pertimento
Attività dei Servizi di alloggio e di 612 247 859
ristorazione
Attività di famiglie e convivenze come 67 2 69
datori di lavoro per personale domestico;
Produzione di beni e servizi indifferenziati
per uso proprio da parte di famiglie e
convivenze
Attività finanziarie e assicurative 115 46 161
Attività immobiliari 41 6 47
Attività professionali, scientifiche e tecniche 323 97 420
Commercio all’ingrosso e al dettaglio; 1.045 443 1.488
Riparazione di autoveicoli e motocicli
Fornitura di acqua; Reti fognarie, attività di 12 23 35
gestione dei rifiuti e risanamento
Fornitura di energia elettrica, gas, vapore e 6 10 16
aria condizionata
Istruzione 122 13 135
Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di 507 304 811
supporto alle imprese
Organizzazioni ed organismi extraterritoriali 1 1
Pubblica Amministrazione e Difesa; 13 3 16
Assicurazione sociale obbligatoria
Sanità e Assistenza sociale 464 55 519
Servizi di informazione e comunicazione 139 81 220
Trasporto e magazzinaggio 132 346 478
N.D. N.D. 110 47 157
Totale com- 4.997 3.457 8.454
plessivo
Fonte:INL
89
Interessante anche il dato che riguarda le dimensioni delle imprese coinvol-
te dalle richieste di dimissioni da convalidare da parte dell’Ispettorato del
Lavoro.
Sulla base dei dati acquisiti a sistema in relazione alla grandezza azienda-
le - dato tuttavia indisponibile in molti casi (addirittura 5.219 su 8.454) - i
provvedimenti rilasciati dagli Ispettorati territoriali hanno prevalentemente
riguardato le grandi imprese (quelle occupanti oltre 250 dipendenti) con
1.628 convalide, vale a dire la metà dei casi per i quali è disponibile il dato
relativo alle dimensioni aziendali. Tuttavia, assai probabilmente, questa per-
centuale fornisce una falsa rappresentazione della realtà, in quanto nel 2018
(quando il dato sulle dimensioni aziendali è disponibile in più del 90% dei
casi) i recessi risultano invece concentrati nelle micro e piccole imprese.
Nel 2019 le convalide riguardanti lavoratrici madri/lavoratori padri occupati
presso le:
- grandi imprese sono state 1.628 (1.529 nel 2018);
- medie imprese (da 50 a 249 dipendenti) sono state 826 (1.237 nel 2018);
- piccole imprese (tra 10 a 49 dipendenti) sono state 594 (2.112 nel 2018);
- microimprese (da 0 a 9 dipendenti) sono state 187 (2.224 nel 2018).
SUDDIVISIONE PER TERRITORIO DEI RECESSI
Sulla base delle informazioni fornite dalla Direzione Centrale Vigilanza, è
possibile affermare che, pure per il biennio considerato, vi è uno stretto
legame tra la distribuzione delle convalide sul territorio nazionale e il diffe-
rente tasso di occupazione che caratterizza le differenti aree del Paese:
• nel Nord Italia sono state rilevate n. 33.442 convalide, pari a circa il
65% del totale (a fronte di n. 31.691 convalide nel 2018, pari al 64%
del totale di quell’anno);
• nel Centro le convalide sono state pari a n. 9.899, rappresentando
oltre il 19% del totale (a fronte di n. 9055 convalide nel 2018, pari ad
oltre il 18% del totale di quell’anno);
• nel Sud si sono registrate solo n. 8.217 convalide, che costituiscono
quasi il 16% del totale (a fronte di n. 8.705 convalide nel 2018, pari a
quasi il 18% del totale di quell’anno).
90
Relazione illustrativa dell’Ispettorato Interregionale
del Lavoro nell’anno 2019
Fig.6.2.11 - Dimissioni/risoluzioni convalidate 2019- distribuzione per area ge-
ografica
Bolzano e Trento
Nord
SUD
Centro
Sicilia
Fonte:INL
91
7 Conclusioni
Conclusioni
Capitolo 7 - Conclusioni
Oggi il tema della parità di genere è sempre più d’attualità, sia per le recen-
ti iniziative legislative in materia di pari opportunità che per un’incrementata
rappresentanza delle donne, in ambito politico e amministrativo. Le ragazze
del nuovo millennio possono oggi più di ieri ispirarsi a modelli di successo
femminili in ambito tecnico-scientifico, politico ed anche sportivo.
Anche il linguaggio di genere sta cambiando: a piccoli passi, molte accezio-
ni mai utilizzate prima, hanno iniziato ad integrarsi nel linguaggio comune.
La democrazia paritaria si pone non più solo come una sfida di genere, ma
come un imperativo democratico dell’intera società.
Democrazia paritaria significa che donne e uomini conpidono lo spazio
pubblico e quello privato, la carriera e la cura familiare, la partecipazione
alle istituzioni e al mercato del lavoro. Significa costruire una società basa-
ta su una reale eguaglianza, su relazioni paritarie e inclusive nelle quali la
differenza di genere sia elemento di ricchezza e non di discriminazione o di
subordinazione gerarchica.
La fotografia scattata da questa pubblicazione sull’occupazione maschile
e femminile nelle grandi e medie imprese in Veneto – pubbliche e private
– basata su dati precedenti all’emergenza sanitaria, evidenzia alcune novi-
tà positive, come l’aumento di posizioni apicali femminili e l’incremento di
contratti a tempo indeterminato per le donne (sebbene le Aziende rispon-
denti al questionario non siano le stesse del biennio precedente in ragione
dell’andamento fisiologico del mercato). Nel contempo, tuttavia, lo studio
conferma la permanenza della difficoltà di molte donne a mantenere un’oc-
cupazione a tempo pieno a causa degli impegni familiari di cura verso figli
piccoli e anziani fragili.
L’emergenza sanitaria non ha fatto che accentuare molte delle difficoltà già
presenti: il costo più caro è stato pagato dai più giovani e in particolare dalle
donne, che in molti casi si sono trovate ad assistere i propri familiari durante
l’orario di lavoro (catapultate in uno “smart working” non sufficientemente
regolato) o addirittura si sono trovate a rinunciare “tout court” al lavoro.
Tra i problemi evidenziati dall’emergenza sanitaria c’è anche quello del “di-
gital pide”: i lockdown hanno imposto nuove modalità ‘a distanza’ di lavo-
ro, di studio, che se da un lato hanno razionalizzato tempi e spostamenti, fa-
cilitato incontri telematici e innescato nuovi processi organizzativi, dall’altro
hanno messo in luce i ritardi dell’alfabetizzazione digitale nel nostro Paese,
che investono soprattutto le donne e in particolare le meno giovani. Dopo
un anno e mezzo di pandemia appare improcrastinabile un investimento
collettivo sulla formazione digitale delle donne e sulla diffusione delle cono-
scenze tecnologiche, favorendo l’interesse e l’accesso femminile alle disci-
93
pline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics).
Lavoro, formazione, competenze, conciliazione dei tempi di vita e di lavoro,
lavoro di cura: sono tutti problemi, già ampiamente presenti prima della
pandemia, ma costantemente accantonati dall’agenda politica, che ora con
l’emergenza sanitaria sono pentati centrali e richiedono di essere affronta-
ti con nuove politiche.
Grazie alle direttive Europee che orientano il PNRR e ad una consapevo-
lezza conpisa imposta dal trauma epidemico, si spera sia pentato ormai
chiaro a tutti che il carico di lavoro famigliare e di cura non vada più consi-
derato come un fattore secondario affidato alla buona volontà delle donne.
Migliori e più eque organizzazioni e conpisioni dei ritmi e dei tempi di
lavoro, scuola e famiglia rappresentano, nella più moderna letteratura d’im-
presa, il presupposto obbligato per migliori performance economiche e per
una maggiore sostenibilità.
Appaiono quindi sempre più necessari interventi di welfare innovativo, che
integrino welfare aziendale e welfare territoriale, in un’ottica di collaborazio-
ne tra pubblico e privato, tra imprese e lavoratori. Solo un approccio ‘comu-
nitario’ e intergenerazionale, di valorizzazione delle risorse e delle opportu-
nità dei territori, capace di dosare nel giusto equilibrio interventi normativi
ed incentivi, potrà superare i vuoti e le derive dello statalismo assistenziale
e aiutare a colmare le differenze di genere che ancora permangono.
L’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ri-
conosce che la parità di diritti per le donne e per gli uomini è essenziale per
favorire la pace, la democrazia sostenibile e lo sviluppo economico.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) spinge l’acceleratore sulla
parità di genere inpiduandola come una priorità trasversale a tutte le 6
missioni che ne formano l’infrastruttura portante: digitalizzazione e innova-
zione, transizione ecologica, infrastrutture, istruzione e ricerca, inclusione,
salute.
Il Piano interviene sulle molteplici dimensioni del pario di genere e si in-
serisce nel percorso di riforma avviato con il “Family Act”: introducendo il
“sistema nazionale di certificazione della parità di genere” intende “accom-
pagnare le imprese nella riduzione dei pari in tutte le aree più critiche per
la crescita professionale delle donne, e rafforzare la trasparenza salariale”.
Le aree più critiche in cui intervenire per ottenere una effettiva e ‘certificata’
parità di genere sono le opportunità di crescita in azienda, la parità salariale,
la gestione delle differenze di genere, la tutela della maternità.
Il sistema economico funziona per incentivi: sarà necessario quindi imma-
ginare un meccanismo di premialità nei confronti delle imprese che la ap-
plicheranno, tenendo presente che attraverso l’adozione di Policy di pari-
tà e Certificazione di Genere non solo rispondono agli obiettivi del MDGs
(Millennium Development Goals – obiettivi di sviluppo del millennio delle
94
Conclusioni
Nazioni Unite) ma sono la pre-condizione per accompagnare le imprese ita-
liane verso la creazione di maggiore valore e maggiore produttività.
La certificazione della parità di genere dev’essere quindi intesa come van-
taggio competitivo, nel mercato globale.
Come sostenuto dalla Presidente Nazionale di Aidda (Associazione impren-
ditrici e Donne Dirigenti d’Azienda), Antonella Giachetti, in audizione alla
Commissione Lavoro della Camera sulla parità di retribuzione tra uomini e
donne “risulta fondamentale che i meccanismi premiali e le norme in atto
siano da applicarsi a tutte le dimensioni aziendali”, monitorando e accom-
pagnando con particolare attenzione “il mondo delle PMI, dove si annida
una disparità consistente, senza però creare costi aggiuntivi per le piccole
imprese”.
La fotografia sull’occupazione femminile e maschile in Veneto nelle grandi
imprese ci può aiutare ad avere un punto di riferimento e di progettazio-
ne per guardare in termini propositivi alla ripresa, per stimolare i decisori
politici ed economici a dare impulso a nuovi modelli e nuove pratiche che
inneschino circuiti virtuosi nella società, nell’economia e nell’organizzazione
del lavoro, partendo proprio dal riconoscimento dell’essenziale contributo
delle donne.
Questa edizione del report biennale della Consigliera di Parità del Veneto
esce nell’anno in cui l’Italia è alla guida del primo forum delle 20 economie
più importanti del mondo sulla parità di genere ed empowerment femmini-
le: il W20 (Women 20). Il primo G20 delle donne rappresenta un’occasione
importante e imperdibile per costruire una road map sulle questioni fem-
minili aggravate dalla crisi pandemica, una riflessione e un confronto tra i
maggiori Paesi del mondo.
Come ci ricorda la sociologa e direttrice dell’Istat Linda Laura Sabbadini,
chair del W20, “il nostro compito è contribuire alla ricostruzione sociale,
economica, ambientale dei nostri Paesi e indurre i nostri governi a investire
adeguatamente sull’empowerment delle donne, altrimenti rischieremo di
essere respinti indietro, condannando i nostri Paesi a una crescita più lenta,
ad un minore sviluppo e benessere. Con l’unità tra di noi, la sorellanza, la
competenza, la determinazione, ce la faremo”.
95
A cura della Consigliera regionale di Parità del Veneto e della Unità
Organizzativa Sistema Statistico Regionale della Regione Veneto (SISTAR)
Coordinamento
Sandra Miotto, Consigliera regionale di Parità
Francesco Alberti, Direttore dell’U.O. Sistema Statistico Regionale (SISTAR)
Collaborazioni
U.O. Sistema Statistico Regionale della Regione Veneto (SISTAR)
Responsabile analisi e testi: Desiré Molin
Elaborazioni e analisi: Elisa Mantese
Grafica e impaginazione: Federico Bonandini
Ispettorato Nazionale del Lavoro – Ispettorato Interregionale del Lavoro di
Venezia, Direttore Stefano Marconi
Responsabile di Posizione Organizzativa Processo Coordinamento della
Vigilanza, Sabrina Gaeta
Giornalista della Regione del Veneto, Margherita Carniello per il
coordinamento testuale
La Rete delle Consigliere provinciali di Parità del Veneto: Stefania Barbieri
(Provincia di Treviso), Silvia Cavallarin (Città Metropolitana di Venezia),
Francesca Lazzari (Provincia di Vicenza), Flavia Monego (Provincia di
Belluno), Paola Poli (Provincia di Verona), Loredana Rosato (Provincia di
Rovigo), Silvia Scordo (Provincia di Padova).
Ufficio della Consigliera Regionale di Parità: Silvia Brunello
Stagiste Ufficio della Consigliera Regionale di Parità: Caterina Fiocchi, Yana
Kondratova
96
Si ringraziano
Le Aziende che hanno partecipato alla rilevazione.
Area Politiche Economiche, Capitale Umano e Programmazione Comunitaria,
Direttore Santo Romano
Direzione Lavoro della Regione Veneto,
Direttore Alessandro Agostinetti
Direzione Sistema dei Controlli, Attività Ispettive e SISTAR,
Direttore Michele Pelloso
U.O. Mercato del Lavoro e interventi per l’occupazione,
Direttore Roberto Fabian
P.O. Segreteria della Consigliera di Parità e organismi collegiali,
Anna Rosa Pisani
Consigliera Nazionale di Parità, Francesca Bagni Cipriani
Consigliera Nazionale di Parità Supplente, Serenella Molendini
In attuazione della Legge regionale n. 8 del 2002, l’Ufficio Statistica della
Regione del Veneto raccoglie, analizza e diffonde informazioni statistiche
di interesse regionale. I dati elaborati sono patrimonio della collettività e
vengono diffusi con pubblicazioni e tramite il sito internet della Regione
Veneto all’indirizzo https://www.regione.veneto.it/web/statistica.
Si autorizza la riproduzione parziale di testi, tabelle e grafici ai fini non
commerciali e con citazione della fonte.
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