Territorio, Lavoro e Società_CGIL VI_23.04.2021

                  VICENZA 2021
            TERRITORIO, LAVORO e SOCIETA’
                      Vicenza, 23 aprile 2021



                         PREMESSA
La pandemia che ci ha colpiti a partire dal marzo 2020 ha causato nella nostra provincia la morte di tante
persone, ha prodotto dolore e sofferenza, ha messo a durissima prova il sistema sanitario pubblico, ha
colpito il tessuto produttivo ed ha indebolito il sistema economico e sociale.

La parte di popolazione più anziana, che uscita dalla guerra si è sacrificata per superare la miseria
precedente e costruire progresso e benessere, è stata la principale vittima della pandemia.

Ma anche il mondo del lavoro ha pagato un tributo di vite umane, nei settori in prima linea per curare ed
assistere le persone contagiate, e più in generale in termini di perdita dell’occupazione (i dati di CCIAA
Vicenza segnalano una disoccupazione provinciale al 7%, più 2,3% sul 2019) e di riduzione delle ore lavorate
e quindi di reddito (secondo Eurostat i lavoratori in Italia hanno perso nel 2020 quasi 40 miliardi di Euro di
salari e stipendi). Il blocco dei licenziamenti, gli ammortizzatori sociali ed i vari sussidi e bonus pubblici
attivati hanno consentito di evitare conseguenze sociali disastrose, tuttavia si è purtroppo gonfiata l’area
del disagio sociale, soprattutto tra le donne, i giovani e le persone fragili. E destano grande preoccupazione
le vertenze sindacali in atto alla Forall di Quinto Vicentino ed alla ABB di Marostica per impedire la chiusura
e salvare centinaia di preziosi posti di lavoro.

E non dobbiamo dimenticare le sofferenze dei bambini e degli studenti, costretti a rinunciare per lunghi
periodi alle attività didattiche in presenza ed alla possibilità di interagire liberamente con i coetanei a scuola
e nel tempo libero; delle persone fragili, costrette a rinchiudersi in casa per evitare il contagio, e delle
famiglie, in particolare delle donne, che hanno dovuto spesso tenere assieme, attraverso un faticoso
esercizio fisico e mentale, lavoro e assistenza e cura dei familiari.

E’ ormai convinzione diffusa che la pandemia non sia la sola responsabile di questa situazione economica,
sanitaria e sociale, ma che essa sia stata il detonatore che ha fatto esplodere problemi, limiti e
contraddizioni già presenti nel nostro modello economico e sociale.
Basta osservare bene il territorio della Provincia per vedere i segni di un uso non lungimirante delle sue
zone verdi, dei suoi corsi d’acqua superficiali e delle sue risorse idriche, e delle sue ricchezze naturali,
paesaggistiche, artistiche e storiche.
Una cementificazione che non ha eguali, un’industrializzazione diffusa e non pianificata che spesso ha
prodotto inquinamento del suolo, dell’aria e dell’acqua, ed alcune cosiddette grandi opere quali la
Pedemontana, hanno pesantemente compromesso il territorio ed il suo ecosistema.
La vicenda del fallimento della Miteni di Trissino, con il pesantissimo lascito di un avvelenamento da
sostanze PFAS del territorio, delle acque di una delle più grandi falde acquifere d’Europa, degli ex lavoratori
e di una popolazione di almeno 300.000 abitanti; di una bonifica non ancora avviata del sito contaminato,
che continua nel frattempo a sversare i suoi veleni in falda; e di un processo appena iniziato contro i
presunti responsabili, rappresenta l’emblema di un modello di sviluppo locale che occorre cambiare.
Nella convinzione che Vicenza ed il nostro paese abbiano la volontà e le energie per reagire e guardare
con rinnovata fiducia al futuro, percorrendo traiettorie nuove, in un’ottica di sostenibilità ambientale e
sociale e di rinnovata attenzione alla persona, ai beni comuni ed alla sanità pubblica, sarà
straordinariamente importante il buon e corretto utilizzo delle risorse messe a disposizione dalla UE
attraverso il Next Generation EU (NGEU), a partire da quelle del Recovery Resilience Facility (RRF, meglio
noto come Recovery Fund), il programma più corposo riguardante la ripresa e la resilienza degli stati
membri.

La Camera del Lavoro di Vicenza, in riferimento al Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza (PNRR)
elaborato a gennaio 2021 dal Governo Conte per poter accedere alle risorse del programma RRF, e del
Piano Regionale per la Ripresa e la Resilienza (PRRR), ha deciso di costruire un momento di confronto su
questi temi, che parta dal contesto vicentino, con le altre organizzazioni sindacali, con le associazioni
datoriali e più in generale con le forze politiche, nella convinzione che spetti a tutte e tutti il compito di
conoscere e di esprimersi su un progetto che riguarda il futuro comune.

La prima tappa di questo confronto è stata la decisione di scrivere questo nostro documento, denominato
“Vicenza 2021 – Territorio, Lavoro e Società”, di analisi della situazione dei persi comparti produttivi ed
aspetti sociali.
Il documento è il frutto di un’elaborazione collettiva di sei gruppi di lavoro, nei quali erano presenti le
nostre categorie, la segreteria confederale e l’apparato della CGIL vicentina.
Per la costruzione del contributo sul comparto manifatturiero vicentino ci siamo avvalsi del supporto di due
esperti, che ringraziamo per la loro disponibilità, pazienza e prezioso apporto: il Dott. Vladimiro Soli,
sociologo e formatore, ed il Dott. Matteo Gaddi, ricercatore della Fondazione Claudio Sabattini.

Buona lettura


Giampaolo Zanni (Segr. Gen. CGIL di Vicenza)




                    COMPARTO PUBBLICO
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Una delle sfide del PNRR sarà la capacità del nostro Paese di capitalizzare le risorse a disposizione, dando
effettività ai progetti delineati nel piano.
La Pubblica Amministrazione avrà in questo senso un ruolo strategico e potrà rappresentare un importante
volano di crescita.
Per questo servono investimenti veri per potenziare e rendere più efficiente la Pubblica Amministrazione:
un piano straordinario di assunzioni e di investimenti su formazione e organizzazione del lavoro.

SANITA’ E SERVIZI SOCIO-SANITARI
Per un sistema sanitario realmente integrato
L’emergenza sanitaria ha reso evidente come la tutela della salute dei cittadini non possa che passare
attraverso un sistema sanitario non solo pubblico e universale, ma anche realmente integrato nella sua
dimensione socio-sanitaria e territoriale.
Si tratta di un’importante innovazione culturale, che torna a guardare ai principi ispiratori della L. 833/78,
istitutiva del Sistema Sanitario Nazionale (SSN). Essa infatti, nel riconoscere il diritto alla salute come
fondamentale diritto dell’inpiduo e interesse della comunità, coniuga al suo interno tre principi cardine su
cui il sistema sanitario deve poggiare per una efficace presa in carico: prevenzione, ospedale e servizi socio-
sanitari territoriali.
Prevenzione
Medici di base (MMG), strutture intermedie, residenziali e semi-residenziali per persone in condizione di
non autosufficienza, assistenza domiciliare e altri servizi territoriali vanno intesi come componenti
fondamentali di un sistema sanitario maturo e integrato, capace non solo di svolgere la fondamentale
funzione di presa in carico del paziente acuto (che necessita di ricovero ospedaliero), ma anche di prevenire
l’ospedalizzazione, evitare ricoveri inappropriati e accogliere pazienti dimessi e non ancora in condizione di
rientrare al proprio domicilio.

Questa esigenza si fa sempre più cogente anche alla luce della composizione demografica della nostra
Regione, il cui indice di vecchiaia (che rinvia ad una maggiore incidenza di persone fragili e con patologie
croniche) è passato dal 144% nel 2013 al 178% nel 2019 (Ulss 7 Pedemontana: 167,96% – Ulss 8 Berica:
163,83%)1.

Strategico penta il ruolo del Distretto Socio-Sanitario, ed al suo interno della Centrale Operativa
Territoriale (COT), che ha il compito di coordinare i persi servizi territoriali e garantire l’accesso della
popolazione alle strutture e ai servizi. Si tratta di un’articolazione delle aziende sanitarie che dovrebbe
svolgere un ruolo forte, di baricentro e motore per l’assistenza territoriale, e da cui dovrebbero dipendere
strutture e professionisti sanitari, compresi i Medici di Medicina Generale e i professionisti sociali.
Il superamento di tale frammentazione non può che passare anche attraverso una ricomposizione e
semplificazione dei persi livelli gestionali, oltre che attraverso l’esercizio di un governo forte da parte delle
Ulss nei confronti dei persi Enti gestori dei servizi, anche attraverso il blocco di ulteriori esternalizzazioni.

Alle missioni 5 (inclusione e coesione) e 6 (salute) dell’attuale proposta di PNRR occorre assegnare le
risorse necessarie per realizzare questi fondamentali obiettivi, nonché prevedere la verifica puntuale delle
tempistiche e della loro effettiva realizzazione. Importanti saranno ruolo e responsabilità in capo a Regione
e territori. La Regione Veneto, che nel 1975 aveva fatto propri i principi dell’integrazione socio-sanitaria, nel
decennio passato ha rinunciato a questa ambizione ed ha orientato le sue scelte al contenimento dei costi
attraverso la riduzione dei posti letto ospedalieri senza un vero potenziamento dei servizi territoriali.

Centrale dovrà essere il ruolo delle Organizzazioni Sindacali per vigilare che le risorse siano destinate
all’erogazione di servizi pubblici con prioritaria attenzione alla qualità, fermando l’attuale logica di mera
attenzione ai costi che ha condotto spesso all’esternalizzazione dei servizi, com’è accaduto in questi mesi
all’ULSS 7 con la scelta della privatizzazione del servizio residenziale per persone anziane e psichiatriche
gravi presso la struttura di Montecchio Precalcino.

Altro problema che andrebbe affrontato nella nostra Provincia è quello della non omogeneità territoriale
dei servizi pubblici, in termini di efficienza ed efficacia (cure primarie, strutture intermedie, strutture
residenziali per anziani e disabili, assistenza domiciliare).

Cure Primarie
Nel nostro territorio il rapporto tra medici di base (MMG) e assistiti ha continuato a crescere (Ulss 7 più
8,86% e Ulss 8 più 13,25% nel periodo 2011/2019 2).
A fronte della diminuzione dei MMG rispetto alla popolazione non si è verificato l’auspicato aumento delle
forme di gestione associata tra medici di base MGI (Medicine di Gruppo), finalizzata a garantire agli utenti
un accesso al servizio 12 ore al giorno, la presenza di personale infermieristico e di supporto e un
collegamento strutturato con il servizio di continuità assistenziale (Guardia Medica) tale da garantire la
copertura del servizio h 24, 7 giorni su 7.

1  Rapporto IRES Veneto “Integrazione organizzativa e integrazione dei servizi socio-sanitari nella Regione Veneto”
  (febbraio 2021)
2  Rapporto IRES Veneto “Integrazione organizzativa e integrazione dei servizi socio-sanitari nella Regione Veneto”
  (febbraio 2021)
Per realizzare questo obiettivo è necessario poi che il personale sia assunto direttamente dalle Aziende
Sanitarie. Rispetto agli altri territori del Veneto segnaliamo la maggiore presenza di MGI all’interno dell’Ulss
7 Pedemontana, territorio in cui il servizio di cure primarie viene erogato nella forma della MGI dal 40,3%
dei MMG (dato comunque lontano dall’obiettivo fissato dalla D.G.R. 751/2015).

Assistenza Domiciliare Integrata (ADI)
L’ADI rappresenta un importante servizio finalizzato ad offrire, per talune tipologie di utenti con patologie
croniche, un’alternativa efficace all’accoglimento all’interno di una struttura residenziale o semi-
residenziale.
Il potenziamento di questo servizio, che secondo gli obiettivi regionali dovrebbe garantire un’operatività 7
giorni su 7 dalle 7.00 alle 21.00, non può che passare attraverso un significativo incremento degli organici,
pena il rischio di mancare il traguardo o di una pericolosa parcellizzazione del servizio attraverso
l’affidamento esterno di alcune attività.

La qualità e il livello di copertura del servizio andrebbe poi analizzata non solo in termini quantitativi
(numero di pazienti presi in carico da ciascuna Ulss 3) ma anche qualitativi, in relazione all’intensità del
bisogno di cura (tipologia e numero ore di assistenza erogate per ciascun paziente 4).

Strutture Intermedie
Per quanto riguarda la provincia di Vicenza registriamo come ad oggi nelle due Ulss siano stati quasi
integralmente realizzati i posti letto programmati per Hospice e URT (Unità Riabilitative Territoriali), mentre
l’attivazione dei posti letto programmati per Ospedale di comunità sia ancora deficitaria 5.
Si evidenzia inoltre come la gestione di tali strutture, benché la stessa Regione ne abbia decretato la natura
prettamente sanitaria, non sia integralmente erogata da strutture sanitarie. Infatti, solo il 38% di queste
strutture viene gestita direttamente dalle Ulss del nostro territorio, mentre il 37% viene gestito da strutture
private e il 25% da Ipab.

Strutture Residenziali per anziani e disabili
  Le strutture residenziali per anziani nella provincia di Vicenza sono così distribuite:
      34 strutture nel territorio dell’Ulss 7 Pedemontana, corrispondente a 3172 posti letto (di cui
       56% pubblici, 44 % privati);
      38 strutture nel territorio dell’Ulss 8 Berica, corrispondente a 4151 posti letto (di cui 66,5%
       pubblici, 33,5% privati).
Al dato relativo alla titolarità pubblica o privata dei posti letto non corrisponde però un analogo dato per
quanto riguarda l’effettiva gestione di tali posti letto, poiché anche all’interno di molte strutture pubbliche
interi reparti sono di fatto assegnati in appalto a soggetti privati, allo scopo di ridurre i costi di gestione.

La pandemia ha drammaticamente innalzato agli onori della cronaca queste strutture, all’interno delle quali
sono morte tante persone, ha accresciuto i bisogni di cura da parte degli ospiti ed ha reso sempre più
complessa la risposta agli stessi, a causa dei numerosi contagi anche tra gli operatori e della storica
inadeguatezza degli standard regionali di assistenza.
Sono emerse alcune importanti fragilità del sistema che occorre affrontare attraverso un maggiore
finanziamento ed una una riforma complessiva del sistema.

3  Dal Rapporto IRES Veneto “Integrazione organizzativa e integrazione dei servizi socio-sanitari nella Regione
  Veneto” (febbraio 2021), risulta che nel 2018 i pazienti ADI all’interno dell’Ulss 7 Pedemontana siano stati 6.349,
  in Ulss 8 Berica 9.704
4  Il medesimo Rapporto recita: “in misura più marcata rispetto ad altre Regioni, è evidente il numero di ore esiguo
  per numero di casi trattati, che nella Regione Veneto è di circa 6 ore rispetto ad una media nazionale di 20 ore”
5  Ulss 7 OdC 41/20/-21 – Hospice 17/17/0 – URT 42/42/0
  Ulss 8 OdC 70/36/-34 – Hospice 18/18/0 – URT 39/39/0 (-93)
SCUOLA E ISTRUZIONE
Edifici scolastici
E’ necessario investire sulle strutture scolastiche allo scopo di garantire edifici sicuri, attenti alla
sostenibilità ambientale ed accoglienti, con spazi adeguati per la didattica, laboratori allestiti con
strumentazione in linea con le moderne tecnologie, aule dove gli spazi si possano ricreare in base alle
esigenze delle metodologie adottate (esempio Flipped Classroom, debate) e funzionali per attività
differenziate (lavorare per gruppi e in modo inpiduale, presentare elaborati, realizzare prodotti
multimediali, svolgere prove inpiduali o di gruppo, discutere attorno a uno stesso tema, svolgere attività
di tutoraggio tra studenti).

Occorre poi:
- prevedere in tutte le scuole secondarie di primo e secondo grado spazi allestiti per le mense, allo scopo di
consentire agli studenti di poter consumare il pasto a scuola in caso di rientri o altre attività progettuali;
- progettare spazi di conpisione, dove gli studenti possono ritrovarsi per studiare, discutere, svolgere
lavori di gruppo, guardare film o documentari, organizzare feste studentesche;
- allestire atelier creativi per gli studenti con disabilità, dove ciascun studente possa trovare strumenti e
tecnologie per valorizzare le proprie potenzialità, imparare facendo e sperimentando;
- realizzare adeguati spazi verdi esterni e orti didattici;
- progettare spazi adeguati per gli insegnanti.

Trasporti
Occorre investire prevedendo mezzi riservati al trasporto degli studenti adeguati alle reali esigenze
numeriche e creando corsie riservate ai pullman. Si potrebbe poi incentivare l’utilizzo di monopattini e
biciclette nei centri urbani e il car sharing.

Numero di alunni per classe
E’ di primaria importanza ridurre il numero di studenti per classe, non solo allo scopo di armonizzare la
normativa in tema di sicurezza, ma soprattutto per stabilire una più proficua relazione educativa tra
studenti ed insegnanti, che è alla base del processo di apprendimento, e applicare una didattica quanto più
possibile personalizzata ed attenta alle perse esigenze degli studenti.

Segmento 0-6 anni
E’ necessario potenziare il segmento 0-6 anni e considerare anche quello 0-3 come parte integrante del
sistema di istruzione e formazione, nell'ottica di una continuità che prosegua nell'intero primo ciclo e porti
alla costruzione di un curricolo verticale .
Occorrerebbe poi eliminare le sezioni primavera e rendere obbligatorio almeno il terzo anno di frequenza
della scuola dell’infanzia.
E’ fondamentale infine garantire l’accesso al maggior numero possibile di bambini, allo scopo di combattere
la povertà educativa, contribuire alla formazione globale del cittadino e consentire per i genitori una
concreta conciliazione tra tempi di lavoro e famiglia.

Ccompetenze trasversali e l’orientamento
I percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento devono essere co-progettati e co-realizzati
attraversi un’alleanza tra scuola e associazioni di categoria, affinché lo stage nelle strutture ospitanti non
penti un mero adempimento burocratico ma un’occasione di crescita per gli studenti.
E’ importante investire nella formazione dei docenti e nelle strumentazioni affinché la scuola, in particolar
modo gli istituti tecnici e professionali, pentino sempre più scuole “glocali” in grado di offrire una
formazione globale ma allo stesso corrispondere alle specifiche vocazioni territoriali.

Disabilità
Occorre aumentare il numero di posti messi a bando dalle Università per il TFA sostegno (acquisizione titolo
insegnante di sostegno) e prevedere procedure concorsuali adeguate, allo scopo di avere nelle scuole
docenti di sostegno specializzati.
E’ necessario poi incentivare la formazione sulle tematiche legate all’inclusione per tutto il corpo docente e
prevedere, per gli studenti con gravità, progetti ponte per accompagnare il passaggio dello studente da un
ordine di scuola ad un altro e verso l’età adulta. Sarebbe importante infine prevedere sostegni economici
alle famiglie per l’acquisto di risorse tecnologiche, ausili didattici, frequenza centri pomeridiani, etc.

Diritto allo studio
E’ necessario incrementare le risorse previste dal D.P.R. 63/2017 e mettere in atto reali politiche di
sostegno al reddito per garantire il diritto allo studio ed alla formazione scolastica ed universitaria di tutti gli
studenti, in particolare di quelli meritevoli.




                 IL COMPARTO MANIFATTURIERO

UNO SGUARDO GENERALE
La Provincia di Vicenza si conferma l’area di presenza manifatturiera di maggior rilievo in Veneto, nonché
tra le più significative a livello nazionale.
L’apporto all’export del comparto manifatturiero risulta anche nel 2020 decisivo per fare di Vicenza la
seconda provincia in Italia per valore dell’export, dopo la Provincia di Milano.

Il 2020 è stato un anno molto difficile anche per il nostro territorio. I dati di CCIAA segnalano una
produzione industriale vicentina diminuita rispetto al 2019 di ben l’11,7%, di un manifatturiero che occupa
143.204 addetti (in diminuzione dello 0,6% sul 2019) e di un utilizzo complessivo di ben 70,5 milioni di ore
di Cassa Integrazione Guadagni (erano state 26,1 milioni le ore nel 2010). Nonostante tutto però, afferma
sempre la CCIAA di Vicenza, “il tessuto produttivo continua ad evidenziare una notevole capacità di
tenuta”.

Se si guarda ai maggiori comparti manifatturieri si rileva che per oltre due terzi di essi l’industria locale
vanta un primato in termini di fatturato, di addetti e di imprese.
La primazia dell’area vicentina riguarda innanzitutto una serie di comparti meccanici: elettromeccanica,
elettronica, macchine, prodotti in metallo e siderurgia. Si tratta di comparti tradizionalmente molto
presenti sul territorio provinciale, che sono in grado di esprimere, nel loro complesso, ruoli e performance
rilevanti. Non mancano alcuni segni di involuzione, come nel caso del comparto elettromeccanico, o di una
frammentazione strutturale, come nel comparto macchine, che può trasformarsi in un vincolo rispetto alle
prospettive di crescita di un settore che dovrebbe al contrario poter sviluppare processi di concentrazione
produttiva.

L’altra grande area manifatturiero che storicamente premia il vicentino è quella afferente al comparto
moda, che più di tutti ha sofferto nel 2020 e continua a soffrire. Convenzionalmente questo aggregato
comprende l’abbigliamento, la pelletteria e le calzature, ma per esigenze di sintesi noi aggiungiamo il
tessile, la concia e l’orafo. Nello specifico vicentino il macro settore conta su una tradizionale forte presenza
nel tessile e dell’abbigliamento. Di minor peso appare la pelletteria, e scarsa è la presenza della calzatura.

Il tessile vive un progressivo percorso di restringimento, salvo la difesa di alcuni segmenti produttivi
specializzati.
Nell’abbigliamento va segnalata l’affermazione di alcuni marchi sostenuti da nuove configurazioni
d’impresa di tipo globale, a fianco di altri più tradizionali che invece appaio più in affanno.
Ciò che più preoccupa è che non si nota l’apparire di nuovi progetti industriali capaci di misurarsi con le
trasformazioni del mercato e di mettere a valore le grandi risorse professionali esistenti, la reputazione
mondiale del territorio ed i nuovi strumenti offerti dalle misure adottate dai governi per la salvaguardia del
made in Italy.
Il comparto conciario vicentino, uno dei pochi che conservano le caratteristiche dell’organizzazione
distrettuale, pur dovendo misurarsi con rilevanti problematiche attinenti alla sostenibilità ambientale si è
mostrato in grado di affrontare varie difficoltà, quali la concorrenza dei paesi a basso costo, le oscillazioni
della domanda e la rarefazione dell’offerta di lavoro locale. La riorganizzazione strutturale che si è
progressivamente definita ha garantito una buona tenuta delle aziende sul mercato, un processo di
concentrazione ha dato vita ad alcuni gruppi di dimensione internazionale, si è approfondito con successo
un percorso di specializzazione (automotive) ed ha preso piede un meccanismo di attrazione di capitali
internazionali che testimonia l’inserimento del distretto nelle dinamiche del mercato globale.
Il comparto orafo, che vanta nel vicentino una presenza storica e che ha attraversato una profonda fase di
riorganizzazione, secondo dati di Federorafi ha subito nel 2020 una perdita media di fatturato del 28,8% sul
2019. Il distretto orafo vicentino ha saputo però reagire meglio di quelli di Arezzo e di Valenza (AL), facendo
registrare un forte recupero dell’export verso gli USA nell’ultimo trimestre del 2020.

Su altri comparti la manifattura vicentina ha conquistato in questi anni posizioni di tutto rispetto.
Emblematico è il caso del comparto chimico e di quello farmaceutico, la cui caratteristica significativa è
quella di aver visto la progressiva affermazione di aziende di medie dimensioni, premessa per un
posizionamento di mercato che fa intuire spazi di ulteriore crescita.
Il comparto gomma plastica vanta oggi un buon posizionamento, molto prossimo alla condizione di primo
piano detenuta dall’area trevigiana.
Il comparto cartario e cartotecnico, caratterizzato da una buona distribuzione di aziende dalle dimensioni
importanti e da assetti proprietari che registrano la prevalenza di investitori esteri, primeggia a livello
regionale.
A completamento del quadro del manifatturiero provinciale segnaliamo la presenza di numerose aziende
del settore del mobile e dell’arredamento, alcune delle quali hanno acquisito un vero e proprio ruolo di
leader.

Un ragionamento a parte merita il settore dell’edilizia.
Il vicentino vede la presenza di molte imprese edili, ma che non hanno saputo aggregarsi per acquisire
dimensioni significative e meglio reggere la concorrenza.
Non è un caso infatti che nella grandi opere infrastrutturali del vicentino (Pedemontana, ospedale di
Montecchio Maggiore) le aziende vicentine non riescano mai ad aggiudicarsi gli appalti diretti.
Il cosiddetto super bonus 110% consentirà sicuramente uno sviluppo del settore, come dimostra la crescita
di addetti nel vicentino registrata nel corso della seconda parte del 2020, a patto di superare alcune
problematiche che rendono difficoltosa l’applicazione dell’incentivo, quali le indicazioni operative spesso
contraddittorie, la necessaria attestazione di conformità amministrativa, gli strumenti finanziari connessi
alla cessione del credito.


UN CONFRONTO CON ALTRI MODELLI TERRITORIALI
Questo quadro richiede di venire integrato da informazioni più qualitative, che diano meglio conto dei
fenomeni e permettano di capire i fattori di successo e di criticità dell’industria locale. Alcuni indicatori
economico-finanziari ci possono aiutare a leggere le dinamiche interne allo sviluppo dei persi comparti.

Il primo dato da segnalare è che nel 2019 il valore aggiunto medio dell’industria veneta era di oltre 10
punti inferiore a quello di Lombardia ed Emilia Romagna, strutture produttive simili. Il riferimento al
valore aggiunto industriale è importante perché misura in modo sintetico la capacità di un sistema
produttivo di creare valore, dando un’idea della qualità e del pregio di una produzione.
La competizione di mercato non si basa solo sulla qualità, ma deve trovare riscontro anche su altri fattori, in
primis le politiche di prezzo. Da questo punto di vista possiamo rilevare che nel complesso, e pressochè in
tutti i comparti, l’industria veneta ha un costo del lavoro medio più basso dei concorrenti lombardi ed
emiliani, con la prevedibile conseguenza di poter sviluppare una vantaggiosa politica di prezzo.
Per completare l’analisi consideriamo anche la situazione relativa alla redditività delle imprese. Il Mol
(Margine Operativo Lordo) medio dell’industria veneta è inferiore a quello di Lombardia ed Emilia, mentre
sia il Roi (Redditività degli investimenti), che il Roe (Redditività del capitale proprio) vede l’industria veneta
in posizione di vantaggio (salvo per il Roi in rapporto alla Lombardia).
Cosa significa? Possiamo supporre che malgrado risentano di un certo pario rispetto all’industria delle
regioni concorrenti le aziende venete riescono a garantirsi una condizione di redditività migliore ed una
struttura generale dei costi più bassa. Ma contano anche i costi di capitale, e in questo caso si può rilevare
che l’industria regionale tende a ricorrere in minor misura al capitale esterno, risparmiando quindi sui costi
di interesse.

In conclusione: il prodotto veneto garantisce un minor valore aggiunto, ma i costi più bassi, del lavoro e di
altri fattori, hanno l’effetto generale di determinare un risultato economico più soddisfacente.
Questa “miscela” comporta dei limiti e degli inconvenienti. In primo luogo la percepita minor qualità del
prodotto può ad un certo punto rendere più problematico l’accesso ai mercati più importanti e dinamici. In
secondo luogo il ridotto fabbisogno di capitale può nascondere una minore propensione agli investimenti,
all’innovazione ed allo sviluppo delle politiche di servizio.


IL LIMITE DIMENSIONALE DELLE IMPRESE
Un elemento strutturale da tenere in considerazione per valutare la realtà manifatturiera è quello della sua
configurazione dimensionale. Il vicentino mantiene, e non poteva essere altrimenti, la sua caratteristica di
area di piccola impresa, ma negli anni si è assistito ad un processo di formazione di imprese meglio
strutturate che va guardato con attenzione.
A ben vedere, il territorio ha storicamente sempre ospitato delle aziende di spicco, ma negli ultimi decenni
questo aspetto è stato messo in secondo piano dalla crescita tumultuosa delle piccole imprese, artigianato
compreso.
In tempi recenti, forse già a partire dalla crisi del 2009, la dinamicità del segmento di impresa minore si è
smorzata, mentre si sono moltiplicati i segnali di consolidamento del gruppo delle medie imprese.

La ridotta vitalità delle aziende più piccole suggerisce due possibili cause: il minore spazio di mercato di
questo segmento di aziende, compatibile con mercati domestici ma con difficoltà a competere con
concorrenti pronti a muoversi in mercati più ampi, ed una minore vitalità imprenditoriale, anche per la
crescita delle barriere all’ingresso sui persi mercati.

Risulta evidente che, salvo casi eccezionali, solo le imprese maggiori o che riusciranno ad inserirsi
all’interno di reti produttive o che adotteranno piani strategici di cooperazione tra piccole aziende
troveranno spazi di mercato adeguati.
Il consolidamento dimensionale delle aziende va visto con interesse anche ai fini della costruzione di un
campo su cui il sindacato può pensare di operare con maggiore incisività.
A fine 2019 erano 61 le aziende vicentine con più di 250 dipendenti (per complessivi oltre 32 mila addetti).
Ad esse si possono aggiungere 453 aziende fra i 50 e i 250 dipendenti (per oltre 42 mila addetti).
Per il sindacato si prospetta la condizione di poter interagire con qualche centinaio di aziende di dimensioni
industriali rilevanti che agiscono all’interno di un contesto competitivo di portata internazionale.


ALTRE CRITICITA’
Ci sono alcune criticità che andrebbero affrontate per guardare al futuro del comparto con maggior
ottimismo.
Ed è questo un compito che spetta anche alle organizzazioni sindacali, da esercitare attraverso la
contrattazione di secondo livello (in particolare di quella aziendale), che resta la leva principale per cercare
di orientare le scelte delle imprese, ed ancor più precisamente di quelle maggiori. E’ particolarmente
interessante e significativa infatti la relazione con le medie e grandi imprese industriali del territorio, in
quanto gli effetti si possono diffondere anche nella fascia di imprese più piccole. Nelle prime si può stimare
che sia occupata circa metà dei dipendenti dell’industria, con una quota di fatturato decisamente superiore
al 50%, e quindi riteniamo che le loro scelte produttive siano in grado di influenzare una parte consistente
delle aziende, e dell’occupazione, delle altre.

Le altre criticità da affrontare sono le seguenti: le politiche di sostenibilità ambientale, l’introduzione di
modelli di economia circolare, l’applicazione delle nuove tecnologie, in particolare di quelle digitali, la
ricerca e l’innovazione, la salute e la sicurezza sul lavoro (ennesimo infortunio mortale avvenuto a Vicenza
la scorsa settimana), la stabilità dei contratti di assunzione, la formazione continua, le pari opportunità e
la lotta alle discriminazioni ed alla violenza sul lavoro, la promozione del lavoro femminile e giovanile e la
conciliazione dei tempi di lavoro e di vita.


PNRR E MANIFATTURIERO VICENTINO
E’ nostra convinzione che il PNRR (Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza), che il Governo italiano
dovrà inviare alla Commissione Europea, al momento non presti la necessaria attenzione al tema della
produzione industriale. Esso indica risorse per investimenti nella transizione verde e digitale, ma non si
pone il problema di come rafforzare, o costruire, in modo puntuale, una base produttiva industriale in
grado di produrre i beni ed i servizi oggetto degli investimenti nel nostro paese.
Per questo motivo, in relazione ai passaggi generali in cui ci si riferisce a generiche “filiere industriali”
andrebbe fatto uno sforzo per introdurre progetti concreti, che inpiduino filiere (o cluster) concrete di
imprese e settori sui quali intervenire.

In riferimento ad esempio a tutto il mondo delle piccole imprese industriali e dell’artigianato vicentino, che
lavora spesso per garantire forniture di beni e di servizi alle imprese medie e grandi del territorio, si pone il
tema di come aumentare le dimensioni di queste imprese, al fine di aiutarle a meglio rimanere nel
mercato. Queste micro-imprese infatti fanno fatica a produrre investimenti, attività di ricerca e sviluppo e
potere negoziale nei confronti dei clienti; sono maggiormente esposte rispetto a rischi di fallimento/crisi in
caso di congiuntura negativa ed hanno un più difficile accesso al credito.
Il PNRR prevede 2 miliardi alla voce “Politiche industriali di filiera e internazionalizzazione”.
Nell'ambito di questo intervento, viene previsto di:
     - sostenere le filiere industriali che hanno maggiormente risentito della crisi (tessile, ad
      esempio);
     - sostenere le filiere più avanzate dal punto di vista dell'innovazione e della sostenibilità
      ambientale;
     - ridurre la dipendenza da paesi terzi.
      Viene espressamente citato lo strumento del Fondo dei Fondi: le risorse stanziate verrebbero
      così conferite a fondi operativi specializzati per strumenti finanziari, rischi assunti e settori di
      intervento. Ad esempio, si potrebbe stabilire un Fondo espressamente dedicato alla
      aggregazione delle micro-imprese, con un soggetto pubblico che svolga funzione aggregante
      anche entrando nel capitale sociale della nuova società da costituire.

Questo Fondo potrebbe essere integrato con altri strumenti, quali ad esempio, il fondo di capitalizzazione
delle PMI già previsto nel Decreto Rilancio la cui gestione è stata affidata ad Invitalia.
Viene previsto che il rafforzamento patrimoniale delle piccole e medie imprese avvenga mediante:
1. la previsione che i soggetti che effettuano conferimenti in denaro, partecipando all’aumento del
  capitale sociale, abbiano diritto a un credito d’imposta pari al 20% dell’investimento;
2. un credito d’imposta sulle perdite registrate dalle imprese nel 2020 pari al 50% delle perdite superiori
  al 10% del patrimonio netto, fino al 30% dell’aumento di capitale effettuato;
3. la creazione di un fondo di sostegno e rilancio del sistema economico-produttivo italiano, denominato
  Fondo Patrimonio PMI.

Dal punto di vista del soggetto pubblico, oltre ad Invitalia appena citato, si potrebbe pensare a qualche
braccio operativo di Cassa Depositi e Prestiti. Ad esempio all'interno del Fondo di Investimento Italiano
opera il Fondo Consolidamento e Crescita, dedicato all’acquisizione di partecipazioni dirette nel capitale di
piccole e medie imprese italiane con l’obiettivo di favorire i processi di aggregazione all’interno delle
rispettive filiere produttive.


In questo ambito bisognerebbe inpiduare puntualmente quali sono le micro-imprese impegnate nella
produzione di:
a) stesso prodotto (stessa tipologia);
b) prodotti complementari tra loro o parti di prodotti sequenziali tra loro;
c) prodotti destinati ad un stesso cliente (o ad un gruppo ristretto di clienti)
Una volta inpiduate queste imprese si tratterebbe di costruire un progetto di aggregazione/crescita
dimensionale che comprenda anche elementi quali il coinvolgimento della Regione Veneto a supporto di
politiche industriali di filiera (cioè che rafforzino il legame tra imprese clienti e aggregazioni/cluster di
fornitura, un meccanismo premiante per la contrattazione inclusiva di filiera, e infine misure per favorire la
stabilizzazione, la formazione e la qualificazione delle lavoratrici e dei lavoratori.

In riferimento al tema del come sostenere il rafforzamento delle filiere industriali occorrerebbe politiche:
a. finalizzate a garantire la sicurezza degli approvvigionamenti: le misure di restrizione conseguenti alla
   pandemia Covid hanno messo in evidenza la fragilità di reti di fornitura estese, la cui interruzione di
   fatto amputa catene produttive integrate tra loro ma fortemente disperse sul piano geografico;
b. orientate al miglioramento delle condizioni ambientali: il trasporto da lunghe distanze di materiali, parti
   e componenti determina un incremento dei trasporti, dei consumi energetici e delle emissioni
   inquinanti; una loro localizzazione in prossimità delle imprese utilizzatrici consentirebbe di realizzare
   filiere integrate di produzione a km zero.

Questi interventi necessitano di un forte ruolo pubblico, che consenta di:
a. definire gli impegni di ciascun soggetto inquadrandoli nell'ambito di strumenti quali gli Accordi di
  Programma, i Contratti di Sviluppo…;
b. realizzare un quadro favorevole alla contrattazione sindacale inclusiva di tutti i lavoratori partecipanti al
  medesimo cluster/filiera produttiva.

Nel PNRR viene dedicata una parte importante al risparmio e al rinnovo energetico.
Questo aspetto è trasversale a molti interventi. Si veda d esempio la parte dell'edilizia privata, nella parte
relativo al superbonus al 110% per efficientamento energetico. In questo settore specifico nel territorio
vicentino sono presenti aziende di rilievo, oltre a quello che viene indicato come il distretto
termomeccanico del veronese.
Per la produzione di energia rinnovabile viene indicato l’obiettivo di aumentare di 4,5-5 GW la capacità
installata. Si parla di impianti fotovoltaici galleggianti ed eolici offshore con annesse tecnologie di
stoccaggio. Per le azioni di sostegno della filiera delle rinnovabili, con specifico riferimento al fotovoltaico,
si prevede di portarla ad almeno 2 GW/anno nel 2025 e 3 GW/anno nel 2026. Va sicuramente assunto
come positivo l'obiettivo di sostenere la creazione di una produzione industriale nazionale di impianti
fotovoltaici lavorando affinché nasca una catena integrata, comprendendo quindi sia le lavorazioni
chimiche che quelle meccaniche necessarie per queste tecnologie. Si tratta di evidenziare quali imprese del
territorio possono essere coinvolte, a partire dalla specializzazione produttiva del settore dei
motori/alternatori elettrici e degli impianti/strumenti energetici.
In questo senso sarebbe utile prevede una filiera che veda coinvolta anche la ex municipalizzata AIM, in
cooperazione con altre aziende partecipate dal pubblico come il Gruppo Enel, per un piano coerente di
installazione di impianti che arrivi fino al tema della produzione industriale delle aziende locali.

Uno specifico programma europeo finanzia progetti di agricoltura sostenibile, con un finanziamento di 1,8
miliardi di euro. Questo finanziamento è previsto per investimenti in beni materiali e immateriali finalizzati
alla riconversione delle imprese verso modelli di produzione sostenibile.
Questo chiama in causa il settore della meccanica agricola, che vede una sua presenza significativa nel
nostro territorio. Questi mezzi agricoli potrebbero poi essere oggetto di progetti di propulsione green
(idrogeno? Gas?), chiamando in causa produzioni locali che potrebbero trovare in questo settore un
possibile ambito di rilancio. Si tatterebbe quindi di tentare di costruire progetti di filiera che partendo dalle
imprese del settore agro-alimentare arrivino a coinvolgere i produttori dei beni necessari a questo tipo di
trasformazione.

Anche il settore delle elettropompe, che vede una presenza significativa di imprese nel territorio vicentino,
potrebbe essere interessato da queste misure, oltre a quelle riferite ai progetti di applicazione di economia
circolare, dove sono previste risorse per 4,5 miliardi di euro riguardanti non solo la chiusura del ciclo dei
rifiuti ed il riciclaggio ed il potenziamento della raccolta differenziata, ma anche la riconversione in chiave
green dei processi industriali.

Da questo punto di vista il ragionamento potrebbe essere allargato a:
a. settori presenti nel territorio locale caratterizzati da un significativo impatto ambientale (concia e
  siderurgia);
b. settori che utilizzano direttamente i rifiuti quale materia prima per i loro processi produttivi (vedi la
  produzione di carta, che proprio in questi giorni sta facendo i conti con la carenza di
  approvvigionamento e l'aumento dei costi).

Il comparto della concia (o distretto della pelle) potrebbe essere oggetto di uno specifico progetto
finalizzato a favorire una trasformazione in senso ambientale dei processi produttivi.
Anche in questo caso la fattibilità di questa operazione passa attraverso la verifica di alcune ipotesi:
a. la costituzione di un soggetto consortile, anche partecipato da soggetti pubblici, per promuovere e
  realizzare gli interventi di trasformazione e ambientalizzazione dei processi produttivi;
b. la definizione di un Accordo di Programma (o altri strumenti simili) per stabilire, contemporaneamente,
  gli obiettivi industriali, ambientali e sociali (occupazionali, contrattuali ecc.);
c. l'inpiduazione delle tecnologie necessarie e la loro produzione industriale.

Una menzione particolare merita la filiera dell'automotive, che sul territorio coinvolge persi tipi di
produzione: da quelle metalmeccaniche a quelle della concia, della gomma plastica, del tessile per gli
interni.
Si tratta di un vero e proprio “cluster” le cui produzioni sono sempre più orientate verso l'estero e nel quale
stanno emergendo problemi legati al rapporto con la committenza, alla forte dipendenza dall'estero ed alle
dimensioni non certo ottimali delle imprese.
Il Governo nazionale non ha mai definito un Piano per il settore automotive, come invece hanno fatto
Germania, Francia e Spagna.

La legge regionale del Veneto, oltre ai distretti più o meno classici, riconosce anche le reti innovative
regionali definite come “un sistema di imprese e soggetti pubblici e privati, presenti in ambito regionale ma
non necessariamente territorialmente contigui, che operano anche in settori persi e sono in grado di
sviluppare un insieme coerente di iniziative e progetti rilevanti per l’economia regionale”.
La Regione finanzia progetti di intervento presentati dalle reti innovative regionali riguardanti ad esempio la
ricerca e l’innovazione, l’internazionalizzazione, la difesa dell’occupazione e lo sviluppo di nuova
occupazione, la partecipazione a progetti promossi dalla Unione europea, anche in materia di “cluster” ed
altre iniziative finalizzate al rafforzamento competitivo delle imprese.
Alla luce della totale assenza di riferimenti al settore automotive nel PNRR, un primo passo per affrontare i
problemi del settore potrebbe essere quello di intervenire a livello regionale, attraverso queste possibilità.

Merita una riflessione il settore delle biciclette, che vede a Vicenza la presenza di alcuni importanti
produttori di componenti.
Nel 2020 in Europa sono state vendute 20 milioni tra biciclette e e-bike; un numero che si prevede possa
crescere fino a 25 milioni nel 2025. Oltre alla produzione della bicicletta come prodotto finito, vale la pena
ricordare che se in Europa si produce una componentistica del valore di 3 miliardi di euro, ne vengono
importati dalle altre aree del mondo 4,5, di cui quasi 1,9 miliardi dalla Cina.
Nel PNRR viene indicato l'obiettivo di sostenere la realizzazione e la manutenzione di reti ciclabili, sia
urbane che turistiche. Questo sostegno all'utilizzo della bicicletta dovrebbe prevedere un'adeguata
attenzione anche alla produzione industriale di questo prodotto e dei suoi componenti, e Vicenza potrebbe
essere interessata.

Infine, il PNRR impatterà anche nel settore delle costruzioni, dei materiali da costruzione e delle modalità
di costruzione. Per reggere le imprese locali hanno bisogno di processi di crescita, di ricapitalizzazione e di
percorsi di aggregazione, per reggere la concorrenza e per aggiudicarsi i progetti maggiori, oggi
appannaggio delle sole grandi imprese nazionali. E determinante sarà la qualificazione dei lavoratori in
relazione all’introduzione di nuove modalità costruttive e di smaltimento, alle lavorazioni dei nuovi
materiali ed al rispetto delle norme sulla sicurezza.




                COMPARTO DEL TERZIARIO PRIVATO
Tra i settori più colpiti dalla pandemia c’è sicuramente il terziario, dalla filiera del turismo alla distribuzione,
che registra pesantissime conseguenze occupazionali, economiche e sociali.

La pandemia ha accelerato l’aumento degli acquisti online. Rispetto al 2019 sono cresciute le famiglie che
hanno sperimentato il commercio elettronico, ma l’incremento da parte di chi già lo faceva
precedentemente è stato ancora più consistente: più 80% per l’acquisto di abbigliamento e articoli per la
casa e più 30% per l’alimentare. Questo ha provocando ricadute pesanti sul sistema tradizionale di
distribuzione e l’emergere di nuove realtà lavorative, spesso senza tutele sindacali adeguate, nel mondo
della nuova distribuzione (Amazon).

Il comparto della Mobilità ha subito effetti pesanti a causa del lockdown e subirà le trasformazioni più
profonde derivanti dagli effetti di lungo termine della pandemia. Questi effetti dovranno essere governati
per evitare ricadute disastrose per il settore e per la qualità della vita nelle aree urbane, derivanti anche
dalla radicalizzazione dei comportamenti assunti durante l’emergenza.
Lo smartworking secondo una previsione di studi porterà circa il 40% delle aziende a continuare ad
utilizzare lo strumento anche al termine emergenza, per cui si prospetta una diminuzione della domanda
sistemica di trasporto sia nell’ambito locale (uso del bus) che negli spostamenti con il treno.
Questa sarà associata anche alla riduzione dei flussi turistici internazionali e a nuovi modelli di
comportamento che si rafforzano (diffidenza per i posti affollati, attenzione a distanziamento sociale e
all’igiene, utilizzo di tecnologie digitali ed e-commerce, preferenza verso mezzo privato) e che
determineranno la messa in discussione dei modelli precedenti di trasporto persone.

SVT, l’azienda che a Vicenza che gestisce il trasporto pubblico locale che impiega 454 dipendenti, in vista
della gara di assegnazione del servizio (2026) la dirigenza aziendale ha posto una grande attenzione al
bilancio e sta provvedendo allo svecchiamento dell’età dei mezzi.
La chiusura delle scuole ha provocato il fermo delle altre aziende di dimensioni più ridotte del TPL che
fanno servizio su alcune linee extraurbane appaltate da SVT.
E’ necessario intervenire con risorse congiunturali che coprano da un lato l’invarianza del corrispettivo dei
contratti di servizio e dall’altro le perdite tariffarie dovute alla diminuzione dell’utenza causa Covid.
Il TPL è oggi protagonista di una grande sfida: spostarsi verso un sistema integrato di mobilità intelligente,
che permetta di ridurre l’impatto ambientale causato dalle emissioni dei trasporti e di decongestionare la
viabilità stradale. Una parte delle risorse europee del Piano di Rilancio dovrà essere destinata a questo
mezzo, accompagnata alla salvaguardia e allo sviluppo del lavoro nel settore.
Cambierà il modo di fare trasporto così come lo abbiamo conosciuto sino ad oggi e si renderà necessario
ripensare gli orari delle città e l’offerta di servizio di mobilità, azioni che il Comune di Vicenza ha già avviato
con il Pums (Piano Urbano Mobilità Sostenibile) e alla quale la Filt di Vicenza intende partecipare con le sue
proposte, insieme agli altri portatori di interessi.

Il comparto del trasporto merci e della logistica rappresenta oltre il 9% del PIL nazionale e occupa circa 1,2
milioni di lavoratori e lavoratrici. Ha confermato la sua strategicità soprattutto nella fase pandemica,
garantendo la distribuzione delle merci essenziali. Il peso della logistica nella produzione industriale è
sempre più crescente ed è aumentata la percezione che ne hanno i cittadini nonché l’importanza dal punto
di vista economico-sociale. Questo settore rappresenta infatti il terreno di confronto nei nuovi assetti
globali, infatti tutte le sperimentazioni digitali e tecnologiche si stanno concentrando qui: 5G, intelligenza
artificiale, blockchain.

Gli sportelli bancari nella provincia di Vicenza hanno incrementato il loro numero nell’arco temporale
2001-2008, passando da 558 a 678, subendo poi un decremento costante. Nel 2019 gli sportelli bancari
presenti nella provincia berica sono 448. I dipendenti degli istituti di credito nell’ultimo decennio hanno
subito una flessione del 32%, passando da 4.772 unità a 3.244.

Nel settore assicurativo le unità locali che si occupano di attività ausiliarie di assicurazione, dei fondi
pensione e loro gestione, nell’ultimo lustro, hanno incrementato di poco il loro numero; analoga dinamica
vale per il personale dipendente di agenti, subagenti e broker assicurativi. Importante sottolineare che il
settore delle agenzie di assicurazione in gestione libera (appalto assicurativo) è stato oggetto di
contrattazione pirata, avendo la parte datoriale sottoscritto un accordo con un sindacato non
rappresentativo dei dipendenti delle agenzie.

Infine nel settore riscossione dei tributi, gestito a livello nazionale dall’ente pubblico economico Agenzia
delle Entrate – Riscossione, basta solo un dato per capire che l’ente appena citato è privo di un piano
industriale: l’ultima assunzione di un gruppo di colleghi è avvenuta nel lontanissimo anno 1998.

Ecco alcune nostre proposte incentrate sulla lotta alle discriminazioni e per l’occupazione dei giovani e
delle donne, che dovrebbero valere per tutti i settori produttivi:
- che i settori/aziende che beneficiano delle risorse del PNRR siano obbligati ad applicare il ccnl previsto;
- ampliamento e sviluppo delle innovazioni legate alla possibilità di lavoro e studio da remoto per
consentire minor spostamento di persone;
- in tema di smartworking particolare attenzione alla contrattazione di secondo livello, tenendo conto di
temi importanti quali il diritto alla disconnessione, alla salvaguardia dei tempi lavoro/famiglia, ai ristori di
spese sostenute dal lavoratore, quali ad esempio il consumo di energia elettrica e la disponibilità aziendale
a fornire la strumentazione idonea allo svolgimento della mansione da casa;
- Piano dei Tempi e degli Orari: farsi promotori come Cgil dell’attivazione anche a Vicenza del PTO. La Legge
53/2000 sui congedi parentali prevede e incentiva “la riorganizzazione dei tempi urbani tenendo conto
degli effetti sul traffico, sull’inquinamento e sulla qualità della vita cittadina, degli orari di lavoro pubblici e
privati, degli uffici periferici delle amm.ni pubbliche, delle attività commerciali, ecc...”;
- la “Cura” come leva di innovazione sociale, economica e industriale: promuovere strumenti e soluzioni che
utilizzino la tecnologia per agevolare il lavoro di assistenza e di cura, mettere in rete persone e strutture e
portare nelle residenze gli strumenti necessari.
                    COMPARTO DEL TURISMO
Il settore turistico è stato il primo ad essere stato colpito e quello più coinvolto dalle conseguenze
dell’emergenza sanitaria legata al Covid-19. Siccome sarà anche l’ultimo ad uscire da questa situazione di
crisi servono investimenti e risorse per la sua ripartenza.

Oltre alla necessità di ammortizzatori sociali per affrontare il periodo di chiusura del settore, il rischio è
anche quello che i lavoratori siano costretti ad accettare condizioni di lavoro nero o ai limiti della legalità,
per assicurarsi una minima entrata economica.

La Provincia di Vicenza non registra i numeri di Venezia o di Verona, per presenza turistica, tuttavia
possiede un patrimonio storico, artistico, architettonico e naturalistico da valorizzare e sul quale puntare
per aumentare il numero di visitatori.

L’offerta turistica deve poi orientarsi verso i nuovi trend del turismo e ampliare alcune tipologie di turismo
basate su temi specifici, quali quello ambientale, sostenibile e responsabile, quello esperienziale e quello
congressuale-fieristico. Un aspetto legato al turismo è quello della cultura, tanto gravemente colpito dalla
pandemia e centrale per una ripresa del Paese.

Una delle necessità delle lavoratrici e dei lavoratori del settore è l’applicazione uniforme del CCNL di
settore, anche per le guide turistiche o i wedding planner, per fare in modo che il turismo non sia più il
luogo del lavoro precario e irregolare.




     MERCATO DEL LAVORO, POLITICHE DI GENERE E LAVORO PRECARIO
La crisi legata alla pandemia ha svelato fragilità e ritardi del nostro Paese, in particolare rispetto a giovani,
donne e lavoratori atipici. Ne ha sofferto in particolare il Mdl, dove sono cresciuti i contratti a termine, a
part-time ed a chiamata, che hanno riguardato, appunto, donne e giovani.

L’uguaglianza di genere e quella fra le generazioni devono pentare assi strategici fondamentali nell’uso
delle risorse del Recovery Fund e più in generale del Next Generation EU, a partire dall’obiettivo di far
crescere quantità e qualità dell’occupazione femminile e giovanile.

Per realizzare questi obiettivi occorre:
- intervenire su ambiti strategici come il potenziamento dei servizi di cura della persona, dall’infanzia alla
terza età (anziani e non autosufficienti, nidi pubblici e progetti scolastici), sulla salute, sui consultori e centri
antiviolenza, sulla ricerca e sulla cultura;
- progettare percorsi formativi strutturati, anche attraverso gli strumenti informatici, per contrastare il
digital pide, per fare attività qualificata di orientamento e formazione al lavoro, e per l’acquisizione di
competenze tecnico-scientifiche o di cura alle persone e all’ambiente, di cui crescerà il bisogno;
- sostenere concretamente gli Organismi di parità esistenti sul territorio affinché possano dispiegare le loro
potenzialità in favore dell’uguaglianza;
- implementare la formazione continua lungo tutta la vita per aumentare le competenze e favorire
l’occupabilità;
- realizzare interventi educativi e di sensibilizzazione per combattere tutte le discriminazioni e tutte le
violenze, in particolare il dramma dei femminicidi.
La disuguaglianza economica e sociale per donne e giovani riguarda anche noi e la nostra attività.
Combatterla significa continuare a rappresentare i pensionati ed i lavoratori stabili del pubblico e del
privato, ma anche occuparci di più dei lavoratori atipici, dei futuri lavoratori e dei disoccupati.
I temi di genere non devono poi essere concentrati in un capitolo, ma essere pervasivi in tutte le analisi che
facciamo, di categoria o confederali.

Si pone per noi il tema di come intercettare i giovani prima del loro ingresso nel mondo del lavoro,
all'interno delle scuole e con metodologie adeguate alle loro esigenze, perché spesso ragazzi e ragazze non
hanno la consapevolezza dei mutamenti del mondo del lavoro, poco sanno dei loro diritti e doveri e non
conoscono il sindacato. Rapportarci con loro significa anche contribuire all’educazione civica sui valori di
uguaglianza, inclusività e conpisione del lavoro di cura, per sconfiggere stereotipi, sessismo e xenofobia.
Dobbiamo perciò continuare a presidiare l’ex Alternanza scuola lavoro (oggi PCTO) e, dove possibile, la
formazione nei Bandi regionali o nei Progetti provinciali. Fondamentale continuare a sostenere in Tavolo
provinciale per il lavoro con Provincia, parti sociali, Ulss e Comuni.

Emerge la difficoltà da parte delle categorie nel riuscire a tutelare, nella contrattazione di secondo livello, i
lavoratori stabili assieme a quelli precari, organizzati dalla categoria di Nidil. La sua presenza, nei tavoli di
trattativa con le Aziende che utilizzano la somministrazione, sarebbe un valore aggiunto e un passo verso
quella contrattazione inclusiva a cui la Cgil tende.
L’uso smisurato e a volte ingiustificabile del lavoro in somministrazione ci deve portare ad una riflessione
profonda sulla situazione occupazionale a Vicenza, che è tra le prime province in Italia come presenza di
lavoratori interinali nel tessuto produttivo (20.480 attivazioni di contratti in tutto il 2020). Per questo
sarebbe opportuno promuovere la nascita di un Osservatorio provinciale sulla buona occupazione che
analizzi costantemente i dati relativi al lavoro precario e che favorisca processi di stabilizzazione.

Il mondo del lavoro è profondamente cambiato, per questo la Cgil da tempo chiede tutele e diritti per tutte
e tutti e per questo ha presentato la proposta di legge di iniziativa popolare denominata “ Carta dei diritti
universali delle lavoratrici e dei lavoratori”.
In sintonia con questo principio nel 2018 Nidil Cgil di Vicenza, in collaborazione con il Caaf Cgil di Vicenza,
ha attivato uno sportello di assistenza fiscale per un’altra fascia di lavoro privo di tutele, quella delle P artite
Iva inpiduali.

Va segnalata infine la presenza di problemi diffusi nel mondo della cooperazione, dove un’area di
cooperazione “spuria/falsa”utilizza questa forma giuridica unicamente per ridurre i costi e vincere la
competizione, screditando così la “buona/sana” cooperazione presente nella nostra Provincia.




                  PENSIONATI E REALTA’ SOCIALE
Anziani, non autosufficienza, povertà, migranti e disagio abitativo sono realtà presenti nella nostra
Provincia e che la pandemia ha evidenziato come aree di intervento ai fini di favorire quella sostenibilità
sociale, oltre che ambientale, che l’Europa raccomanda nell’utilizzo delle sue risorse.
Dirimente sarà capire quante risorse il territorio vicentino avrà a disposizione dal Governo per intervenire
su queste situazioni, da quali soggetti saranno gestite e per quali obiettivi e bisogni.
Oggi abbiamo bisogno di realizzare un sistema integrato di welfare pubblico universale, fondato
sull’accessibilità ai servizi pubblici.
Risorse
Nel nostro paese è urgente e necessaria una Riforma Fiscale, per intervenire sull’aumento delle
disuguaglianze nella distribuzione delle ricchezze e dei redditi, per abbattere l’enorme evasione fiscale e
quindi per recuperare risorse da destinare al potenziamento dei servizi pubblici.
La sola riforma dell’IRPEF, nel segno di una maggiore progressività, darebbe una prima importante
risposta ad una situazione nella quale lavoratori dipendenti e pensionati sono le categorie che oggi
concorrono per il 95 % delle entrate IRPEF.

A livello territoriale possono essere recuperate risorse per le politiche sociali anche attraverso una
riorganizzazione dei servizi pubblici e dei comuni. Nel territorio vicentino si contano infatti 114 Comuni, dei
quali più della metà hanno meno di 5.000 abitanti. Solo 23 comuni (il 20% sul totale) superano la soglia dei
10.000 abitanti. Partendo da questa realtà così fortemente parcellizzata, considerando quanto riportano
persi studi e ricerche sulle performance dei servizi comunali, in particolare nel rapporto
popolazione/risorse/servizi, una delle sfide principali che avrà questo territorio sarà quella di ottimizzare le
risorse a disposizione dei Comuni attraverso percorsi democratici ed amministrativi finalizzati alla fusione
dei Comuni ed alla gestione associata dei servizi.

L’ISEE, quale strumento fondamentale per l’accesso a tutti i servizi a domanda inpiduale, per
l’applicazione delle tassazioni locali e per la concessione di agevolazioni e contributi, è per noi lo strumento
principale che tutti i Comuni dovrebbero richiedere.
Nella contrattazione sociale, richiamando la piattaforma unitaria CGIL CISL UIL Vicenza, avanzeremo questa
richiesta oltre a quella di migliorare la qualità dei servizi, evitando aumenti, di tutelare le fasce più deboli
attraverso una costante verifica del sistema delle rette/tariffe, un’applicazione progressiva dell’ IRPEF ed
una rimodulazione della soglia di esenzione, e della costituzione di patti antievasione con l’agenzia delle
entrate e la guardia di finanza. Le risorse recuperate potrebbero essere investite per migliorare i servizi
nell’ambito del sociale.

Anziani e non autosufficienza
Gli anziani (persone con più di 65 anni) sono il 23% della popolazione veneta. Essi sono particolarmente
esposti e vanno tutelati sul piano della sicurezza, dell’abitazione e della mobilità, e serviranno progetti nuo -
vi e concreti per favorire e promuovere iniziative finalizzate all’invecchiamento attivo e per contrastare il fe -
nomeno della solitudine, in drammatica diffusione nella società odierna. In Veneto, gli ultimi dati pre covid,
dicono che ci sono circa 267.000 anziani che vivono soli. Nel Vicentino gli over 80 che vivono soli sono circa
34mila, in pratica sei ultraottantenni ogni dieci. Fra questi il 74% è donna, con una pensione generalmente
molto bassa. Fondamentale è chiedere ai Comuni la costruzione di un’anagrafe specifica degli anziani soli.
Se consideriamo che in Veneto, e i dati della provincia di Vicenza sono assolutamente in linea, il 28% degli
anziani soffre di almeno 3 malattie croniche, si comprende l’urgenza di misure a tutela di questa fascia di
popolazione.
Il 3% della popolazione anziana vive nelle strutture residenziali, che nel Veneto non sono state ancora
oggetto di riforma dall’entrata in vigore della Legge 328/2000 che demandava alle Regioni la piena riforma
del settore. La mancata riforma delle IPAB nel Veneto ha avuto conseguenze pesanti sulla capacità di
tenuta qualitativa e quantitativa dell’offerta pubblica.
Sul tema della autosufficienza riteniamo importante la nascita nel territorio di punti di ascolto e di
orientamento, con la collaborazione di Patronato e CAAF, per aiutare, assistere e consigliare chi si trova in
questa drammatica situazione.

Povertà e disagio abitativo
I servizi sociali e le associazioni che incrociano il mondo della povertà segnalano che le conseguenze della
crisi sanitaria stanno producendo una maggiore sua diffusione, in un territorio dove questo tema aveva
dimensioni contenute. Per questo sarebbe necessario, oltre a misure nazionali, costruire una rete composta
dai soggetti pubblici e dalle associazioni di volontariato, con regia pubblica, per cercare di affrontare al
meglio questa realtà in espansione.
Quello della casa è un tema fondamentale, e sarebbe necessario ed urgente un piano di edilizia
residenziale pubblica.
Nel vicentino sono molte le famiglie a rischio di sfratto, 60 famiglie solo nella città di Vicenza, è alle porte
una vera e propria emergenza sociale.
Nel vicentino serve incrementare l’offerta residenziale pubblica e per raggiungere questo obiettivo servono
risorse ed una corretta e ordinaria programmazione tra Regione e Comuni.
Altro intervento, in cui è determinante il ruolo del Comune, è promuovere nel privato i contratti di affitto a
canone agevolato, per dare risposte sia a coloro che cercano un’abitazione in affitto ad un canone più basso
e sia ai proprietari che potrebbero fruire di alcune agevolazioni fiscali.

Migranti
Nel vicentino la popolazione straniera residente era nel 2020 il 9,6% della popolazione totale.
I migranti nel nostro territorio sono parte del tessuto sociale e sono occupati in persi settori strategici per
la nostra economia. Per queste ragioni sono necessarie politiche di piena integrazione e cittadinanza.

Cittadinanza consapevole e di inclusione digitale.
La crisi sanitaria ha messo in evidenza quanto sia importante avere un Servizio Sanitario Pubblico ed
Universale, efficiente e diffuso nel territorio, e quanto i nostri comportamenti inpiduali possano incidere
nella prevenzione delle malattie.
Abbiamo anche compreso quanto siamo fragili, sul piano fisico ed anche sul piano emozionale e
psicologico, e quanto abbiamo bisogno per il nostro benessere di relazioni sociali.

Serve quindi promuovere una grande campagna di informazione ed educazione civica, sanitaria, sociale,
per mettere al centro la Sanità Pubblica e l’educazione alla responsabilità. Tutelare la salute della
popolazione è un dovere costituzionale, per questo è importante promuovere uno stile di vita più sano.
Assieme alle associazioni ed ai movimenti no-profit e con la collaborazione delle scuole, dei Comuni e delle
ULSS, si potrebbero promuovere incontri su temi ed argomenti quali: educazione alimentare ed all’igiene
personale, educazione sessuale, educazione al movimento ed allo sport, ed educazione alla socialità, alla
meditazione ed alla spiritualità, rivolti in primis alle famiglie dei ragazzi che frequentano le scuole primarie
e, nell’orario scolastico, ai ragazzi.

Il livello di alfabetizzazione digitale nel Veneto è intorno al 24%, contro una media EU del 33%. Dall’analisi
statistica sul Veneto 2020, pubblicato dalla Regione, emerge che la condizione economica delle famiglie è il
fattore che influisce di più (37.5%) nell’accesso a internet e nella diffusione della digitalizzazione, assieme al
livello di istruzione della famiglia.
Ridurre il pario digitale ed estendere le competenze digitali, in particolare nella popolazione femminile,
negli anziani e tra chi è in difficoltà economica, è un’azione importante per promuovere uguaglianza, da
sviluppare nel territorio attraverso corsi di addestramento e sportelli di consulenza gratuiti organizzati o
promossi dai Comuni in partnership con il privato no-profit.