Analisi PNRR_26 Aprile_GM
NOTA TECNICA DEL GIUSTO MEZZO E UNO NON BASTA SUL
PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA
#UNAVOCENONBASTA
PREMESSA
Il presente documento è finalizzato a fornire una prima e rapida analisi delle azioni previste nel Piano
Nazionale di Ripresa e Resilienza (di seguito, “PNRR”) presentato al Parlamento il 26 aprile 2021, con una
specifica attenzione alla parità di genere e giovani ed alla luce delle proposte già formulate dal Giusto Mezzo
e Uno Non Basta in seguito alla pubblicazione della bozza di Piano pulgata a gennaio 2021.
Come noto, il Piano costituisce il programma di utilizzo delle risorse messe a disposizione dall’Unione
Europea per il finanziamento dell’iniziativa Next Generation UE (NGEU), che per il nostro Paese
ammontano a circa 191.5 miliardi di risorse del RRF, 13 miliardi React-EU e 30,64 miliardi di risorse
nazionali aggiuntive, per un totale di 235.14 miliardi (rispetto ai precedenti 223.14 miliardi).
Anche in quest’ultima versione il Piano è sudpiso in 6 Missioni:
- Missione 1 “Digitalizzazione, Innovazione, Competitività e Cultura”;
- Missione 2 “Rivoluzione verde e transizione ecologica”;
- Missione 3 “Infrastrutture per una mobilità sostenibile”;
- Missione 4 “Istruzione e ricerca”;
- Missione 5 “Inclusione e coesione sociale”;
- Missione 6 “Salute”.
-
L’empowerment femminile ed il contrasto alle discriminazioni di genere, così come l’attenzione alle nuove
generazioni e ai giovani, costituiscono – come nella precedente versione - una componente trasversale di
tutto il Piano e dunque occorrerà valutarne l’impatto in ogni singola Missione.
Prima di procedere con l’analisi delle Missioni occorre sottolineare che nell’attuale versione del Piano sono
previste alcune importanti novità, in un’ottica di genere, non contenute nella precedente versione del Piano:
- L’impegno del Governo a presentare una Strategia Nazionale per la parità di genere 2021-2026
entro il primo semestre 2021 con cinque priorità (lavoro, reddito, competenze, tempo, potere) e
con l’obiettivo di risalita di cinque punti entro il 2026 nella classifica Gender Equality Index
(attualmente l’Italia è al 14° posto, con 63.5 punti su 100, inferiore di 4.4 punti alla media UE);
- La previsione di una clausola di condizionalità per tutti gli investimenti del PNRR (pari quindi
a oltre 200mld) a favore di donne e giovani: “per le imprese che parteciperanno ai progetti finanziati dal
PNRR, fondi React-EU e FCN saranno inserite previsioni dirette a condizionare l’esecuzione dei progetti
all’assunzione di giovani e donne, anche tramite contratti attivabili prima dell’avvio dei progetti”;
- L’applicazione dei principi di gender procurement nelle gare d’appalto: “con specifici interventi
normativi sarà previsto l’inserimento nei bandi di gara di specifiche clausole con cui saranno indicati, come requisiti
necessari, e, in aggiunta, premiali dell’offerta, criteri orientati verso la promozione della parità di genere in funzione
del raggiungimento degli obiettivi attesi in termini di occupazione femminile e giovanile al 2026”;
- La Valutazione di Impatto di Genere del PNRR e la previsione di un monitoraggio (anche di
genere) sugli effetti del Piano (che si approfondirà al punto 7)
Il gender procurement nelle gare d’appalto e la Valutazione di Impatto di Genere del Piano sono due proposte
e richieste avanzate dal Giusto Mezzo e recepite nel Piano, che dunque sono da valutare positivamente,
così come l’adozione di una Strategia nazionale per la parità di genere e la previsione di clausole che
condizionino tutti gli investimenti del Piano a favore di donne e giovani.
Tuttavia, la valutazione positiva non può purtroppo estendersi ai fondi stanziati all’interno del Piano
nelle perse Missioni a favore della parità di genere e dei giovani, sostanzialmente invariati rispetto
alla bozza precedente e che avevamo già giudicato a dir poco insufficienti.
Ancora prima di entrare nel merito delle singole missioni e voci del PNRR, non possiamo non
esprimere il nostro disappunto nell’ascoltare le parole del Presidente Draghi quando, nella presentazione in
aula del Piano, ha descritto lo stesso come frutto del dialogo e di interlocuzione. Il Giusto Mezzo e Uno Non
Basta sono stati audìti da più commissioni parlamentari, perse nostre proposte sono state recepite nelle
relazioni sul PNRR presentate al Governo da Camera e Senato. Ciononostante, le nostre voci, le voci delle
donne - che rappresentano il 51% della popolazione italiana - e le voci dei giovani - il futuro di questo Paese
- non sono arrivate fino al Governo. Nelle ultime settimane, come registrato dalla campagna Uno Non Basta,
dal Giusto Mezzo, ma anche da persi organi di stampa, il dialogo sul PNRR è stato nullo. Le bozze che
hanno iniziato a circolare, sono arrivate dopo quasi 60 giorni di silenzio. A prescindere da quale possa essere
la valutazione sui fondi allocati e sull’impatto del piano - dobbiamo riscontrare che la chiusura dimostrata
dal Governo al confronto e ad ascoltare le istanze arrivate fino in Parlamento, nonché la scarsa
considerazione del dibattito parlamentare, non sono segnali incoraggianti per l’Italia che vorremmo e che
ci meritiamo.
1. MISSIONE I - Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura
La Missione 1 ha l’obiettivo di potenziare e investire in digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura
per una reale modernizzazione del Paese, della PA e del sistema produttivo. Per la Missione 1 sono stati
stanziati 50,07 miliardi di euro (aumentati rispetto alla precedente versione del Piano).
Le prime due componenti sono orientate alla modernizzazione della PA e delle imprese (cd. Transizione
4.0), con una particolare attenzione al Mezzogiorno, mentre l’ultima componente prevede investimenti
specifici in Turismo e Cultura.
La Missione 1 potrebbe dunque avere un impatto indiretto per la parità di genere, in particolare gli
investimenti in banda larga e connessioni previsti potrebbero certamente facilitare la creazione di
infrastrutture tecnologiche necessarie (anche) all’imprenditoria femminile che - come evidenziato
anche nelle proposte del Giusto Mezzo - sono meno digitalizzate di quelle maschili. Anche la previsione di
crediti di imposta per investimenti in beni materiali e immateriali va nella medesima direzione. Inoltre,
secondo la Valutazione di Impatto contenuta nel Piano, gli investimenti in offerta turistica e culturale (a
forte presenza femminile) avranno ricadute occupazionali positive anche per le donne in settori a forte
presenza femminile.
Come anticipato in premessa, le imprese che parteciperanno ai progetti finanziati con i fondi del Piano
dovranno condizionare lo sviluppo dei progetti all’assunzione di donne e giovani anche attraverso
contratti di formazione e di specializzazione. Un “vincolo” al quale dovranno attenersi nel momento in cui
sceglieranno di ricevere e utilizzare i fondi NGEU.
Secondo la Valutazione di Impatto di Genere contenuta nel Piano (pag. 268) gli investimenti previsti nella
Missione 1 potrebbero comportare un aumento dello 0.1% nel 2021, 0.5 nel 2022, 0.9 nel 2023 e 1.1 nel
2024-2026 dell’occupazione femminile. Le stime sono certamente prudenziali e dunque occorrerà
verificarne l’andamento (ex ante ed ex post) e monitorare l’impatto delle neo-introdotte clausole.
Un ragionamento analogo è valido anche per i giovani. L’impressione, persistente nel corpo dell’intero
piano, è che i focus trasversali sui giovani siano poco argomentati, e servano una funzione retorica più che
una linea di indirizzo. Per quel che concerne la Missione 1, vi sono almeno due punti discutibili, in
contraddizione fra loro.
Da una parte, è indubbio che la digitalizzazione del Paese possa creare un indotto in termini di occupazione.
Il governo ha però deciso di non argomentare - né utilizzando parametri o indicatori misurabili - come si
garantirà che tale indotto benefici, anche in prima misura, i giovani. Sostenere che la «digitalizzazione» e
«l’impresa innovativa» siano di per sé misure dirette ai giovani, in assenza di dati e di disposizioni su come
favorire le imprese dei giovani (ad eccezione della previsione di condizionalità), sembra un’affermazione
fondata su luoghi comuni o cosiddetto buon senso, invece che su un’analisi ponderata.
D’altra parte, una buona parte della missione è dedicata allo sviluppo delle competenze e della
digitalizzazione nella Pubblica Amministrazione. La speranza, qui, è che si tenga fede alle promesse di
rendere la PA più accessibile e più equa in un’ottica intergenerazionale. Il ricambio generazionale della PA
è, a oggi, piuttosto deludente, ed è questa la ragione per cui nessuna misura diretta agli impiegati nella stessa
può dirsi autenticamente diretta ai giovani. Si pone inoltre la questione della formazione dei giovani alle
competenze digitali, in aperta contraddizione con altre parti del piano in cui si sostiene che i giovani siano
già in possesso di tali competenze.
2. MISSIONE II - Rivoluzione verde e transizione ecologica
La Missione 2 è orientata all’avvio della transizione ecologica e allo sviluppo ambientale sostenibile
garantendo la competitività del sistema produttivo ed assicurando una transizione inclusiva ed equa anche
attraverso l’utilizzo di energie rinnovabili e riqualificazione degli edifici (anche quelli di residenza pubblica).
Alla Missione 2 sono destinati 59.22 miliardi.
Per quanto riguarda le diseguaglianze di genere, il Piano prevede che potrà esservi un impatto positivo
grazie alle misure a favore dell’implementazione dell’edilizia residenziale pubblica poiché la carenza abitativa
impatta persamente su donne e uomini anche in virtù del fatto che le famiglie monoparentali sono affidate
a donne. Anche in questo caso si tratta di un possibile impatto indiretto e non di interventi mirati a
favore delle diseguaglianze di genere.
La Valutazione di Impatto di Genere della Missione 2 contenuta in calce al Piano indica un probabile
aumento dell’occupazione femminile dello 0.3% nel 2021, 0.6% nel 2022, 0.7% nel 2023 e 0.8% nel 2024-
2026.
Anche per quanto concerne i giovani, si parla di un possibile impatto indiretto. Non ci sono infatti
politiche dedicate - nel senso proprio e completo del termine - alla creazione di occupazione giovanile, né
in quota flat né in termini percentuali. Non vi è la concretizzazione di alcun investimento o riforma, e le
dichiarazioni risultano di fatto auspici che relegano al caso quella che dovrebbe essere una tematica
trasversale. Ricordiamo che la difficile situazione dei giovani in Italia richiede misure sistemiche e non
frazionate, che affrontino il problema per quello che appare e non lascino a ragionamenti sillogistici una
presunta creazione di occupazione giovanile come effetto secondario.
3. MISSIONE III - Infrastrutture per una mobilità sostenibile
La Missione 3 prevede un ingente investimento e potenziamento delle reti infrastrutturali del nostro
Paese (pari a 31.46 miliardi), soprattutto nel Mezzogiorno, che potrebbe impattare (anche se
indirettamente) sulla condizione femminile migliorando la mobilità delle donne, che tendono ad
utilizzare maggiormente il trasporto pubblico.
Le ricadute in termini occupazionali femminili secondo la Valutazione di Impatto di Genere per questa
Missione sono pari a 0 nel 2021, 0.1% nel 2022, 0.2% nel 2023 e 0.2% nel 2024-2026.
Stessa valutazione per i giovani; tra tutte le politiche giovanili che possano mai essere concepite, riteniamo
che l’ultima che possa avere un impatto concreto sugli obiettivi fondamentali riguardanti una piaga sociale
attiva come quella dei giovani in Italia sia quella del potenziamento infrastrutturale che «migliori le
opportunità di mobilità».
4. MISSIONE IV – Istruzione e ricerca
L’analisi della Missione 4 si concentrerà prevalentemente sul Piano asili nido, potenziamento servizi
dell’infanzia (3-6) ed estensione tempo pieno e mense, infrastrutture sociali fondamentali per “liberare”
le energie femminili ed impedire che, alla nascita di un figlio, le donne debbano scegliere tra lavoro e
famiglia, o ancora peggio, che tale scelta sia radicalmente esclusa come confermano i più bassi tassi di
natalità registrati nel 2020 nel nostro Paese.
Il Piano parte dalla premessa che vi siano delle gravi carenze nell’offerta di servizi di educazione e
istruzione primaria, carenze strutturali che emergono maggiormente nella fascia d’età 0-6, mostrando un
notevole pario rispetto allo standard europeo. Ad esempio, il rapporto tra posti disponibili negli asili nido
e il numero di bambini di età compresa tra 0 e 2 anni si colloca nel nostro Paese in media al 25,5% - con
rilevanti difformità territoriali - ovvero 7,5 punti percentuali al di sotto dell’obiettivo europeo del 33% e 9,6
punti percentuali al di sotto della media europea.
Questa carenza, unita all’iniquo carico di lavoro familiare posto prevalentemente sulle donne, non fa
altro che ridurre la partecipazione di metà della popolazione al mercato del lavoro. Il paradosso raggiunge
il suo climax nel momento in cui tali fattori combinati - pochissimi posti al nido disponibili e la conseguente
fuoriuscita delle madri dal mercato del lavoro - deprimono apparentemente la domanda di servizi,
soprattutto nel Sud della penisola.
Il finanziamento per queste due misure nel nuovo Piano – che sotto questo aspetto purtroppo non
differisce dal precedente - ammonta a 4,6 miliardi complessivi destinati agli asili nido ed ai servizi della
prima infanzia, 0,96 miliardi per l’estensione del tempo pieno e delle mense, nonché 3,9 miliardi destinati
alla messa in sicurezza ed alla riqualificazione dell’intera edilizia scolastica.
Tali stanziamenti saranno destinati alla costruzione, riqualificazione e messa in sicurezza degli asili e
delle scuole dell’infanzia. Secondo le stime contenute nel Piano, la misura consentirà la creazione di
circa 228.000 posti, con un coinvolgimento diretto dei comuni, che realizzeranno e gestiranno le opere.
Un ulteriore investimento riguarda il tempo pieno, misura di cui il 46,1% delle famiglie italiane chiede di
poter fruire sin dalla scuola primaria e che consentirebbe una maggiore conciliazione tra la vita personale e
lavorativa delle famiglie, con una particolare attenzione al ruolo delle madri. Il progetto punta a proseguire
l’opera già iniziata di costruzione o di ristrutturazione degli spazi delle mense per un totale di circa 1.000
edifici entro il 2026.
Nonostante il 2020 sia stato l’anno con il minor tasso di natalità dal 1918, le famiglie ancora faticano a
trovare un posto al nido per i loro figli. Gli attuali fondi stanziati, sono solamente funzionali a
raggiungere la soglia del 33% della copertura dei posti nido nel territorio nazionale, obiettivo che, seppur
necessario è assolutamente insufficiente e non tiene conto delle reali necessità del Paese.
Sebbene i fondi stanziati non siano maggiori del precedente Piano e, sebbene, la combinazione tra questo
investimento e il recente Family Act consentano di fare dei passi in avanti, siamo ben distanti dai
proclami di concreto sostegno alle famiglie e in particolare alle donne, che si leggono nel PNRR.
L’aumento di circa il 7,5% dei posti nido è certamente un miglioramento ma, come detto,
radicalmente insufficiente e che peraltro stenta a stare al passo con le prospettive che il medesimo Piano
si riserva di ottenere a livello di occupazione femminile, con il rischio che si arrivi ad un paradosso: le donne
che troveranno lavoro (anche grazie al Piano) non avranno alcuna possibilità di fruire di un servizio - quale
quello del nido – assolutamente necessario per non dover rinunciare al lavoro.
Un ulteriore fattore di opacità riguarda la distribuzione territoriale dei fondi, che non è previamente
definita e che rischia di allocare le risorse in modo non funzionale ad un’equità in concreto: è noto, infatti,
che il Sud del paese sia praticamente privo di strutture per la prima infanzia e di possibilità di accesso al
tempo pieno.
Per quanto riguarda le politiche dedicate ai giovani, siamo costretti a riscontrare che le uniche vere
novità riguardano temi infrastrutturali invece che sociali. Uno Non Basta accoglie con favore l’attenzione
per gli ITS, che però – purtroppo – coincide con una significativa riduzione, rispetto alle bozze precedenti
del piano, degli importi stanziati a favore di borse di studio per l’Università: 400 milioni di euro in meno,
rispetto ai 900 milioni previsti dal governo Conte.
5. MISSIONE V - Inclusione e coesione
Per la Missione 5 sono stati stanziati 29.62 mld (di cui 12.63mld per politiche per il lavoro e 12.58mld per
infrastrutture sociali, oltre a quelli per coesione territoriale), rispetto ai 27.62mld del precedente Piano (di
cui 12.62mld per politiche per il lavoro e 10.83 per infrastrutture sociali).
La missione 5 prevede - in continuità con il precedente Piano - un forte investimento nelle politiche
attive del lavoro e nel sostegno all’occupazione, a partire dall’introduzione di una riforma delle politiche
attive e della formazione professionale uniformando i livelli essenziali delle prestazioni attraverso due
distinte azioni: il Programma Nazionale per la Garanzia Occupabilità dei Lavoratori (GOL) ed il Piano
Nazionale nuove competenze. A ciò si aggiunge un Piano Nazionale per la lotta al lavoro sommerso. I fondi
sono stati aumentati di 10 milioni rispetto al Piano precedente.
Un altro capitolo di interventi è dedicato alle infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore, i
fondi sono stati aumentati per circa 2 miliardi rispetto al Piano precedente. Obiettivo della Missione è quello
di investire e rafforzare le infrastrutture sociali in favore di persone in condizioni di vulnerabilità,
disabili e anziani mediante riconversione di strutture per prevenire l’istituzionalizzazione e fornire servizi
di qualità alle famiglie (come l’assistenza domiciliare). Questi investimenti potrebbero certamente avere un
impatto positivo anche per ridurre il pario di genere poiché, come noto, l’attività di cura di anziani e
familiari con disabilità ricade prevalentemente sulle donne, quindi investire nell’assistenza e creazione di
nuove ed ulteriori infrastrutture sociali potrà certamente “liberare” energie femminili.
Tuttavia, allo stato non si è in grado di valutare il reale impatto che le misure potranno avere, in
quanto in parte dipendono da future riforme (es. disabilità e introduzione di un sistema organico di
interventi in favore di anziani non autosufficienti) e in altra dalla capacità con la quale (anche) le
amministrazioni locali saranno in grado di “metterle a terra”.
Invece, hanno certamente un impatto diretto sul pario di genere gli investimenti in imprenditoria
femminile che purtroppo non sono stati aumentati rispetto alla precedente versione del Piano
(ammontano sempre a 400 milioni).
L’unica novità da segnalare è che nell’attuale Piano il progetto è meglio dettagliato (verrà creato il “Fondo
Impresa Donna” che andrà a rafforzare le misure già esistenti come NITO e Smart&Start) e si punterà ad
un’organicità del sistema, in coordinamento con il Fondo per l’imprenditoria femminile previsto e
finanziato in Legge di Bilancio 2021.
Una (positiva) novità rispetto al precedente Piano è l’introduzione di un nuovo Sistema nazionale di
Certificazione della Parità di Genere per incentivare le imprese all’adozione di politiche orientate
a ridurre in gender gap negli organismi interni, nei livelli occupazionali, eliminare la disparità salariale di
genere a parità di mansioni e garantire tutele della maternità. Il Sistema verrà definito in un tavolo ad hoc
presso il Dipartimento delle Pari Opportunità, verrà quindi creato un Sistema Informativo (ossia una
piattaforma) per la gestione dei dati, informazioni sulla certificazione ed enti accreditati. Il sistema di
certificazione sarà attivato nel 2022, aperto a tutte le imprese, e sarà prevista una fase sperimentale fino al
2026 con agevolazioni per ottenere la certificazione per le PMI. Per l’implementazione del Sistema è
previsto uno stanziamento di 10 milioni di euro.
Il Giusto Mezzo e Uno Non Basta hanno formulato proposte precise in merito a questa Missione che
però non sono state recepite, se non in minima parte.
Difatti, se si possono valutare positivamente la previsione di una riforma fiscale (con legge delega entro
il 31 luglio 2021), l’impegno alla revisione degli ammortizzatori sociali e soprattutto all’estensione di un
sistema di tutele dedicate per i lavoratori autonomi, nonché la decontribuzione per le assunzioni di
donne (e under-35) prevista in Legge di Bilancio, non ci si può dire soddisfatte della (irrisoria) revisione
dei congedi e del mancato aumento dei fondi a favore dell’imprenditoria femminile. Se il nuovo
Piano parla più espressamente di parità di genere nel mondo del lavoro, anche facendo riferimento a
iniziative di comunicazione e formazione, all’atto pratico non stanzia i fondi necessari per rendere
tutto ciò una realtà, specialmente dopo la pandemia che, come purtroppo è ben noto, ha colpito
maggiormente le donne. Per quel che concerne i giovani, vi sono pochissimi cambiamenti rispetto alla bozza
diffusa dal governo Conte, su cui pure Uno Non Basta aveva avanzato delle proposte; vi è una completa
assenza di interventi per quanto riguarda Garanzia Giovani, e in generale le misure per il reinserimento
dei NEET sembrano essere insufficienti.
Da ultimo, in merito al sistema di certificazione della parità di genere, proposta che in parte ricalca
le richieste avanzate dal Giusto Mezzo di introdurre sistemi premiali per le imprese che rimuovono le
disparità di genere, occorrerà monitorarne l’elaborazione e il successivo utilizzo per valutarne il reale
impatto.
6. MISSIONE VI – Salute
La missione 6 si articola in 2 componenti (in entrambi i Piani): la prima si pone l’obiettivo di implementare
le strutture e i servizi sanitari di prossimità (ad esempio attraverso la creazione di Case/Ospedali della
Comunità come perno delle prestazioni sul territorio in ambito socio-sanitario e degli Ospedali di comunità
per l’erogazione di cure intermedie e il rafforzamento dell’assistenza domiciliare), la seconda componente
intende rafforzare il SSN mediante l’ammodernamento tecnologico e digitale (es. fascicolo sanitario
elettronico) ed il potenziamento della ricerca in ambito sanitario e biomedico.
Sebbene si registrino lievi differenze in relazione alla loro struttura, da un primo esame si evince che il
contenuto della Missione 6 della versione definitiva del Piano coincide in larga parte con quello della bozza
precedente. Ciò che differisce sono gli stanziamenti previsti per la missione 6 che vedono un aumento di
circa un miliardo.
Per quanto riguarda l’impatto di genere di questa Missione, il rafforzamento dei servizi di prossimità
e il supporto all’assistenza domiciliare sono certamente investimenti utili per ridurre il peso dell’attività di
cura, che ricade prevalentemente sulle donne, come sottolineato nell’attuale versione del Piano (mentre tale
Valutazione mancava nella precedente). Inoltre, il loro potenziamento potrebbe portare ad un aumento
dell’occupazione nel settore dei servizi - in cui si registra un’alta presenza femminile.
Nel nuovo Piano, inoltre, si considera l’eventuale impatto di genere degli investimenti di cui alle
componenti 1 e 2 anzitutto attenzionando le differenze di genere prevedendo la futura predisposizione
di misure di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione personalizzate, anche in ragione al sesso e per tutte
le fasi della vita. A tal proposito, tra i servizi inclusi nelle Case di Comunità si prevede la presenza di «servizi
consultoriali con particolare riferimento alla tutela del bambino, della donne e dei nuclei familiari secondo
un approccio di medicina di genere».
Oltre a tali considerazioni, il cui impatto di genere potenzialmente positivo al momento è
difficilmente valutabile, sarebbe stata anche auspicabile la concreta previsione di misure di
potenziamento, ad esempio, della medicina di genere (anche nella seconda componente con riferimento
alla ricerca sanitaria e biomedica). La medicina di genere muovendo dalla consapevolezza dell’esistenza delle
differenze di genere studia la frequenza e la modalità con cui si contraggono le patologie nonché gli effetti
e le risposte di uomini e donne alle cure. Tutto ciò, anche al fine di inpiduare misure di prevenzione, di
diagnosi e di cura personalizzati per uomini e donne che rappresentano certamente la medicina del futuro.
7. Valutazione Impatto di Genere del Piano
A differenza del precedente Piano, nell’ultima versione del PNRR è stata inserita la Valutazione di
Impatto di Genere dalla quale emerge che, grazie alle misure previste nel PNRR, l’occupazione femminile
registrerà un incremento del +0.9% nel 2021, del +2.6% del 2022, del +3.4% nel 2023 e del +3.7% del
2024-2026. Dati più alti si registrano per l’occupazione femminile al Sud: +1.3% nel 2021, +3.8% nel 2022,
+5% nel 2023 e +5.5% nel 2024-2026.
La riduzione del geneder gap è obiettivo trasversale di tutto il Piano e la Valutazione ne evidenzia
l’impatto positivo su tutte le singole Missioni (v. tabella pag. 268). Inoltre, vi è uno specifico impegno
all’implementazione e prosieguo dell’utilizzo dello strumento della Valutazione di Impatto di Genere
anche nella fase di monitoraggio del Piano.
Se è certamente apprezzabile l’introduzione della VIG all’interno del PNRR - come peraltro richiesto
anche dal Giusto Mezzo - così come sono apprezzabili le stime positive che al momento sono state
presentate (e che prevedono aumenti dei tassi di occupazione nei prossimi anni) pur con stanziamenti
sostanzialmente invariati rispetto alla precedente versione del Piano, ci si domanda quali ulteriori e
migliorativi risultati si sarebbero potuti raggiungere con maggiori risorse: se con poco si possono
raggiungere picchi di occupazione del +3.7%, cosa sarebbe successo investendo davvero il 50% del
Recovery? Una rivoluzione, che al momento sembra essere stata rimandata.
CONCLUSIONI
Qualche luce e molte ombre.
Il Giusto Mezzo non può dirsi complessivamente soddisfatto delle misure e degli investimenti
contenuti nel Piano. Se, come anticipato, possiamo valutare positivamente l’introduzione della
Valutazione di Impatto di Genere, la previsione dei principi di gender procurement negli appalti –
entrambe proposte del Giusto Mezzo -, le clausole per condizionare l’ammontare complessivo degli
investimenti del Piano all’occupazione femminile e giovanile, alcune riforme e investimenti in imprese e
sanità, non possiamo estendere la medesima valutazione positiva per i fondi previsti per gli asili
nido – che al massimo riusciranno a garantire 1 posto su 3 - e le strutture per l’infanzia, così come quelli a
favore dell’imprenditoria femminile.
Inoltre, gran parte degli investimenti – che potenzialmente e talvolta indirettamente potrebbero avere un
impatto positivo – e delle riforme necessiteranno di tempi e procedure per entrare a regime e dunque allo
stato non ci è possibile fornire una valutazione compiuta.
Comprendiamo bene che c’è la necessità di risollevare un intero Paese, di conciliare e cercare di colmare
l’enorme pario che ci separa dall’equità, dal progresso e dalla sostenibilità, ma le donne rappresentano
il 51% della popolazione italiana e la pandemia non ha fatto altro che squarciare il velo dietro al quale si
celavano difficoltà e ostacoli che affastellano il nostro percorso di crescita ed emancipazione da decenni.
Tuttavia, è proprio la Valutazione di Impatto di Genere di ogni Missione e dell’intero Piano a mostrarci
palesemente che il nostro impegno è più necessario che mai, perché gli investimenti sulle donne (e
anche sulle famiglie) sono investimenti moltiplicatore, che hanno un potenziale incredibile e generano
un impatto economico molto rilevante.
Lo abbiamo sempre detto e continueremo a ribadirlo: se le donne restano un passo indietro, l’intero
paese arretra e il pario di genere è anzitutto una questione economica.
Allo stesso modo, Uno Non Basta registra insoddisfazione rispetto alle misure e investimenti nel
piano. In modo simile alle bozze precedenti, anche nella versione definitiva del PNRR abbiamo riscontrato
una certa reticenza nell’affrontare direttamente la questione dei giovani in Italia che, nonostante alcuni deboli
segnali di riconoscimento della delicatezza del tema, rimane relegata a una fin troppo comoda posizione di
trasversalità, certamente utile per evitare di approfondire ulteriormente la questione. Conseguentemente,
riteniamo che la quantità e la direzione data ai fondi allocati siano insufficienti e troppo poco effettive per
avere un impatto significativo sui giovani.
Uno Non Basta nasce per dare voce a quei giovani che dovrebbero essere protagonisti di un Piano che li veda
motori - e principali beneficiari - della “ripresa” che porta nel suo stesso nome, ma che, invece, riserva loro
solo indifferenza, nonostante siano tra coloro che stanno pagando maggiormente, in termini economici e
sociali, l’emergenza sanitaria.
Uno Non Basta, però, nasce anche da una profonda ferita sociale che il nostro Paese si trascina dietro da
decenni, il cui rimarginarsi è sistematicamente impedito da un’insensata e incomprensibile negligenza
nell’affrontare in maniera organica la questione delle giovani generazioni: eppure, in un Paese in cui solo il
27,6% dei giovani tra i 30 e i 34 anni ha completato gli studi universitari, ancora si sceglie di tagliare gli
investimenti sulle borse di studio; in un Paese in cui il 28,4% dei giovani tra i 25 e i 34 anni non studia né
lavora, ancora ci si gira dall’altra parte, stendendo su un gravissimo problema che influisce e influirà in maniera
prepotente sull’economia italiana un proverbiale velo pietoso.
Queste – in parte amare – considerazioni non influenzeranno negativamente il nostro impegno, anzi
saranno da stimolo per presidiare tutte le fasi di attuazione del Piano, per monitorare l’andamento degli
investimenti e per fare tutto quello che sarà possibile per continuare a far sentire forte e chiara la nostra
voce, la voce di donne e uomini che vogliono vivere e costruire un Paese in cui sono garantite le Pari
Opportunità ai nastri di partenza.